Le potenziali implicazioni della crisi climatica sulla sicurezza energetica ed infrastrutturale degli Stati membri hanno spinto i leader dell’Alleanza Atlantica ad elaborare un quadro di difesa verde volto a rafforzare la resilienza e la sostenibilità delle operazioni militari. Attraverso l’impiego di nuove tecnologie ecologicamente rispettose e l’inclusione di considerazioni ambientali all’interno della pianificazione strategica, la nuova Green Defense Framework della NATO potrebbe giovare tanto all’operatività e alla programmaticità delle forze armate, quanto al rispetto della natura.
La crisi climatica sfida la sicurezza internazionale
Negli ultimi decenni, i cambiamenti climatici in rapida evoluzione e l’aumento degli eventi meteorologici estremi hanno indotto l’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord (NATO) ad accelerare i propri sforzi per lo sviluppo di iniziative volte ad includere nella propria pianificazione strategica la sempre più tangibile correlazione tra sicurezza internazionale e protezione ambientale. A tal proposito, alla fine degli anni Ottanta il rapporto finale della Commissione Bruntland “Our Common Future” in seno alla World Commission on Environment and Development[1] ha – in maniera pionieristica – esortato ad estendere il concetto tradizionale di sicurezza, in modo tale da includere le implicazioni a livello politico, economico e sociale delle crisi ambientali; allo stesso modo, a partire dai primi anni Novanta la nuova disciplina dell’ Environmental Security si occupa di considerare le componenti ambientali fra i possibili moventi di guerre e conflitti.[2]
In tale contesto, già a partire dalla fine degli anni Sessanta la NATO ha riconosciuto le possibili sfide alla sicurezza internazionale provocate da fenomeni naturali estremi come l’innalzamento del livello dei mari, l’esaurimento delle risorse naturali, il degrado del suolo e l’inquinamento massivo, fenomeni che, in ultima analisi, potrebbero potenzialmente condurre a disastri umanitari, tensioni regionali e violenze.[3] Di fatto, l’istituzione del Committee on the Challenges of Modern Society (CCMS), confluito nel 2006 nel più recente programma Science for Peace and Security (SPS),[4] si pose l’obiettivo di condurre studi e ricerche per lo sviluppo di iniziative volte a contrastare i rischi derivanti dalle sfide emergenti in materia di sicurezza, incluse le questioni di sicurezza ambientale come la gestione delle risorse idriche, la prevenzione delle catastrofi naturali e la sicurezza energetica. Attualmente, la necessità di contrastare possibili minacce alle attività militari derivanti da questioni ambientali ha portato i Paesi dell’Alleanza a considerare la possibilità di soluzioni militari più sensibili alle sfide ecologiche, promuovendo tuttavia la cooperazione e la standardizzazione tra gli Stati membri e i partner, nonché tra i diversi organismi NATO e organizzazioni internazionali che partecipano regolarmente in qualità di osservatori. In particolare, l’ Environmental Protection Working Group (EPWG) mira a ridurre i possibili impatti negativi delle attività militari sull’ambiente attraverso documenti di standardizzazione, linee guida e l’identificazione di buone pratiche nella pianificazione di operazioni ed esercitazioni. In maniera analoga, lo Specialist Team on Energy Efficiency and Environmental Protection (STEEEP) si adopera per l’integrazione delle normative sulla protezione ambientale e l’efficienza energetica all’interno dei requisiti tecnici degli armamenti e degli equipaggiamenti delle forze navali degli Stati alleati e dei partners.[5]
La Green Defense Framework
Un passo importante verso la definizione di una politica di difesa più attenta alla questione ambientale fu compiuto nel 2014, quando, in occasione del vertice NATO in Galles, i Paesi dell’Alleanza discussero il Green Defense Framework (quadro di difesa verde), pubblicato nel febbraio dello stesso anno, al fine di rendere la NATO più efficace dal punto di vista operativo tramite la riduzione dell’impiego delle risorse energetiche e il rispetto del principio della sostenibilità.[6] La Green Defense Framework coinvolge numerosi attori e domini diversi, tra cui logistica, ingegneria, sicurezza energetica e pianificazione della difesa; allo stesso modo, alla luce della possibilità di impiegare tecnologie innovative volte a ridurre il significativo impatto ambientale di operazioni ed esercitazioni militari, la nuova strategia della NATO suggerisce la facilitazione di uno stretto coordinamento della ricerca e della condivisione di buone pratiche, che potrebbero potenzialmente ridurre i costi e l’impronta ambientale dell’Alleanza.
