Antigone dei tempi moderni: l’obiezione di coscienza


Nuovi sviluppi di un evidente scambio generazionale.


Di Barbara Minicozzi e Flavia Falduto[1]

“Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro.”[2]

L’espressione “obiezione di coscienza” viene utilizzata per definire la possibilità di non obbedire a un dovere previsto dall’ordinamento giuridico poiché contrario alle convinzioni e ai principi intrinsechi nella coscienza individuale. La legittimazione di tale rifiuto trova riscontro in motivazioni etiche, morali o religiose per cui un cittadino ha la facoltà di contrapporsi ai doveri imposti dalle norme dello Stato qualora questi entrino in contrasto con gli imperativi dettati dalla propria coscienza. La storia dell’obiezione di coscienza ha radici molto antiche, sin dalla resistenza durante il periodo dell’Unità d’Italia.
Un percorso lungo e complesso che va dal 1972 con l’approvazione della legge 772  “Norme in materia di obiezione di coscienza” (sancisce il diritto all’obiezione per motivi morali, religiosi e filosofici ed istituisce il servizio civile, sostitutivo del servizio militare e quindi obbligatorio) sino all’approvazione della legge 64/01 che istituisce il Servizio Civile Nazionale. L’obiezione di coscienza è contemplata dalla Costituzione come diritto fondamentale fondato sull’art. 2. In tal modo, viene garantita la libertà di autodeterminazione del singolo che non corrisponde alla mera disobbedienza a una legge. Occorre però precisare come tale scelta di ottemperamento al dovere statale debba essere condotta nei limiti stabiliti dalla legge, in particolare dal principio di legalità, al fine di scongiurare il rischio di un suo potenziale abuso da parte dell’obiettore.

Obiezione di coscienza : libertà = giustizia: moralità.

Un’equivalenza che potrebbe essere spiegata con le parole di Rawls : «non si fa appello ai principi della moralità personale o alle dottrine religiose […], si fa invece appello alla concezione della giustizia pubblicamente condivisa, che sottostà all’ordinamento politico. Si presuppone che in un regime democratico ragionevolmente giusto esista una concezione pubblica della giustizia in riferimento alla quale i cittadini regolano i propri affari politici e interpretano la Costituzione».[3]
Nel diritto europeo e internazionale, il diritto all’obiezione di coscienza è garantito implicitamente come una componente della libertà di coscienza e di religione nella sua dimensione negativa.
La protezione accordata dall’atto finale della Conferenza di Helsinki (1975) è esplicita nella parte che garantisce il diritto di agire «secondo l’imperativo della propria coscienza»[4].
La coscienza diviene oggetto di diritti nella misura in cui impone alla persona dei doveri. Storicamente, il regime dell’obiezione di coscienza è stato innanzitutto conosciuto come un «dovere» prima di essere conosciuto come un «diritto».
Tenendo conto del principio kantiano per cui la libertà di ciascuno di noi coesiste con l’arbitrio degli altri e mettendo in luce il compito di difesa della libertà che il diritto stesso è chiamato a svolgere, in che modo si possono considerare le prerogative dei singoli senza che queste si oppongano di volta in volta al rispetto delle normative giuridiche? Quali sono i limiti che si riscontrano nell’esercizio di tale diritto, in particolare per quanto concerne il dovere di difesa della patria?


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Intervista al Professore Nicola Sguera

Docente di filosofia presso il Liceo Classico Pietro Giannone di Benevento e noto intellettuale beneventano, Il professore Nicola Sguera offre ai microfoni di Opinio Juris un importante spunto di approfondimento sulla natura, la struttura, la funzione, le garanzie e i limiti del diritto all’obiezione di coscienza.

Ci sono fattispecie diverse che noi raggruppiamo un unico concetto e questo spesso può indurre in equivoco. L’archetipo del l’obiezione di coscienza lo troviamo a mio avviso nella biografia di Socrate perché Socrate in due momenti ha dimostrato ciò: quando viene convocato dai 30 tiranni che chiedono a lui come ad altri ateniesi durante la dittatura filo spartana, di compiere un delitto. Socrate si rifiuta mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Noi abbiamo qui una prima traccia importante cioè di che cosa sia effettivamente l’obiezione di coscienza quando viene esercitata in maniera esemplare, come qualcosa di rischioso. L’obiettore di coscienza è una persona che è disposta a pagare a caro prezzo il suo diritto di esercitare un’opinione divergente rispetto a quella della comunità. Il secondo momento è quello in cui Socrate rifiuta sostanzialmente di barattare la sua condanna con una fuga organizzata dai suoi discepoli e rifiuta un compromesso con il tribunale che lo aveva giudicato colpevole di due infamanti accuse assolutamente infondate. Secondo gli storici accetta proprio per assoluto rispetto del nomos della legge su cui il suo punto di vista si fonda.

