La visione Revisionista nelle Relazioni Internazionali e il caso della Repubblica Popolare Cinese


Lo scontro USA-Cina ha alimentato un vivace dibattito sulla teoria revisionista delle relazioni internazionali e sui metodi che sta applicando la Repubblica Popolare Cinese. Molti valutano la Cina una potenza revisionista con la bassa propensione a rischiare sullo scacchiere internazionali, altri una potenza emergente pronta ad attuare un cambio dell’ordine internazionale.


 

Introduzione

L’ascesa della Repubblica Popolare a seconda potenza economica ha messo in atto un ampio dibattito che Pechino stia tentando di attuare una revisione dello status quo internazionale. In questo dibattito accademico la Trappola di Tucidide, teorizzata da Robert Gilpin come teoria della guerra egemonica, ripresa da Graham Allison ha riaperto la discussione su che campo del revisionismo, delle Relazioni Internazionali, deve essere posizionata l’azione della Repubblica Popolare Cinese. [1]

Trappola di Tucidide e Teoria della Guerra Egemonica

Negli ultimi anni il dibattito sulla crescita economica cinese ha acceso le discussioni tra analisti e studiosi di relazioni internazionali, concentrando il dibattito accademico sulle posizioni egemoniche di Pechino e un suo ruolo come potenza emergente revisionista. Con la riscoperta della visione gilpiniana della Guerra egemonica e della riscoperta della visione del Realismo politico di Tucidide dello scontro inevitabile tra la potenza egemone e la potenza in ascesa[2]. In questo caso Graham Allison, politologo e Direttore dell’Harvard Kennedy School’s Belfer Center for Science and International Affairs, ha analizzato la visione Tucididea teorizzando che quando la Potenza emergente tenta di spodestare o rovesciare lo status quo la potenza egemone, garante del sistema internazionale, tenta con qualsiasi mezzo di contenere o bloccare l’ascesa della potenza rivale, portandosi in rotta di collisione e allo scontro politico-militare con quest’ultima[3]. Il Dibattito della Trappola di Tucidide è stato confrontato da Allison non soltanto guardando al confronto/ scontro tra Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese. Il direttore del Belfer Center ha analizzato 16 casi storici di scontro tra l’egemone e la potenza emergente: 12 casi su 16 ha portato allo scontro militare tra le due, mentre solamente in quattro casi le due potenze sono riuscite ad attuare una convivenza pacifica nel sistema internazionale[4]. La Trappola di Tucidide e la teoria della guerra egemonica mettono in risalto soprattutto due elementi delle relazioni internazionali, in cui operano la potenza egemone e quella emergente: la sfiducia reciproca e la paura[5]. Oggi USA e Cina tentano di mantenere un dialogo ma il solco della diffidenza tra USA e Cina resta ampio. Alcuni stanno cercando di comprendere se la Cina rientri nel campo della potenze revisioniste, che mirano a sovvertire l’attuale scacchiere internazionale.

Il Revisionismo nella teoria delle Relazioni Internazionali

Nella teoria realista delle relazioni internazionali la visione revisionista è sempre stata oscurata dalla tradizione di concentrare lo studio accademico sulle potenze garanti dello status quo.

Con la National Security Strategy dell’Amministrazione Trump gli esperti hanno ricominciato a studiare la parte revisionista delle Relazioni Internazionali. Ma il gap è legato soprattutto alla mancanza di uno studio regolare delle azioni da parte di quelle potenze definite Revisioniste. Il Realismo ha cercato di studiare le azioni delle potenze revisioniste e se queste tentino di attuare un mutamento profondo, analizzando le origini che portano alcuni stati ad attuare una politica internazionale revisionista[6]. Nello studio al revisionismo si è preso in analisi la parte che analizza i revisionisti rivoluzionari (Natalizia, Termine 2020), che hanno una vocazione indirizzata allo scontro diretto con le potenze conservatrici del sistema internazionale che innesca uno scontro militare con quest’ultima. Nella teoria revisionista oltre ai rivoluzionari c’è anche quella degli incrementali. Essi sono spinti dalla moderazione ed evitano di avviare una competizione su più fronti ma attuano una modifica selettiva e silenziosa dello scacchiere internazionale.[7]

