La minaccia di Israele all’identità palestinese


Che sia una bandiera, una kefiah, una giornalista, ogni simbolo di unità e di comunità rappresenta una minaccia all’integrità di Israele e in quanto tale va schiacciata.


Israele: la democrazia del Medio Oriente

Israele? l’unico stato democratico del Medio Oriente. Questa la label più comune affibbiata ad Israele. A braccetto con questa etichetta, però, ci sono anche le 73 risoluzioni delle Nazioni Unite violate[1] e l’accusa, da parte di associazioni per la tutela dei diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch di “apartheid” contro il popolo palestinese.
La prima, in un report[2] di 280 pagine, documenta i crimini e le azioni dello stato israeliano (apartheid nel diritto internazionale, intento di oppressione e dominazione sui palestinesi, uso di regole militari per controllare e espropriare,  scopo e metodologia, negazione della nazionalità, residenza e vita familiare, restrizione nei movimenti, restrizioni al diritto di partecipazione politica, repressione dello sviluppo umano palestinese ecc.) e la seconda ne fa altrettanto menzione nel report “A Threshold Crossed”[3].
Secondo la definizione[4], occorrono tre elementi affinché l’“apartheid” si verifichi, e sono:
1) L’intento di un gruppo di dominare su un altro
2) L’oppressione sistematica di un gruppo razziale su un altro
3) Uno o più atti inumani che concernono il negare il diritto alle persone di lasciare o ritornare nel proprio paese, espropri di terreni, creazione di ghetti riservati.

Seguendo le dinamiche attraverso le quali Israele si interfaccia con i nativi, viene subito a galla la natura di pulizia etnica e apartheid che quest’ultimo impone e che andremo ad esaminare passo-passo tramite l’uso dei numeri attribuiti ad ogni criterio.

Divide et impera: le quattro identità palestinesi

A seconda della zona dove si abita, i palestinesi riceveranno ben quattro carte di identità di colore diverso: rispettivamente una green card per Gaza (1.6 m di persone) e Cisgiordania (2.3 m di persone), blue a Gerusalemme Est (0.3 m) e per i cittadini palestinesi di Israele (1.3 m). Ovviamente e conseguentemente a seconda della carta d’identità i diritti saranno assicurati o meno.
Un cittadino di Gaza non possiede libero movimento ed è così confinato nel territorio con densità di popolazione più alta dove l’accesso ad acqua potabile sicura è negato al 90%. (3) “Ai palestinesi è vietato lasciare Gaza attraverso Israele, anche per il passaggio in Cisgiordania, a meno che non abbiano ottenuto un permesso di uscita rilasciato da Israele. Solo gli appartenenti a determinate categorie, principalmente commercianti (di fatto lavoratori giornalieri), pazienti e loro accompagnatori, e operatori umanitari, possono richiedere tale permesso.
Altre persone non hanno diritto a un permesso anche se, secondo le autorità israeliane, non rappresentano un rischio per la sicurezza, secondo le autorità israeliane. Nella maggior parte dei casi, le autorità israeliane non forniscono ragioni specifiche per il rigetto di una domanda. Se la domanda viene approvata, il titolare del permesso può viaggiare attraverso il valico di Erez controllato da Israele, che opera durante il giorno, dalla domenica al giovedì, e il venerdì, solo per casi urgenti e cittadini stranieri.” Riporta Relief Web[5].
Un cittadino della Cisgiordania è colui che vive in enclavi palestinesi ben precise, circondate da insediamenti israeliani illegali e dal famigerato muro dell’Apartheid che fu costruito nel 2002 e che ha dimensioni due volte maggiori del muro di Berlino e quattro volte più lungo, egli può andare a Gaza e a Gerusalemme Est solo tramite permesso dell’esercito.
Il cittadino di Gerusalemme Est può spostarsi sia in Cisgiordania che in Israele, ma lungi dal chiamarli cittadini israeliani poiché come le categorie sopra nominate non godono di diritti politici o civili, ma sono relegati allo “status di residenti”, che può essere revocato[6] nel caso in cui Gerusalemme Est venga lasciata troppo a lungo, ad esempio per studiare o lavorare all’estero o nella Cisgiordania stessa. I documenti di pianificazione israeliani per Gerusalemme prevedono un mantenimento demografico di una percentuale del 60% di ebrei sul 40% di palestinesi; e dunque una netta superiorità della fazione ebrea su quella palestinese. (1)
L’ultimo gruppo è quello dei palestinesi cittadini di Israele, coloro che hanno la cittadinanza, ma non la nazionalità. A detta dell’ex ministro Benjamin Netanyahu, lo stato di Israele uno stato per loro in quanto nel marzo del 2019 posta: “Israele non è lo stato di tutti i suoi cittadini, bensì lo stato-nazione delle persone ebree e loro solamente”. Ben più di 50 leggi discriminano questa parte della cittadinanza. (2) Esempio lampante nei comitati di annessione che hanno l’autorità di impedire ai cittadini palestinesi d’Israele di vivere nelle città per soli ebrei.


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Shereen Abu Akleh: un simbolo comune

Un altro pezzo dell’identità palestinese è stato portato via l’11 maggio 2022, quando a terra, per mano delle forze israeliane, cade il corpo della giornalista veterana di Al-Jazeera, Shereen Abu Akleh. Ma chi era Shereen e perché il suo omicidio rappresenta un tentativo di distruggere la storia palestinese?
La corrispondente, cittadina palestinese americana aveva servito la causa per ben venticinque anni. La sua voce era divenuta un monito ai palestinesi, un segno di speranza, una voce familiare, un’identità. Shereen è stata presa di mira, perché questo fa Israele: sradica i punti stabili affinché sia sempre più difficile per i palestinesi aggrapparsi ad uno spiraglio di luce comune. Shereen è stata presa di mira anche durante il corteo funebre, anche in quel momento la giornalista era una minaccia, di fatto aveva radunato nuovamente il popolo palestinese.
La distruzione e l’impossibilità di avere un nucleo familiare compatto e una fissa dimora mina la formazione di concezione umana di identità. Laddove non ci sia uno spazio sicuro per lo sviluppo della propria individualità, laddove la propria etnia e cultura vengano viste come minacce all’integrità dello stato, laddove lo stato cerchi di annientare il senso di appartenenza del palestinese a un’entità collettiva perpetrando soprusi e sottraendo diritti affinché si venga portati a riconoscere la superiorità etnica-religiosa israeliana, non c’è e non ci può essere democrazia, poiché essa stessa è identità.


Note

[1] https://www.lagone.it/2021/05/31/israele-lo-stato-dellillegalita-internazionale-tutte-le-risoluzioni-onu-violate/
[2] https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2022/01/Full-Report-Israels-apartheid-against-palestinian-.pdf
[3] https://www.hrw.org/report/2021/04/27/threshold-crossed/israeli-authorities-and-crimes-apartheid-and-persecution : Una soglia sorpassata
[4]1973 Apartheid Convention- 1998 Rome Statute of the International Criminal Court.
[5] https://reliefweb.int/report/occupied-palestinian-territory/movement-and-out-gaza-update-covering-january-2022
[6] Dal 1967 Israele ha revocato lo status di residenti a 14.600 palestinesi di Gerusalemme Est


Foto copertina: Moschea al-Aqṣā. Fonte:wikipedia