Il ruolo dell’Italia nella NATO: direzioni e prospettive post-elezioni


Il ruolo dell’Italia nella NATO è quello di un alleato storico e affidabile, che cerca di puntare i riflettori sul Mediterraneo. Quale sarà l’indirizzo del paese dopo le elezioni del 25 settembre?


Il ruolo dell’Italia nella NATO
L’Italia fa parte dell’Alleanza Atlantica dal 1949, anno della fondazione. Sicuramente negli anni ha influito molto, anche il forte legame di Roma con gli Stati Uniti, attraverso il quale è attiva una fitta una rete di collaborazione su più fronti. La NATO si è allargata di recente. Svezia e Finlandia hanno chiesto ed ottenuto, di divenire membri dell’Alleanza, allertati dall’atteggiamento bellicista di Mosca[1]. Due nuovi alleati, non solo spostano il confine, avvicinandosi pericolosamente alla Russia, ma spostano anche l’assetto della stessa Alleanza, rendendola a trazione prettamente settentrionale. L’asse della NATO si è spostata al nord? questa è la percezione degli stati membri del sud, con l’Italia, che su tutte, preme per spostare maggiore attenzione al Mediterraneo. Un discorso comprensibile, il cui indirizzo sarà determinato dalle elezioni del 25 settembre che delineeranno le prossime linee d’indirizzo per la politica estera italiana. La stasi non è affatto scontata.

Il rapporto NATO – Italia

Se si valutano le relazioni che l’Italia mantiene con la NATO, si devono tenere in considerazione gli aspetti cruciali per la politica di difesa italiana. In primo luogo la funzione propriamente difensiva dell’Alleanza, la quale garantisce sicurezza e protezione anche a livello europeo, specie alla luce dell’attuale crisi internazionale[2]. Il secondo aspetto riguarda la presenza dell’Italia nella risoluzione delle crisi, con particolare riferimento alle missioni di gestione dei conflitti poste in essere dalla NATO. Ma partiamo dal primo punto. Bisogna tener presente che per tutto il periodo della Guerra Fredda, la NATO ha rappresentato un fulcro per la difesa italiana, per quanto riguarda l’operatività delle forze, l’organizzazione e lo sviluppo delle armi. Per questo motivo l’Alleanza si pone come meccanismo di reciproca difesa, forte del principale riferimento normativo all’interno del Trattato, ovvero l’Articolo 5 che sancisce che ogni attacco armato contro uno degli stati membri verrà considerato un attacco contro tutti i paesi membri, i quali assisteranno la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritengono necessarie, incluso l’uso della forza armata.  Poi, il meccanismo della NATO è cambiato, così come sono cambiate le premesse che ne hanno caratterizzato la nascita. Sorta in chiave anti-sovietica, la NATO era sopravvissuta al suo nemico e di conseguenza si è trasformata, da alleanza strategica e difensiva, in organizzazione politica e militare. Di conseguenza, sono cambiati anche i modi con cui ha operato nel corso del tempo. Nel caso dell’Italia però, c’è da dire che l’Alleanza ha sempre risposto bene alle richieste. Basti pensare alla Ocean Shield, missione marittima del 2008, volta a garantire il passaggio sicuro delle navi cargo dal Corno d’Africa al Mediterraneo. Quella missione è stata svolta da imbarcazioni NATO, ma con navi d’appoggio dei paesi alleati. L’Italia è fortemente interessata a questa missione, così come è interessata a quel tratto di mare, cruciale per i propri traffici commerciali. Ad ogni modo, proprio in quel caso si è vista la collaborazione funzionale tra NATO e Italia, laddove il paese ha contribuito con l’invio di 6 navi e assumendo due volte il comando della missione. La NATO poi ha risposto “presente” anche in Libia, quando nel 2011, fu proprio l’Italia a richiederne l’intervento, per precise motivazioni politiche. Dato che in un primo momento, a dare la caccia a Gheddafi furono i singoli stati, con Francia e Regno Unito avanti a tutti, l’Italia richiese l’intervento dell’Alleanza, per dare maggiore credibilità all’intervento ed ottenere pareri favorevoli dalla comunità internazionale[3]. Quindi il primo punto di vista della politica di difesa italiana, vale a dire quello che guarda alla NATO come una sorta di scudo protettivo, risulta allo stato ben funzionante.