La terminologia del revisionismo venne usata da Edward Carr per analizzare la politica estera della Germania nazista nel periodo tra le due guerre. Secondo quest’ultimo la tendenza revisionista può essere disinnescata se gli stati garanti dell’ordine riconoscono pacificamente le richieste delle potenze revisioniste. Se invece le potenze egemoni vedono questo riconoscimento come un costo troppo oneroso la competizione tra egemoni e revisionisti si intensifica rischiando di giungere ad una guerra egemonica.[8]

Tra i realisti, che analizzano i comportamenti del Revisionismo nelle Relazioni internazionali, sarà Hans Morgenthau tra i primi ad elaborare un modello chiaro, che tenterà di identificare i loro comportamenti. Esso è rappresentato dalla dimostrazione, il mantenimento e l’aumento di potere sullo scacchiere globale. Esso però, secondo Morgenthau, sarà necessario anche per analizzare gli stati egemoni e garanti dell’ordine internazionale.[9]
Per l’autore le politiche per dimostrare il potere sono applicate sia dalle potenze “garanti” e sia da quelle “imperialiste” [10]
Il Mantenimento, per Morgenthau, invece è applicato dalle potenze che vogliono garantire il sistema, attuando una distribuzione equa del potere.

Mentre sono le potenze imperialiste che mirano ad un ribaltamento dei rapporti di forza, ambendo ad un incremento del potere militare ed economico, con conseguenza acquisizione di risorse. Queste azioni sono parte delle loro politiche revisioniste, con il fine ultimo di rovesciare gli assetti politico-internazionali.

Il Revisionismo nelle Relazioni internazionali però ancora oggi resta una parte “nascosta” e raramente analizzata dagli esperti di Relazioni Internazionali. Per Morgenthau la scelta revisionista di alcuni stati, oltre al desiderio di rivalsa e le ambizioni, è da ricercare nelle radici antropologiche delle politiche imperialiste-revisioniste, che si concentra nel profondo dell’anima degli Stati Nazionali. [11]
La questione della visione revisionista con l’ascesa della Repubblica Popolare ha alimentato la discussione se considerare la Cina una potenza emergente con tendenze revisioniste incrementali o rivoluzionarie.

Incrementali e Rivoluzionari: Il revisionismo in azione

Nella lettura delle Relazioni Internazionali la teoria revisionista suddivide le azioni dei rivoluzionari e degli incrementali. Ciò mette in luce i due diversi tipi di azione che gli stati revisionisti mettono in atto nello scacchiere internazionale.

I Revisionisti della “fazione” rivoluzionaria puntano a smantellare il sistema internazionale con la forza politico-militare. Secondo Schweller il revisionismo distributivo porterebbe ad una intensificazione della escalation militare. Per evitare ciò molti stati adottano politiche revisioniste prudenti.[12]

Nella teoria realista delle relazioni internazionali vengono associati  ai revisionisti rivoluzionari politiche militari di potenziamento dello strumento bellico, visto da essi come lo strumento principale per avviare una revisione dello status quo internazionale. Si pensi all’aumento del budget militare avvenuto negli anni della Germania imperiale di Guglielmo II, che aveva come obiettivo quello di diminuire il gap con l’Impero Britannico.[13] Contrariamente ai rivoluzionari, gli incrementali si muovono con moderazione nelle politiche militari evitando di raggiungere i costi della potenza egemone. Gli Stati Uniti di fine 800 e primo 900 rappresentano un esempio lampante di una potenza con un forte potere industriale che limita il proprio aumento del bilancio militare americano. Come esempio recente di potenza revisionista incrementale è la Cina; Infatti tra il 2018 e il 2019 (SIPRI 2019) le spese della difesa costituivano il 28,8% di quello di Washington dello stesso periodo.