Il concetto di Green Defense fu introdotto con l’intento di supportare iniziative per fronteggiare una serie di sfide alla sicurezza internazionale – cambiamento climatico, sicurezza energetica, spese per la difesa ed esecuzione delle operazioni militari – già precedentemente individuate e sviluppate a livello nazionale.[7] Di fatto, a partire dal 2012 la Lituania ha istituito un centro di ricerca su energia e sicurezza con il supporto di numerosi Paesi dell’Alleanza, divenendo la struttura d’eccellenza per la fornitura di competenze ed expertise agli organi della NATO in materia di sicurezza energetica; inoltre, l’anno successivo, con il supporto della Danimarca, la Lituania ha presentato alla riunione dei Ministri della Difesa dei Paesi NATO una serie di iniziative in materia ambientale che confluirono successivamente nel quadro di difesa verde del 2014, fornendo pertanto la base di ulteriori indagini sulle opportunità di difesa verde all’interno della NATO.[8]
Nella sua definizione originaria, il Green Defense Framework si compone di sei parti principali. In primo luogo, vengono fissati i pilastri sui quali si fondano tutte le iniziative intraprese, ovvero il rafforzamento degli sforzi degli organismi NATO; la facilitazione del coordinamento con gli Alleati; il miglioramento del profilo ambientale dell’Organizzazione. Viene inoltre esplicitata la possibilità di sviluppare il quadro di difesa verde nel corso degli anni a venire, sottolineando tuttavia che “la NATO non sembra essere il luogo appropriato per l’istituzione di politiche ambientali”. Le sezioni successive affrontano poi ciascuno dei pilastri dell’iniziativa, identificando gli ulteriori obiettivi e le aree di azione della Green Defense. Da ultimo, raccomandazioni al Consiglio hanno l’obiettivo di concordare il quadro e rafforzare gli sforzi di difesa verde invitando i Ministri della Difesa dei singoli Stati membri a prendere atto dell’iniziativa. In sintesi, il quadro della NATO fornisce un’ampia base per la cooperazione all’interno dell’Alleanza su soluzioni verdi per la difesa. Tuttavia, il quadro di difesa in esame soffre di un’ambiguità concettuale che ne rende difficile l’operativizzazione: di fatto, non vi è una chiara definizione del collegamento tra soluzioni militari ecologiche e i rischi per la sicurezza; pertanto, la valutazione della fattibilità delle vie disponibili risulta problematica.
