Serbia-Kosovo, una vittoria per l’Europa?


Mentre Palestina e Ucraina dominano le attenzioni dei media, la relazione tra Serbia e Kosovo necessita di considerazione. Almeno su questo fronte, l’Europa può avere un ruolo più importante che in altri contesti, per evitare lo scoppio dell’ennesima guerra nel nostro vicinato.


A cura di Simone Orbitello

Un anno di tensioni

Il 16 novembre il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che dietro l’attacco di Hamas vi sono Iran e Russia, e che quest’ultima ha intenzione di causare un altro conflitto nei Balcani, come parte di un grande piano per distrarre l’attenzione dall’Ucraina[1]. Al di là della veridicità delle affermazioni di Zelensky, è indubbio che “una grande esplosione è in preparazione al centro dell’Europa”, come affermato dal ministro degli esteri russo Lavrov a maggio.
Nell’ultimo anno il rapporto tra Serbia e Kosovo si è deteriorato notevolmente.
A gennaio di quest’anno avevo scritto[2] di come la tensione fosse aumentata a tal punto da spingere il governo di Belgrado a schierare l’esercito al confine, con status di massima allerta. Dopo la crisi delle targhe automobilistiche di agosto 2022, i serbi del Kosovo avevano eretto barricate in risposta all’arresto di un ex-poliziotto. Con la stessa velocità con cui era iniziata, la crisi si era risolta, e aveva lasciato spazio a dei negoziati per un accordo sulla normalizzazione delle relazioni. Nell’ultimo anno l’augurata normalizzazione delle relazioni non è ancora avvenuta, sebbene siano stati fatti dei passi avanti. Non sono però mancate le tensioni. A fine settembre la Serbia ha dispiegato carri armati, fanteria meccanizzata e artiglieria al confine con il Kosovo, dopo l’ennesimo scontro tra serbi e polizia kosovara[3]. In risposta alla mobilitazione serba, la Nato aveva aumentato la sua presenza militare nella Kfor (Nato’s Kosovo Force). La Nato è presente con più di 4.000 militari in Kosovo. Camp Bondsteel è la base americana più grande in Europa.
Il Kosovo è un Paese a maggioranza albanese, con una minoranza di 100.000 serbi, metà dei quali abita nel nord del Kosovo, a confine con la Serbia. Belgrado recrimina a Pristina di non rispettare la promessa fatta nel 2013 di garantire ai cittadini serbi un certo grado di autonomia, tramite la costituzione di una Associazione di municipalità serbe, un’entità politico-amministrativa che riunirebbe i comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo.
L’Ue preme Pristina per rispettare la promessa, ma il premier kosovaro Albin Kurti teme la creazione di uno stato nello stato, controllato dalla Serbia, come fu per la repubblica serba in Bosnia-Erzegovina, che potrebbe condurre a una secessione.

Solidarietà slava

I legami tra Russia e Serbia sono antichi. Mosca ha sempre rivendicato di essere la protettrice dei popoli slavi, come scusa per intervenire nei Balcani. Nel 1914 Mosca fu disposta a muovere guerra ad Austria e Germania pur di difendere la Serbia e i suoi interessi nell’area. Oggi, l’Orso utilizza il suo legame slavo principalmente per creare instabilità nel ventre molle del fronte euro-atlantico, distogliendo le attenzioni ed energie europee e americane. Se le parole di Zelensky sono impossibili da verificare, è indubbio che la guerra in Palestina e un possibile conflitto nei Balcani aiuterebbero Mosca, che punta a congelare il conflitto in Ucraina.

Dall’altro lato, il presidente serbo Vucic è felice di ricevere da Mosca armi, gas, petrolio e supporto diplomatico. Inoltre, grazie ai legami con la Russia e alla instabilità nei Balcani, Belgrado può ergersi a decisore del destino della regione, e può utilizzare tutto questo come leva negoziale con Europa e Usa. Belgrado ha probabilmente poca intenzione di entrare nell’Ue, e se lo facesse avrebbe un ruolo simile a quello dell’Ungheria, ma può comunque estrarre benefici economici da Bruxelles.

Bruxelles e Washington cercano di inserirsi tra Mosca e Belgrado, cercando di convincere quest’ultimo a una soluzione pacifica con il Kosovo, usando aiuti economici come ricompensa. È però improbabile che Belgrado si stacchi completamente dal suo storico protettore, o che rinunci completamente alle sue pretese sul Kosovo. Nel 2018 il presidente serbo Vucic aveva dichiarato che “tutti i Serbi sanno che hanno perso il Kosovo, ma cercherò di fare tutto il possibile per recuperare quello che posso, così che alla fine non sia una sconfitta totale”[4].

