Cosa sta accadendo in Colombia?


Lo scorso 28 aprile, in seguito all’annuncio di una riforma tributaria da parte del Presidente colombiano Iván Duque, migliaia di colombiani si sono riversati in massa nelle strade delle principali città del Paese. Il governo ha risposto con una durezza estrema: almeno 24 i morti. Ottantanove le persone di cui si sono perse le tracce e oltre 800 feriti. Una brutalità condannata dall’Onu, dalla Ue e dalle Ong.


 

L’indignazione che ha portato la popolazione a scendere in piazza nel mezzo di una pandemia, che in Colombia miete 500 vittime al giorno, ha prevalso sulla paura del contagio da coronavirus.         
Il Paese sta attraversando una profonda crisi sanitaria che ha visto il collasso degli ospedali, unità di terapia intensiva sature al 90% e la mancanza di ossigeno nelle strutture, nonché le difficoltà economiche che sono emerse dopo periodi di chiusure e restrizioni, le quali hanno determinato una caduta del 6.8% del PIL e l’aumento del tasso di disoccupazione al 14%[1]. In un contesto di disagio per le classi meno abbienti del Paese, la riforma fiscale proposta da Duque è stato il detonatore che ha fatto esplodere una vera e propria bomba sociale.

La riforma tributaria

La riforma proposta prevedeva un aumento della pressione fiscale con l’obiettivo di generare un gettito di circa 6000 milioni di dollari per risanare le finanze pubbliche, nel tentativo di evitare una cattiva qualificazione dei titoli di debito da parte delle agenzie di rating internazionali, e per avere i fondi necessari a garantire continuità ai programmi assistenziali. Se le finalità della riforma risultano chiare a tutti, è da dove il governo vuole raccogliere denaro che ha scatenato l’ira della popolazione. Difatti, la riforma comprendeva un aumento dell’IVA e l’estensione dell’imposta a beni e servizi essenziali, quali dispositivi elettronici (computer, tablet e cellulari), fornitura di internet, acqua ed elettricità e servizi funebri. Secondo i critici della proposta di legge, il peso dell’aumento della pressione fiscale ricadrebbe principalmente sulle classi più fragili e maggiormente colpite dalla crisi, mentre il settore finanziario che, nonostante la pandemia, ha generato rendite elevate nel corso del 2020, non vedrebbe aumentare la pressione fiscale[2].

Le proteste e la risposta violenta delle autorità

Sebbene la maggioranza delle manifestazioni sia stata pacifica, non sono mancati episodi violenti nel corso delle proteste, talvolta degenerate in atti di vandalismo; alcuni manifestanti hanno incendiato banche e fermate del trasporto pubblico e saccheggiato locali commerciali. I fenomeni più violenti si sono registrati nella città di Cali, a sud-ovest del Paese. Ancor più preoccupante, tuttavia, è stata la risposta delle autorità, in particolare da parte dell’ESMAD, il nucleo antisommossa delle forze dell’ordine colombiane, che ha attirato l’attenzione internazionale per la reazione violenta dimostrata nel corso di alcune manifestazioni.

I fenomeni di repressione più gravi da parte dell’ESMAD si sono verificati a Cali, dove due giovani manifestanti sono stati vittime dei proiettili della polizia sotto lo sguardo attonito di decine di persone[3]. Sia l’Onu che alcune Ong a tutela dei diritti umani, come la Human Rights Watch hanno denunciato la reazione brutale della polizia durante le proteste.[4]

Il governo, da parte sua, ha definito gli atti vandalici dei manifestanti come “terrorismo urbano di bassa intensità” e l’ex-presidente Alvaro Uribe, simbolo della destra colombiana, ha twittato a favore dell’uso di armi da parte delle forze dell’ordine coinvolte negli scontri[5]. Ad oggi il bilancio è di una ventina di vittime, 80 persone scomparse e circa 800 feriti, tra civili e forze dell’ordine.

Il ritiro della riforma non ferma le proteste

Il 2 maggio, in seguito al perdurare delle manifestazioni, il Presidente Ivan Duque ha ritirato la proposta di riforma tributaria e il Ministro Carrasquilla, che l’aveva elaborata, si è dimesso. Tuttavia, ciò non è bastato a sedare le proteste e calmare l’indignazione della popolazione, che ha continuato a manifestare contro la cattiva gestione dell’emergenza da parte del governo. Quanto sta accadendo dimostra una frattura più profonda e un malcontento popolare radicato che era già emerso durante le proteste di novembre 2019 e che si è aggravato con la crisi pandemica.
Da tempo, il popolo colombiano richiede il cambiamento del modello economico del Paese, denunciando i costanti favoritismi della classe dirigente nei confronti della classe imprenditoriale, e una riforma della polizia, nata nel contesto del conflitto armato che ha caratterizzato il Paese per decenni[6].

Le proteste degli scorsi giorni sono l’ennesima dimostrazione della necessità di cambiamento avvertita dalla popolazione colombiana, del bisogno di lasciarsi alle spalle la Colombia ferita dalla guerra interna e di instaurare un modello politico nuovo, libero dai traumi del conflitto.


Note

[1] Secondo i dati del DANE (Departamento Administrativo Nacional de Estadistica) aggiornati a marzo 2021.
[2] Si veda l’articolo dell’economista Salomon Kalmanovitz “Otra mala reforma tributaria” su elespectador.com
[3] S. Torrado, Las voces de la peor noche de represión de las protestas en Colombia: “Esto es una cacería”, El Pais, 4 Maggio 2021
[4] C. Desideri, In Colombia la violenza della polizia è fuori controllo, Internazionale, 5 Maggio 2021.
[5] J.D. Quesada, La violencia policial se descontrola en Colombia, El Pais, 4 Maggio 2021
[6] D. Pardo, Colombia: 3 cosas que se piden en las protestas más allá del logrado retiro de la reforma tributaria (y la renuncia del ministro Carrasquilla), BBC News Mundo, 2 Maggio 2021


Foto copertina: Nella foto, un manifestante affronta la polizia durante una protesta antigovernativa a Bogotá, in Colombia, il 5 maggio 2021. (Foto AP / Fernando Vergara)