Garantire l’efficienza energetica per la sostenibilità delle operazioni belliche
Sebbene il concetto di difesa verde risulti essere piuttosto recente, il nuovo quadro dell’Alleanza pone al centro delle iniziative una serie di problematiche strategiche ben note, in particolare la sfida logistica di trasportare energia e carburante sui campi di battaglia e la necessità operativa di utilizzare le risorse energetiche in maniera più efficiente. Di fatto, i lunghi conflitti di logoramento avvenuti in Iraq e Afghanistan hanno portato alla luce la stretta correlazione tra capacità belliche e garanzia di un flusso di carburante sicuro e costante, in grado di fronteggiare tanto un consumo operativo massiccio quanto un prolungamento delle azioni militari. D’altro canto, l’aumento globale della domanda di energia, la fluttuazione dei prezzi del petrolio e l’elevato costo ambientale legato all’estrazione e all’impiego di combustibili fossili richiedono lo sviluppo di nuove fonti energetiche a produzione sostenibile e su vasta scala, in modo tale da prevenire oscillazioni improvvise dei prezzi sul mercato sia per cause esogene che endogene. A ciò si aggiunge l’esigenza di revisionare lo schema di protezione delle linee di approvvigionamento energetico nel corso delle operazioni sul campo, sistema che durante le offensive delle milizie talebane nel conflitto afghano ha mostrato tutta la propria vulnerabilità.[9] Ridurre il consumo di carburante e garantire una maggiore efficienza energetica sono pertanto divenuti imperativi operativi per la NATO, pena un forte deficit nella resistenza delle forze militari.[10] Tali obiettivi vennero ribaditi in occasione del Summit di Chicago nel 2012 e durante il già menzionato vertice NATO in Galles due anni dopo, nel corso dei quali i Leader dell’Alleanza affermarono di voler “continuare a lavorare per migliorare significativamente l’efficienza energetica delle forze militari, come precisato nel Green Defense Framework”.[11] A tal proposito, l’Organizzazione ha intrapreso numerose attività di ricerca volte a promuovere una maggiore diversificazione delle fonti di energia ed integrare tecnologie innovative nelle piattaforme e nei sistemi militari correnti, comprese le reti “intelligenti” che sfruttano l’energia rinnovabile e le tecniche di accumulo di elettricità, affinché le operazioni militari possano mantenere i livelli di efficacia richiesti per periodi più estesi e senza la necessità di ricorrere ai più inquinanti combustibili fossili. Tali sistemi fornirebbero inoltre vantaggi strategici come la riduzione del rumore e delle tracce termiche.[12]
Cambiamenti climatici e sicurezza infrastrutturale
Ulteriore minaccia alla sicurezza e alla resilienza dell’Alleanza Atlantica nel lungo periodo, lo scioglimento dei ghiacciai e la conseguente apertura di nuove rotte marine, la desertificazione, eventi meteorologici estremi e più in generale i cambiamenti climatici influiscono in maniera consistente sull’ambiente operativo attuale e futuro delle forze NATO. L’aumento delle temperature e la mutazione della densità dell’aria potrebbero di fatto impattare negativamente sulle prestazioni degli aeromobili ad ala fissa e rotante, e mettere alla prova l’intero sistema di trasporto aereo dell’Alleanza; allo stesso modo, eventi atmosferici estremi costituirebbero potenziali minacce per gli snodi logistici e le vie di comunicazione localizzate in zone costiere, ponendo altresì un’importante sfida per l’ingegneria e lo sviluppo tecnologico, così come per la definizione di scenari e la pianificazione operativa. Il cambiamento climatico risulta poi essere un moltiplicatore di minaccia per la sicurezza e per le missioni della NATO, sia nell’area euro-atlantica, sia nel più ampio vicinato: di fatto, il riscaldamento globale appare sempre più suscettibile di modellare l’ambiente geopolitico, creando instabilità e competizioni geostrategiche facilmente sfruttabili da attori statali e non statali che si oppongono all’Alleanza, contribuendo, di conseguenza, ad una maggiore volatilità nell’ambiente di sicurezza.[13] Pertanto, nel quadro della difesa verde ampio spazio è dedicato alle considerazioni sul cambiamento climatico e sulla resilienza, la pianificazione della difesa, la fornitura di risorse ed installazioni e la capacità di risposta in caso di disastro, così come dettagliate valutazioni si occupano di verificare in che modo i cambiamenti climatici potrebbero influire sulla capacità di deterrenza e difesa della NATO, inclusi la prontezza, l’abilitazione, il rinforzo e la mobilità militare.
L’introduzione di green technologies: quali prospettive per la difesa verde?