Diplomazia europea

Evitare un conflitto nei Balcani è di estrema importanza, soprattutto per noi europei. Per farlo serve un misto di deterrenza e diplomazia. Da un lato, la Nato deve rendere chiaro a Belgrado che un’azione militare provocherebbe una risposta proporzionale, e che non può sperare di ottenere ciò che vuole con la forza. Dall’altro lato, serve un’alternativa valida da proporre, che possa soddisfare le richieste di Serbia e Kosovo.
Lunedì 27 febbraio Vucic e Kurti si sono incontrati a Bruxelles per discutere il piano dell’Unione Europea per la normalizzazione tra Kosovo e Serbia, proposto dopo le tensioni di dicembre 2022, sulla base di una proposta franco-tedesca. Molto simile al testo dell’accordo tra la Germania occidentale e la DDR del 1972, il piano non prevede che Kosovo e Serbia si riconoscano ufficialmente, ma impegnerebbe Belgrado a smettere di ostacolare l’ingresso di Pristina nelle organizzazioni internazionali. I due paesi avvierebbero “relazioni di buon vicinato sulla base di uguali diritti”: riconoscerebbero documenti, emblemi nazionali, passaporti e targhe automobilistiche emessi dall’altra parte; si scambierebbero “missioni permanenti”; e rifiuterebbero l’uso della forza per la risoluzione delle controversie in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. Disposizioni, quindi, che prevedono un riconoscimento de facto, anche se la terminologia impiegata evita questa espressione. Questo accordo andrebbe a integrare quelli di Bruxelles del 2013, quando iniziò ufficialmente il processo di normalizzazione tra i due paesi, prima che diverse crisi congelassero ciclicamente il dialogo.[5]
Nelle scorse settimane i leader europei di Francia, Germania e Italia hanno dichiarato la necessità che Belgrado riconosca l’Indipendenza de facto del Kosovo, e che entrambe le parti rispettino gli accordi precedenti[6].
Durante la recente visita in Serbia, la presidente della commissione Von Der Leyen ha dichiarato che “è cruciale che entrambe le parti portino avanti la normalizzazione delle relazioni”. Bruxelles chiede che Pristina implementi il piano di autonomia delle Municipalità nel nord del Kosovo e che Belgrado lo accetti.[7] “È una pre-condizione necessaria per la rispettiva strada europea”, ma soprattutto è anche “l’unico modo per accedere al nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali”. In altre parole, senza progressi nei rapporti con il Kosovo rimarranno in stallo i finanziamenti previsti per la Serbia all’interno del pacchetto complessivo da 6 miliardi di euro.[8] Vucic ha risposto dicendo che “il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo non è un’opzione”[9]. Per anni, il presidente serbo ha goduto di ottimi rapporti commerciali con l’UE, da cui proviene oltre il 60% degli investimenti stranieri. I negoziati per la normalizzazione proseguono, e la strada di un riconoscimento de facto di Pristina sembra quella più promettente. Nonostante ciò, rimane la possibilità che Belgrado utilizzi i serbi in Kosovo per provocare instabilità.
Un conflitto nei Balcani sarebbe esiziale sia per l’Europa che per gli Stati Uniti.

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Per Washington sarebbe un’altra crisi da gestire, mentre è costretta a un ennesimo overstretch, impegnata a supportare lo sforzo bellico ucraino e israeliano, nonostante la sua volontà di concentrarsi su Pechino. Per l’Europa sarebbe un altro conflitto sulla soglia di casa, anzi dentro casa, con conseguenze negative per la stabilità economica e sociale dell’Unione. Dunque, la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, che passa dalla questione della striscia di terra nel nord del Kosovo a maggioranza serba, è estremamente importante, perché consentirebbe all’Europa di limitare l’influenza russa nei Balcani e prevenire una possibile guerra. Sarebbe un raro successo geopolitico europeo.


Note

[1] Ukraine has Evidence of Russia’s Intentions to start a War between the Balkan Countries, sarajevotimes.com
[2] Serbia-Kosovo, dalle barricate all’auspicata normalizzazione, Simone Orbitello, opiniojuris.it.
[3] NATO bolsters forces in Kosovo as US urges Serbia to withdraw from border, Mathieu Pollet, politico.eu.
[4] Russia’s Second Front in Europe, David Shedd and Ivana Stradner, foreignaffairs.com
[5] Serbia e Kosovo: svolta in vista?, ispionline.it
[6] European leaders urge Serbia to ‘de facto’ recognise Kosovo, reuters.com
[7] EU top executive tells Belgrade and Pristina to speed up normalisation of ties, reuters.com
[8] Il braccio di ferro di von der Leyen con la Serbia: “Serve il riconoscimento di documenti e istituzioni del Kosovo”, eunews.it
[9] Ibidem


Foto copertina: Serbia-Kosovo, una vittoria per l’Europa?