Il terzo mandato di Xi Jinping è alle porte. Politica interna, pandemia, relazioni internazionali e crisi demografica sono solo alcune delle sfide che attendono il Presidente della Repubblica Popolare Cinese.
“Together for a Shared Future!”: così recita il motto ufficiale delle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022, iniziate il 4 febbraio scorso. In questo ultimo decennio, tuttavia, Xi Jinping ha dimostrato la volontà di allontanarsi dalle dinamiche occidentali, abbandonando il dialogo con le parti e creando invece il suo contro-impero. In carica dal 2013, Xi si accinge ad inaugurare il suo terzo mandato, in un clima internazionale non proprio stabile, minacciato non solo dalla pandemia, ma anche dalla crisi energetica e dallo stallo diplomatico in Taiwan (e non solo).
Se nel 2008 le Olimpiadi di Pechino inaugurarono l’ingresso della Cina nell’arena internazionale, qualsiasi speranza di inserimento del Paese all’interno del sistema occidentale è stata ben presto abbandonata. Il clima dell’inaugurazione dei Giochi Olimpici 2022, i primi organizzati sotto il mandato di Xi Jinping, è stato totalmente diverso. La dibattutissima politica “zero covid”, ideata dal presidente, ha costretto gli spettatori a rimanere all’interno di un “circuito chiuso”, separati dal resto della popolazione.
La strategia in risposta al terzo anno di pandemia è stata protagonista di analisi da esperti internazionali, da un lato per la rigidità delle restrizioni – che includono hotel-quarantena, chiusura dei confini e lockdown molto severi – dall’altro per lo straordinario successo nella gestione del contagio. Uno degli esempi più discussi riguarda la cittadina di Xi’an, nella quale le strade sono completamente deserte e i negozi costantemente chiusi a causa di un severissimo lockdown (stabilito dopo 2000 contagi in 10 giorni, in una città di 13 milioni di abitanti, con il 95% di vaccinati e solo 13 decessi dal 2020). Proprio a Xi’an, queste restrizioni, estremizzate, hanno degenerato in episodi di violenza nei confronti dei cittadini. Nonostante questo, e nonostante le numerosissime critiche nei confronti della strategia, (anche da parte di membri del partito comunista in seguito licenziati), il presidente Xi Jinping fa della politica zero covid uno dei suoi punti di forza, applicandola anche ai giochi di Pechino.
D’altronde, per l’intera Cina le Olimpiadi Invernali 2022 rivestono anche un importante significato politico. Si tratta dell’inaugurazione di un nuovo ruolo di Pechino nelle dinamiche internazionali, presentandosi all’Occidente come un colosso che dovrà essere rispettato e con cui si dovrà convivere.[1]
L’influenza occidentale nella politica interna: Taiwan o Taipei?
Uno degli esempi di interventismo occidentale più discussi dell’ultimo periodo riguarda Taiwan. L’isola è politicamente uno Stato insulare de facto, ma la sua entità statale non è riconosciuta dalla comunità internazionale, i.e. dai quattro membri permanenti del consiglio di sicurezza Onu (Francia, Regno Unito, Russia e USA), dal Canada e dall’UE.
Inoltre, ogni tentativo di emancipazione politica dell’isola incontra una rigidissima opposizione da parte della Repubblica Popolare Cinese, la quale non permette in alcun modo che l’isola possa anche solo presentarsi al resto del mondo in maniera autonoma. La narrativa occidentale che inquadra “Cina” e “Taiwan” come due realtà separate, sostiene Pechino, è inaccettabile, e ogni discorso riguardante la questione dovrà necessariamente fare riferimento a “mainland cinese” e “regione del Taiwan”. Qualsiasi riconoscimento della sovranità di Taiwan da parte dell’Occidente, secondo Pechino, rappresenta una violazione delle norme internazionali. Gli uffici rappresentativi nell’ ONU e nell’UE, in un tentativo di compromesso, riportano la targa “Taipei Representative Office”. La stessa scelta potrebbe essere adottata anche dalla Lituania, punita per aver permesso l’apertura di un ufficio di delegati “Taiwanesi” a Vilnius. Pechino ha forzato multinazionali a ridurre gli accordi con la Nazione, minacciandole di escluderle dal mercato cinese, ed ha recentemente imposto un blocco sull’import di carne da Vilnius. [3]
Ciò che Pechino non può permettersi è che Taiwan possa ottenere riconoscimento internazionale, che gli consentirebbe di emanciparsi politicamente e così ispirare altre regioni a ribellarsi alla “democrazia socialista” cinese, nel nome della libertà individuale e dei diritti umani. [4]
I problemi in casa
Il terzo mandato di Xi Jinping, tuttavia, lo vedrà impegnato anche nel fronte della politica interna, minacciata dalla crisi demografica ed immobiliare.