Una visione contemporanea dell’Antigone di Sofocle e il problema della legittimità odierna del diritto positivo: la linea sottile tra obiezione e disobbedienza

L’Antigone dimostra l’assoluta vitalità della cultura classica e moderna. (…)
Antigone è di straordinaria attualità perché il mondo contemporaneo con tutte le problematiche che esso pone, deve continuamente attingere a quella fonte perché oggi esistono dei diritti che, penso alla grande questione delle migrazioni, soltanto attingendo ad una legge superiore a quella degli Stati possono avere una risposta in qualche modo all’altezza dei problemi del nostro tempo.  Un classico da evocare che ha un peso enorme sulla cultura contemporanea è David Henry Thoreau che ha coniato il termine di sorveglianza civile. Thoreau dice che esiste un momento in cui il cittadino deve in qualche modo, attraverso gli strumenti che ha disposizione, mettere in discussione le leggi del suo Stato, quando le reputa inique. Altrimenti diventa complice! La disobbedienza civile ha un livello di politicità decisamente superiore è come dire volutamente ostentato ma sempre ricordiamolo a patto di pagare il prezzo. “Due cose hanno riempito sempre il mio cuore di meraviglia: il cielo stellato sopra di me e la coscienza morale dentro di me”. Kant ha sempre affermato la superiorità della morale sul diritto. Nella coscienza c’è la possibilità di trovare l’antidoto e reagire a leggi sbagliate. Hitler è salito al potere in virtù di una libera elezione e ha ricevuto il mandato da Hindenburg come cancelliere in maniera assolutamente democratica. Ebbene quella era un caso in cui le leggi dello Stato, le orrende leggi di Norimberga, sono state leggi in cui questo giudice di ultima istanza cioè la coscienza ha consentito a pochissimi individui di opporsi.”

Patria e spoliticizzazione

L’obiezione di coscienza è divenuta il corollario del sacro dovere di difendere la propria Patria. Il professore Nicola Sguera commenta così questo legame.

“Cosa significa tutelare il diritto individuale ma ricordare anche che siamo figli di una lotta di popolo, la lotta partigiana in cu si è riusciti ad andare al di là della dimensione individuale? Il cuore profondo della Costituzione Italiana che, purtroppo, stiamo smarrendo in un’epoca di atomismo sociale e di polverizzazione. Va ritrovato l’equilibrio alchemico.

In un mondo Iper-globalizzato, in una società fortemente liquida, lo scambio generazionale ha condotto ad una visione totalmente diversa dell’obiezione di coscienza tra i giovani odierni e i padri, i nonni negli anni passati.

“Vi è un mutamento antropologico dei giovani. Il problema non è solo perché i giovani di oggi sono distanti o disinteressati, ma sono piuttosto totalmente spoliticizzati. Oggi i giovani sono stati spoliticizzati dall’alto e sono stati indotti a rifugiarsi in una dimensione esclusivamente privata, a curare il loro particolare. Come si ripoliticizza la società in cui si è guidati da tecnici e lo spazio per la politica non c’è perché guidati dalla ratio economica? Dov’è lo spazio della politica, quello che per Schmitt è lo spazio del conflitto?  La responsabilità è di noi, padri che abbiamo trasmesso un’idea asettica della politica. Al contrario questa dovrebbe essere carne e sangue, passione, scontro dialettico.”


Note

[1] Flavia Falduto, 25 anni, calabrese. Studentessa di relazioni internazionali. Attualmente frequenta un master di secondo livello in comunicazione e marketing istituzionale. Sta svolgendo un tirocinio presso l’emittente televisiva calabrese Telemia. Si occupa di stesura di articoli, attività redazionale, conduzione di interviste e presentazione di argomenti per il programma 60 News. Le sue aree di riferimento sono politica e attualità
[2] Sir. Charlie Chaplin
[3] J. Rawls, Una teoria della Giustizia, 1971.
[4] Available on https://l-jus.it/lobiezione-di-coscienza-nella-legislazione-e-nella-giurisprudenza-europee/


Foto copertina: Il Corriere d’Informazione parla del processo di Giuseppe Gozzini.Il 13 novembre del 1962 Giuseppe Gozzini (nato a Cinisello Balsamo nel 1936) rifiutò di indossare la divisa militare in coerenza con la sua fede cattolica. Fu il primo obiettore di coscienza cattolico, scelta che a quei tempi equivaleva a reato militare. Venne condannato a sei mesi di carcere senza la condizionale.