Nella sezione delle aggressioni armate i rivoluzionari tendono ad usare maggiormente l’uso dell’apparato militare per tentare di cambiare l’ordine internazionale; Il Giappone pre-1941 è uno degli esempi visti i diversi fronti armati che aprì dal 1931 in poi. Caso contrario per gli incrementali. Quest’ultimi applicheranno l’uso della forza in casi in cui resti sotto la linea rossa del conflitto aperto. Gli Incrementali preferiscono evitare il conflitto convenzionale a viso aperto ma riuscendo ad ottenere un consolidamento delle risorse. Nella visione revisionista le alleanze militari fanno parte di due parti diversi della teoria. [14]

Nei rivoluzionari la partecipazione ad una rete di alleanze politico-militare è necessaria per tentare di sovvertire lo status quo internazionale. L’Impero Giapponese, per ottenere una sfera d’influenza nel pacifico e sul continente asiatico si alleò con la Germania Nazista e l’Italia Fascista. Caso opposto per quanto riguarda i revisionisti incrementali.
Questi oscillano tra il revisionismo o accettare temporaneamente l’ordine egemonico esistente, evitando di creare una coalizione di stati revisionisti, ed evitando di ratificare accordi di cooperazione politico-militare. Pechino, negli ultimi anni, si è mossa su questo campo, evitando di creare alleanze militari, mantenendo un trattato, ancora poco compreso e ambiguo, di mutua assistenza (Trattato di amicizia del 1961) con la Corea del Nord, rinnovato nel 2001.[15] Nella visione del revisionismo si è tentato di comprendere quale fosse la categoria da mettere alla Repubblica Popolare Cinese. Per molti la Cina sarebbe da considerare nella “fazione” dei revisionisti incrementali, con una politica che punta alla bassa propensione al rischio.

Potenza Revisionista vs il Conservatore

Robert Gilpin ha scritto che il sistema internazionale è stabile quando avviene una equa distribuzione di potere tra gli attori del sistema e scoraggia altri a destabilizzarlo per gli alti costi che si verrebbero a generare. Kissinger definì che la legittimità del sistema internazionale e delle sue strutture dovrebbe essere riconosciuto da tutte le maggiori potenze, per garantire una stabilità del sistema egemonico[16]. Oggi Cina e Stati Uniti sono: una potenza emergente con deboli tendenze revisioniste e una egemone che vuole garantire la sopravvivenza dello Status quo. Nello stato attuale Pechino e Washington hanno una diversa visione delle politiche internazionali, ma Pechino, al momento, non è disposta ad applicare una revisione dello status quo, poiché è cosciente degli alti costi politici, militari ed economici che ne verrebbero[17].

Molti studiosi della teoria realista delle relazioni internazionali, di quello classico, dei neorealisti che di quello neoclassico hanno tentato di analizzare la figura degli stati conservatori che dei revisionisti. Carr(visione classica) ha teorizzato che esistono sia gli attori soddisfatti che gli insoddisfatti. Se i primi rappresentano la necessità lo status quo piche è rappresentato come un loro diritto acquisito, i secondi, per Carr, sono fortemente riluttanti ad aderire ai principi dell’ordine internazionale, mascherato dall’interesse di dominio globale da imporre sugli altri stati nazionali. Per Kissinger invece, che ha analizzato la teoria revisionista nel pieno della guerra fredda, si dividono in statiche, potenze dedite alla protezione dell’ordine internazionale, e in dinamiche, cioè quelle potenze che mirano al rovesciamento dell’ordine globale poiché si sentono minacciato da esso[18].

Per i neorealisti, in cui è Gilpin uno dei principali capofila della “transizione del potere”, le potenze conservatrici vengono teorizzate come l’egemone garante dello scacchiere internazionale, che ha creato e disegnato l’ordine egemonico a sua immagine, con la funzione di ottenere i maggiori vantaggi economici e politico-militari. Invece Gilpin vede i revisionisti come gli stati che non hanno aderito all’ordine e alle sue regole, in cui tentano di modificarlo se i benefici di un possibile cambio di egemone superano i costi.