In sei decenni, il tasso di crescita della popolazione ha raggiunto i suoi minimi storici dal 1960, con una crescita annuale in discesa, dello 0,53%. Le previsioni per gli anni futuri non sono favorevoli, ed è per questo che Pechino ha già annunciato numerose riforme per gestire il crollo. Il piano “due figli” è stato potenziato, portando a tre il numero di bambini per famiglia. Inoltre, verranno proibiti gli insegnamenti privati, troppo cari e poco incentivanti per le famiglie cinesi (sempre più riluttanti ad avere bambini), garantendo cure pediatriche e congedi di maternità. [5]
In un susseguirsi di indebolimenti nell’ambito economico, anche il settore immobiliare rischia di collassare, a causa della paralizzante crisi sofferta da numerosi promotori immobiliari cinesi. Oltretutto, il settore immobiliare costituisce il 25/30% del PIL nazionale, e se i prezzi e le vendite di immobili continueranno a calare durante l’anno, l’intera crescita economica del Paese ne risentirà. Il governo si trova a dover gestire anche questo pilastro in cedimento, ma si muove ancora a tentoni proponendo soluzioni a breve termine che placherebbero solo temporaneamente la crisi. [6]
È chiaro che la Cina non rinuncerà al suo ruolo nel panorama internazionale. Dal suo canto, Pechino vorrebbe mostrarsi collaborativa con chiunque, ad una condizione: nessuna intromissione nella gestione delle sue dinamiche interne. E se un dialogo con Washington non viene neanche preso in considerazione, la narrativa cambia in relazione all’Europa. D’altronde, sono già in atto trattative energetiche tra Cina e Russia, e già dal 2020 Pechino è il primo maggiore partner per import europei, e viceversa nell’ambito commerciale. Pechino è chiara: solo nel momento in cui l’UE dimostrerà chiaramente la volontà di intraprendere autonomamente un programma di collaborazione con la Cina senza alcuna influenza americana, quest’ultima sarà pronta ad accoglierla.
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Note
[1] “Partenza in salita per i giochi di Xi Jinping”, Internazionale, 1446 (4 Feb 2022), pag. 26 https://www.internazionale.it/magazine/2022/02/03/partenza-in-salita-per-i-giochi-di-xi-jinping
[2] “Russia wins China’s backing NATO showdown over Ukraine”, Al Jazeera (Feb 2022) https://www.aljazeera.com/news/2022/2/4/russia-wins-chinese-backing-in-showdown-over-ukraine
[3] “Lithuania considers modifying Taiwan representation name to defuse row with China” Reuters (Jan 2022) https://www.reuters.com/world/asia-pacific/lithuania-considers-modifying-taiwan-representation-name-defuse-row-with-china-2022-01-25/
[4] “Taiwan Provides Powerful Lessons on Democratic Resilience”, The Diplomat (Jan 2022) https://thediplomat.com/2022/01/taiwan-provides-powerful-lessons-on-democratic-resilience/
[5] “China’s population growth rate falls to 61-year low”, The Guardian (Jan 2022) https://www.theguardian.com/world/2022/jan/17/chinas-birthrate-falls-to-61-year-low-despite-moves-to-stave-off-demographic-crisis
[6] “China’s looming property crisis threatens economic stability”, Peterson Institute for International Economics (Jan 2022) https://www.piie.com/blogs/realtime-economic-issues-watch/chinas-looming-property-crisis-threatens-economic-stability
Foto copertina: Il Presidente della Repubblica Popolare cinese Xi Jinping