L’abbraccio tra Cina e Serbia preoccupa l’Occidente


Armata e finanziata da Russia e Cina, la Serbia è un avamposto anti-occidentale nel cuore di una delle regioni storicamente più calde, i Balcani. A seguito dell’invasione dell’Ucraina, Belgrado ha mantenuto la sua posizione pro-Russia e ha ricevuto, prima in Europa, armamenti made in China, per celebrare l’amicizia “di ferro” con Pechino. Fonte di preoccupazione per Washington, la Serbia è uno degli Stati chiave su cui la Cina punta per scalfire il fronte orientale della NATO.


Relazioni storiche

L’interesse della Cina nei Balcani ha origine nel 1949, quando l’Albania di Enver Hoxha fu il primo Paese a riconoscere la neonata Repubblica Popolare. Negli anni seguenti Pechino stabilì relazioni con quei regimi comunisti che volevano distanziarsi dall’Unione Sovietica, tra cui Belgrado. Nel 1977 Tito fece la sua prima visita a Pechino, iniziando una relazione che dura tuttora. Caratteristica di questo rapporto era la cosiddetta “travel diplomacy”, per l’abitudine dei leader dei due Paesi a incontrarsi fisicamente. Durante tutta la presidenza Milosevic (1989-2000) la Cina appoggiò Belgrado grazie alla sua posizione nel Consiglio di Sicurezza Onu, specialmente dopo il bombardamento Nato del 1999, che avvicinò ancora di più i due Paesi e rinforzò il loro sentimento anti-occidentale (durante i bombardamenti fu colpita anche l’ambasciata cinese, con 3 morti). Dopo la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo nel 2008, Pechino ha appoggiato l‘alleato, non riconoscendo l’autonomia della regione (ricambiata dal supporto serbo su Tibet, Taiwan e Hong Kong), anche per non incoraggiare i propri separatismi interni di Tibet e Xinjiang.

Proprio il Kosovo è uno dei fattori che oggi spinge la Serbia nelle braccia di Mosca e Pechino. Poiché l’Occidente riconosce l’indipendenza di Pristina, Belgrado si appoggia a russi e cinesi per sostenere la sua causa. Considerata una provincia ribelle, la Serbia vuole riappropriarsene, anche con l’uso della forza. Questo si scontra con la determinazione americana a fare del Kosovo uno dei pilastri dell’accerchiamento serbo e del contenimento russo. È qui che si trova la più grande base militare statunitense in Europa: Camp Bondsteel. Sebbene Pristina non sia parte della Nato, a causa di alcuni membri che non ne riconoscono l’autonomia (la Spagna, per esempio, non può farlo per paura del separatismo catalano), Washington non intende cedere su questo fronte, rendendolo uno dei possibili luoghi di conflitto tra Nato e Russia.

Uno Stato cliente

Negli ultimi anni la cooperazione economica e militare tra Cina e Serbia è aumentata, soprattutto a causa delle tensioni tra il Dragone e Washington. Il leader serbo Vucic ha accolto gli investimenti cinesi in infrastrutture, turismo e tecnologia, anche al fine di utilizzarli in campagna elettorale. Tra il 2005 e il 2019 la Cina ha investito 10,3 miliardi di dollari in Serbia, ovvero il 20% del totale degli investimenti diretti esteri di tutti Balcani occidentali[1]. Nel 2013 i due paesi hanno firmato una dichiarazione congiunta per approfondire la loro partnership strategica. Nel 2019 Belgrado ha aderito alla Belt and Road Initiative, diventando meta di finanziamenti cinesi nel campo infrastrutturale, energetico, siderurgico, minerario e tecnologico. La Nuova Via della Seta ha anche avvicinato la Serbia all’altro Paese esperto di equilibrismo tra Oriente e Occidente, l’Ungheria di Orban.
Durante la pandemia Pechino ha fornito a Belgrado un milione di dosi del vaccino Sinopharm, non ancora approvato da EMA (Agenzia Europea del Farmaco). Sebbene anche l’Unione Europea abbia donato milioni di euro alla Serbia per affrontare l’emergenza, la propaganda governativa ha fatto sì che i cittadini vedano nella Cina il Paese che li ha aiutati di più. La Serbia è un esempio di come la politica di investimenti cinese può influenzare l’opinione pubblica, in modo da renderla più favorevole verso Pechino. Soprattutto dopo l’aiuto sanitario durante la pandemia, la popolazione serba si è dimostrata nettamente più favorevole alla Cina che all’Unione, nonostante quest’ultima superi ampiamente Pechino in aiuto estero.[2] La cooperazione economica sino-serba è un esempio della consolidata pratica del Dragone di utilizzare investimenti diretti per infiltrare le economie di Paesi deboli, costretti a svendere i beni statali a basso prezzo, con conseguenze negative per la propria sovranità e i diritti dei cittadini. La preponderanza della Cina nell’economia serba ha praticamente trasformato Belgrado in uno “Stato cliente”, dipendente e quindi soggiogato alla volontà cinese.