Il campo di studio dei realisti neoclassici ha riaperto il dibattito dello scontro tra stati egemoni e revisionisti, dopo la fine della guerra fredda. Tra i maggiori studiosi del campo neoclassico, di recente, troviamo Michael Mastanduno. Mastanduno ha suddiviso i due campi tra garanti dello status quo e gli avversari[19].

I garanti sono suddivisi in: Stati-Cardine, garanti e protettori dello status quo e necessari per la sua sopravvivenza e gli Stati-non cardine, anch’essi sostenitori dell’ordine ma non indispensabili per la tenuta dello scacchiere globale; e gli avversari suddivisi in revisionisti-cardine, necessari per minacciare il crollo dell’ordine internazionale e i revisionisti-non cardine, attori insoddisfatti ma non indispensabili per minacciare un crollo del sistema egemonico.[20]

La questione del controllo delle rotte marittime è parte del dibattito teorico. Le potenze che riescono a garantirsi il controllo delle principali rotte commerciali si assicurano l’egemonia globale una proiezione politico-militare. Le potenze possono dividersi in World Powers e Global Powers.[21] La prima raccoglie quei player in grado di essere gli egemoni del sistema, mentre i secondi sono in grado di competere nel sistema ma senza rendersi veri è propri egemoni.[22] Oggi la Cina è una potenza globale, in grado di proiettare la propria influenza in altri teatri, ma senza avere una legittimità di garante e leader dell’ordine internazionale.

La Repubblica Popolare Cinese: una potenza revisionista riluttante?

Dall’ammissione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio(WTO) l’economia cinese ha avuto una crescita esponenziale, cambiando gli equilibri. Dopo il 2008, con la fine della crisi finanziaria, Pechino ha iniziato lentamente ad entrare nei meccanismi delle organizzazioni internazionali. Ma con l’ascesa di Xi Jinping ai vertici del potere di Pechino la Cina ha iniziato un percorso di consolidamento del suo estero vicino, con la volontà di espandere la propria proiezione geostrategica, nascondendo le proprie ambizioni, difatti limitando il suo raggio d’azione. Schweller mette gli stati revisionisti in due categorie: revisionismo debole se limita i suoi obiettivi e forte se mantiene la volontà di aumentare le azioni per cambiare lo status quo.[23] Inoltre un revisionista limitato attuerà una modifica moderata dell’ordine globale, cercando nel contempo di aumentare la sua influenza all’interno delle istituzioni internazionali. La Cina rientra in questo schema visto la sua partecipazione agli organismi globali, come ONU, FMI e OMS; nello stesso tempo ha avviato la creazione di proprie organizzazioni come la SCO, l’organizzazione di cooperazione di Shanghai e la AIIB, Asian Infrastructure Investment Bank, per aumentare la propria influenza diplomatica e geo-economica. Altro punto importante della potenza revisionista e la propensione a rischio. In breve è la volontà di voler rischiare nelle sue azioni sullo scacchiere globale.[24] La Cina del 21esimo secolo ha sempre mantenuto una politica internazionale moderata evitando, secondo quanto riferito da Andornino, di crearsi degli antagonisti sullo scacchiere globale. Per diversi analisti, in primis lo stesso Andornino, il modello che sta seguendo la Cina è quello di potenza revisionista emergente con bassa propensione a rischiare cambiando in alcuni settori dell’ordine internazionale liberale(in primis sulle questioni commerciali ed economiche). Nonostante stia applicando una promozione di una propria visione del mondo, senza l’ambizione di seminare i germogli per un nuovo ordine globale[25]. Secondo l’analisi di Barry Buzan la Cina sta applicando una politica internazionale revisionista riformista (revisionist reformist) in cui resiste alle strutture dell’attuale ordine ma ottenendo i benefit della stabilità dell’ordine internazionale usando un suo atteggiamento da free-rider[26]. Sempre secondo Andornino l’atteggiamento revisionista cinese propende verso il rischio minimo che viene spiegato analizzando tre fattori: 1) la volontà di Pechino nel rafforzare la propria crescita economica; 2) il consolidamento da parte di essa di una bassa propensione all’uso della forza armata ed infine l’ambizione di diventare la potenza regionale dell’Asia. [27]