Negli ultimi anni, gli Stati membri della NATO hanno sviluppato ed adottato numerose nuove tecnologie e strategie militari green. Sebbene tali dispositivi raramente sono stati esplicitamente legati all’implementazione della Green Defense Framework, l’impiego di tecnologie ecologicamente rispettose rappresenta un’importante iniziativa politica verso lo sviluppo di una difesa verde all’interno dell’Alleanza. Di fatto, la triade dei domini convenzionali del conflitto – aria, terra e mare – può beneficiare in termini operativi dall’innovazione tecnologica legata alle energie rinnovabili, come dimostrano le considerevoli sperimentazioni nell’ambito dello sviluppo di sistemi ibridi ed elettrici introdotte in Europa e negli Stati Uniti:[14] in particolare, la collaborazione tra la Marina Militare Italiana ed ENI ha dato vita al progetto Flotta Verde, tentativo pionieristico di rendere più sostenibile il trasporto marittimo e i vascelli italiani.[15]
Su questa linea e alla luce della rinnovata strategia di difesa green della NATO, lo scorso novembre il Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg ha ribadito – all’interno della cornice della COP26 di Glasgow – l’impegno dell’Organizzazione nella lotta ai cambiamenti climatici, sottolineando l’importanza analoga dell’implementazione di tecnologie ecocompatibili da parte delle forze armate degli Stati membri, vantaggiose tanto in campo ambientale quanto a livello tattico ed operativo.[16]
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Note
[1] World Commission on Environment and Development (WCED), Our Common Future, 1987. Disponibile al link: https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/5987our-common-future.pdf.
[2] S. Santangelo, Cambiamenti Climatici e Sicurezza Internazionale, Documenti geografici, [S.l.], n. 2, gennaio 2022, pp. 319-320. Disponibile al link: https://documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/316.
[3] NATO, Environment, Climate Change and Security, 3 dicembre 2021. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_91048.htm.
[4] NATO, Science for Peace and Security Programme. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_85373.htm.
[5] Supra, (3).
[6] NATO, NATO and its partners become smarter on energy , 7 aprile 2015. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_118657.htm.
[7] K.K. Larsen, Unfolding Green Defense. Linking green technologies and strategies to current security challenges in NATO and the NATO member States, Center for Military Studies, University of Copenhagen, December 2015, p. 5.
[8] Ivi, p. 6.
[9] R. Leoni, La “Green Defense” della NATO: il rinnovato impegno dell’alleanza atlantica sul fronte della sostenibilità, Centro Studi Internazionali, CeSI, 2021. Disponibile al link: https://www.cesi-italia.org/articoli/1355/la-green-defense-della-nato-il-rinnovato-impegno-dellalleanza-atlantica-sul-fronte-della-sostenibilit.
[10]NATO, Nato and its partners become smarter on energy, 7 Aprile 2015. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_118657.htm.
[11] NATO, Wales Summit Declaration Issued by the Heads of State and Government participating in the meeting of the North Atlantic Council in Wales, Press Release, 5 Settembre 2014. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_112964.htm .
[12] NATO, Environment, Climate change and security, op. cit.
[13] Ibid.
[14] R. Leoni, NATO Green Defence: quali prospettive per una difesa, Centro Studi Internazionali, CeSI, gennaio 2022. Disponibile al link: http://www.cesi-italia.org/articoli/1509/nato-green-defence-quali-prospettive-per-una-difesa-verde
[15] Ministero della Difesa, Flotta Verde -Marina Militare. Disponibile al link:https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-ambiente/flotta-verde/Pagine/flotta-verde.aspx.
[16] NATO, Remarks by NATO Secretary General Jens Stoltenberg at the high-level roundtable “Climate, Peace and Stability: Weathering Risk Through COP and Beyond” in Glasgow, UK, novembre 2021. Disponibile al link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_188262.htm?selectedLocale=en.
Foto copertina: La Green Defense Framework della NATO potrebbe giovare all’operatività e alla programmaticità delle forze armate nel rispetto della natura