Il secondo punto di vista: Nato, Italia e la gestione delle crisi

L’Italia si è imbarcata spesso in missioni militari e diplomatiche a seguito, sia degli Stati Uniti che della NATO. Per questo motivo, si può ritenere che il paese sia un elemento stabile e affine ai punti del trattato atlantico. Oggi per la NATO le priorità sono arrestare l’avanzata della Cina e fermare la crescita della Russia. Dal punto di vista militare, qui potrebbero sorgere difficoltà di coordinamento tra Stati Uniti, maggiori finanziatori ed investitori in spesa militare di tutta l’Alleanza, e gli stati europei, i quali garantendo una crescita di solo il 4% della spesa militare, non soddisfano Washington. Russia e Cina, assestano i livelli di crescita intorno al 100% ed è chiaro che il paragone non regge, anche se si è ancora ben lontani da una possibile equiparazione dei due fronti sul piano militare.  L’Italia dal canto suo è ben consapevole dell’obiettivo del 2% del Pil da destinare alla difesa entro il 2024, secondo quanto previsto dal Trattato Atlantico. Durante il Governo di Mario Draghi, la questione dell’incremento della spesa per le forze armate è tornata al centro del dibattito politico, e l’ex premier lo ha adottato come impegno per il paese nei confronti degli alleati; il tutto rientrante in quanto deciso nel piano d’impegno per l’investimento, stabilito a Varsavia nel 2016. L’impegno italiano rientra a pieno titolo nel Documento programmatico 2021-2023 e riguarda le strategie di difesa dell’Italia nel prossimo futuro. Sotto questo punto di vista, c’è un certo gap da colmare, dato che l’ Italia riserva l’ 1,54% del Pil[4] alle spese per la difesa. Secondo gli esperti comunque, il nostro paese continuerà a fare fronte comune con le forze alleate, ma non riuscirà al colmare il gap in tempi brevi, probabilmente nemmeno nel termine previsto del 2024.

Elezioni politiche in Italia: tra NATO, europeismo e sovranità nazionale

Gli italiani si apprestano al voto, in una delle più rapide ed insolite tornate elettorali della storia repubblicana. Tra i programmi elettorali con i temi più disparati, sembra che in linea di massima, l’appoggio alla NATO e la prospettiva europeista siano dominanti. Tra le liste outsider, i punti dominanti riguardano l’uscita dall’Unione Europea o dall’Euro, come rivendicazione di una sovranità nazionale piena[5]. C’è anche chi presenta l’uscita dall’Alleanza Atlantica tra i punti programmatici, o chi chiede lo stop all’invio di aiuti militari all’Ucraina; si tratta di argomenti che sicuramente saranno oggetto di discussione qualunque sarà la forma del nuovo Parlamento. I sondaggi forniscono numeri contrastanti, ma pare chiara la vittoria del centrodestra. La coalizione propone, relativamente ai rapporti con la NATO, il rispetto degli impegni assunti con l’Alleanza, soprattutto sugli stanziamenti per la difesa, il sostegno militare all’Ucraina e la condanna verso la Russia. Centrosinistra e Movimento 5 Stelle invece dicono si al progetto di un sistema di difesa europeo, ma sul riarmo delle forze ucraine non vanno d’accordo. In generale, queste elezioni sono fortemente influenzate dal periodo storico difficile e dalle questioni internazionali che si stanno verificando. Dal Covid19, alla guerra in Ucraina, molti sostengono che i problemi economici e sociali del paese, potrebbero essere mitigati con un’Italia svincolata dagli organismi internazionali di cui fa parte. Di conseguenza, forti di queste convinzioni, molti partiti hanno inserito tali argomenti nei programmi elettorali, fermo restando però, che la messa in atto di provvedimenti così forti, sarebbe di difficile realizzazione, specie al fronte della considerazione di tutte le possibili conseguenze che ne deriverebbero. Quali conseguenze, è presto detto: chiunque vincerà le elezioni, è ben consapevole della necessità di ricollocare l’Italia dal punto di vista europeo e internazionale. Certo, perché al netto delle sfumature ideologiche e dei discorsi propagandistici, c’è da dire che il focus della coalizione o del partito vincente, sarà inevitabilmente puntato sul Mediterraneo, sull’implemento delle unità in quell’area e nelle risorse da individuare per raggiungere tale obiettivo. Questa particolare attenzione porterebbe davvero l’Italia in un ruolo centrale, dato che il Mediterraneo è un tema molto caldo per la NATO e l’UE; in questo contesto il nostro paese potrebbe avere una forza trainante. Tuttavia la diversità di approccio relativamente al ruolo geopolitico dell’Italia può avere conseguenze determinanti.


Note

[1] https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2021/01/italia-usa-e-nato-il-ruolo-della-difesa-nei-rapporti-transatlantici/
[2]https://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/approfondimenti/PI0090.pdf
[3] https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/nato-guerra-ucraina-artico-nord-scenari-hu1pu96k
[4] https://www.ilsole24ore.com/art/spese-militari-investimenti-missioni-impegni-nato-dell-italia-AEkhtEOB?refresh_ce=1
[5] https://www.money.it/uscita-euro-unione-europea-posizioni-partiti-elezioni-2022


Foto copertina: Il ruolo dell’Italia nella NATO