L’ascesa Cinese ha messo molte domande a livello della teoria delle relazioni internazionali. Secondo alcuni la Cina sta attuando una strategia definita “counter-hegemony emergine institutional statecraft”, una strategia che mira a realizzare diversi organismi di governance globale paralleli a quelli dello status quotai a livello economico che politico-militare a livello regionale[28]. Alcuni esempi della strategia con “caratteristiche Cinesi”, come accennato in Precedenza sono la AIIB o la New Development Bank, istituto che ambisce a soppiantare il Fondo Monetario nelle trattative, a guida Cinese, con i paesi aderenti alle nuove vie della seta o alla BRICS. In ambito militare regionale la Cina sta applicando una strategia suddivisa in due. Da una parte sta costituendo delle aree A2/AD (anti-access/area denial) dove le batterie missilistiche, con il supporto di radar e altre tecnologie, tentino di impedire il movimento marittimo e aereo di eventuali antagonisti sullo scacchiere internazionale. Mentre a livello regionale si muove per la riforma o la creazione di nuove strutture di sicurezza regionale, come affermato nel 2014 da Xi Jinping con il New Asian Security Concept, in Asia, con il fine di sostituire Washington ad egemone dell’Indo-Pacifico. Strategia per il momento rimasta solamente a parole visto che Pechino ha preferito continuare con la linea degli accordi bilaterali.[29]
Di fatto la strategia di revisionismo cinese si può definire riluttante e tendente alla bassa propensione al rischio sullo scacchiere internazionale in ambito politico-militare, nonostante l’apertura della base militare cinese nel Gibuti, la prima fuori dal territorio cinese; mentre una strategia consolidata a livello geoeconomico e in ricerca e sviluppo nel campo delle nuove tecnologie.

Conclusione. USA vs Cina:nuova amministrazione ma stesso dilemma cinese(?)

I rapporti sino-statunitensi, con l’ascesa della Cina e la Presidenza di Donald Trump, hanno subito un deterioramento e il Covid-19 ha amplificato le diffidenze e la sfiducia tra le due grandi potenze del Pacifico. Al summit di Alaska tenutosi a metà marzo le diffidenze e le accuse reciproche si sono rilevate sui dossier come i diritti umani e gli attacchi cyber, ma i punti di cooperazione come il clima mantengono un canale di comunicazione. Ma le relazioni Pechino-Washington sembrano al punto più basso di sempre. La Trappola di Tucidide, teoria che annuncia uno scontro tra l’egemone del sistema internazionale e la potenza emergente per il dominio dello scacchiere globale, è uno spettro che aleggia sull’Indo-Pacifico e nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti. Lo stesso Xi Jinping ha sempre avvertito che è importante evitare uno tensione tra Pechino e Washington che si può realizzare solamente con la fiducia reciproca, ma oggi la Cina e USA sembrano lontanissimi in (quasi) tutti dossier.