Polveriera

Sono vari i motivi per cui Pechino è così interessata alla Serbia. Oltre a essere l’ennesimo mercato in cui poter esportare i propri prodotti, Belgrado ha una posizione strategica: al centro della penisola balcanica, con relazioni con Unione Europea, Turchia e Russia. È un crocevia di interessi di grandi potenze, ed è anche un paese abbastanza stabile, il che non è da dare per scontato data la regione. L’Europa guarda questo rapporto con diffidenza, perché il Dragone ha un modello di cooperazione molto diverso da quello dell’Unione, non badando a criteri democratici, Stato di diritto o diritti umani. Belgrado è candidata ad entrare nell’Unione, ma la cooperazione con Pechino la allontana sempre di più da Bruxelles, come ricordato da Washington, che ha scoraggiato l’acquisto di equipaggiamento militare russo e cinese, dato che dovrà essere rimpiazzato da quello occidentale se la Serbia vuole integrarsi a Ue e altre organizzazioni occidentali[3]. Nel 2020 Washington ha firmato con Belgrado un accordo secondo cui l’accesso al settore della rete 5G è precluso a fornitori “non affidabili”, ovvero Huawei.
La cooperazione militare sino-serba ha raggiunto un nuovo apice ad aprile. Due mesi dopo l’inizio dell’invasione russa Belgrado ha ricevuto una consegna semi-segreta di missili terra-aria HQ-22 (nella versione FK-3 da esportazione), trasportati da sei aerei Y-20 cinesi. È la prima volta che un numero così alto di velivoli militari cinesi arriva in Europa, peraltro sorvolando Turchia e Bulgaria, entrambi membri Nato. Presentati da Pechino nel 2016 e potenziati negli anni, gli FK-3 sono potenti missili anti-aereo, in grado di abbattere elicotteri, aerei, droni e missili da crociera dai 50 metri ai 27 km di altezza, 24 ore su 24 e con qualsiasi condizione metereologica.[4]
La consegna dei missili è stata vista come una dimostrazione cinese della capacità di proiettare la propria potenza militare, da sempre considerato un punto debole del Dragone. Pechino vuole mostrare i propri progressi nell’industria bellica e nel trasporto logistico di armi a grandi distanze. La Serbia diventa così il primo paese europeo a usufruire di missili prodotti in Cina. Gli HQ-22 sono stati spesso paragonati (da Xi Jinping stesso, tra l’altro) ai Patriot americani, di cui si è dotata Taiwan. Mentre Pechino ha smentito qualsiasi collegamento con la guerra in Ucraina, Vucic ha detto che “non permetteremo più di essere un sacco da boxe per nessuno”, riferendosi al bombardamento NATO del 1999.[5]
Nonostante Vucic abbia dichiarato che i missili non hanno fine offensivo, ma serviranno solo da “potente deterrente” contro potenziali aggressori, continua la preoccupazione nelle cancellerie occidentali. Anzitutto per la postura di Belgrado, apertamente a fianco della Russia sulla guerra in Ucraina: sebbene abbia votato a favore delle risoluzioni Onu che condannavano l’aggressione russa, la Serbia non ha imposto alcuna sanzione e ha continuato la forte collaborazione con l’Orso. Il riarmo serbo è considerato da Washington un rischio per la stabilità dei Balcani, un’area a forte rischio escalation, data la concentrazione di interessi e conflitti mal sopiti. Cina e Russia vedono in Belgrado un alleato contro l’Occidente, mentre la Serbia vuole usare il loro supporto per riprendersi il Kosovo. Le schermaglie di agosto per le targhe serbe non lasciano presagire tempi tranquilli in un’area storicamente calda.


Note

[1] Il dragone cinese e i Balcani: la Serbia, lospiegone.com
[2] Donatienne Ruy, Becoming a Chinese Client State: The Case of Serbia, csis.org
[3] DUSAN STOJANOVIC, China makes semi-secret delivery of missiles to Serbia, apnews.com
[4] La Cina invia missili alla Serbia: cosa sono gli FK-3, notizie.Virgilio.it
[5] Cenzio Di Zanni, La Serbia mette in mostra i nuovi missili cinesi, La Repubblica


Foto copertina: Il consigliere di Stato e ministro degli Esteri cinese Wang Yi (a destra) incontra il presidente serbo Aleksandar Vucic a New York il 21 settembre 2022. Foto: Ministero degli Affari Esteri cinese.