Note

[1] Graham Allison Destinati alla Guerra, Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi Editore 2018
[2] Gilpin Robert The Theory of Hegemonic War Journal of Interdisciplinary History, Vol. 18, No. 4, The Origin and Prevention of Major Wars. (Spring, 1988), pp. 591-613.
[3] Graham Allison Destinati alla Guerra, Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi Editore 2018
[4] Graham Allison Destinati alla Guerra, Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi Editore 2018
[5] Caffarena Anna La Trappola di Tucidide e altre immagini. Perché la politica internazionale sembra non cambiare mai, Il Mulino 2018
[6] Lorenzo Termine, Gabriele Natalizia, Gli “insoddisfatti”. Le potenze revisioniste nella teoria realista delle Relazioni Internazionali, in “Quaderni di scienza politica” 2-3/2020, pp. 331-357,doi:10.48271/99538
[7] Idem
[8] Idem
[9] Idem
[10] Natalizia G. Renderli simili o inoffensivi. L’ordine liberale, gli Stati Uniti e il dilemma della democraziaCarocci, Roma, 2021
[11] Lorenzo Termine, Gabriele Natalizia, Gli “insoddisfatti”. Le potenze revisioniste nella teoria realista delle Relazioni Internazionali, in “Quaderni di scienza politica” 2-3/2020, pp. 331-357,doi:10.48271/99538
[12] Lorenzo Termine, Gabriele Natalizia, Gli “insoddisfatti”. Le potenze revisioniste nella teoria realista delle Relazioni Internazionali, in “Quaderni di scienza politica” 2-3/2020, pp. 331-357,doi:10.48271/99538
[13]Lorenzo Termine, Gabriele Natalizia, Gli “insoddisfatti”. Le potenze revisioniste nella teoria realista delle Relazioni Internazionali, in “Quaderni di scienza politica” 2-3/2020, pp. 331-357,doi:10.48271/99538
[14] Idem
[15] Idem
[16] Gilpin Robert Guerra e Mutamento nella Politica Internazionale Il Mulino 1981
[17] La Cina Come Potenza Emergente RevisionistaIl Modello Cinese Di Potenza Revisionista Debole, Con Obiettivi Limitati E Con Bassa Propensione Al Rischio Chiara Ricchetti
https://www.academia.edu/38309050/LA_CINA_COME_POTENZA_EMERGENTE_REVISIONISTA_pdf
[18] Natalizia G. Renderli simili o inoffensivi. L’ordine liberale, gli Stati Uniti e il dilemma della democraziaCarocci, Roma, 2021
[19] Idem
[20] Idem
[21] Clementi Marco- Primi fra pari. Egemonia, guerra e ordine internazionale, Bologna, Il Mulino, 2011.
[22] Idem
[23] La Cina Come Potenza Emergente Revisionista Il Modello Cinese Di Potenza Revisionista Debole, Con Obiettivi Limitati E Con Bassa Propensione Al RischioChiara Ricchetti
https://www.academia.edu/38309050/LA_CINA_COME_POTENZA_EMERGENTE_REVISIONISTA_pdf
[24] La Cina Come Potenza Emergente Revisionista Il Modello Cinese Di Potenza Revisionista Debole, Con Obiettivi Limitati E Con Bassa Propensione Al Rischio Chiara Ricchettihttps://www.academia.edu/38309050/LA_CINA_COME_POTENZA_EMERGENTE_REVISIONISTA_pdf
[25] La Cina Come Potenza Emergente Revisionista Il Modello Cinese Di Potenza Revisionista Debole, Con Obiettivi Limitati E Con Bassa Propensione Al Rischio Chiara Ricchettihttps://www.academia.edu/38309050/LA_CINA_COME_POTENZA_EMERGENTE_REVISIONISTA_pdf
[26]TERMINE, L., La Cina nell’ordine unipolare Obiettivi e strategie di una potenza revisionista, Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, 3/2018
[27] La Cina Come Potenza Emergente Revisionista Il Modello Cinese Di Potenza Revisionista Debole, Con Obiettivi Limitati E Con Bassa Propensione Al Rischio Chiara Ricchetti
https://www.academia.edu/38309050/LA_CINA_COME_POTENZA_EMERGENTE_REVISIONISTA_pdf
[28] Idem
[29] TERMINE, L., La Cina nell’ordine unipolare Obiettivi e strategie di una potenza revisionista, Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, 3/2018

 


Foto copertina: Soldati cinesi con bandiere durante la parata militare / Pechino, Cina, 3 settembre 2015. Crediti: foto AP di Ng Han Guan. Impakter

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