Gli attentati che hanno colpito la Russia a Mosca e nel Daghestan scoperchiano problematiche secolari della società russa nel suo complesso: tra terrorismo e differenze etniche.
A cura di Francesco Iovine
Il 2024 è stato un anno sin qui peculiare per la Russia, la quale ha sperimentato minacce plurime alla sua integrità e alla sua leva di potere internamente alla federazione.
Difatti, sono stati numerosi gli episodi rilevanti che hanno minato al cuore della Russia.
In primo luogo, l’attentato del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca ad opera di quattro uomini armati affiliati alla branca dell’ISIS denominata ISIS-K, il quale ha causato 145 morti[1]. Successivamente, i disordini in un carcere di Rostov sul Don ad opera di alcuni detenuti affiliati all’ISIS i quali, il 16 giugno, hanno sequestrato due guardie penitenziarie, venendo poi neutralizzati dalle forze russe[2]. A quest’ultimo episodio si affianca il caso simile del 23 agosto[3], in cui quattro terroristi, detenuti nella colonia penale numero 19 di Surovikino nella regione i Volgograd, hanno preso in ostaggio e ucciso alcune guardie penitenziarie. Infine, pochi giorni più tardi, il 23 giugno, nella Repubblica del Daghestan si sono verificati due attacchi terroristici, rispettivamente nelle città di Derbent e Makhachkala, i quali hanno causato 20 morti[4][5]. I quattro differenti episodi (a cui va aggiunto l’assalto all’aeroporto di Makhachkala dell’ottobre 2023[6]) hanno come comun denominatore la matrice islamico-jihadista, contro cui la Russia propone, in differenti teatri, una strenua lotta. L’articolo propone di analizzare, in diversi punti, il rapporto tra la Federazione Russa e le minoranze al suo interno, la narrazione “russocentrica” del governo putiniano entro i suoi confini e le conseguenze dell’atteggiamento russo nei confronti delle proprie minoranze.
La composizione etnica della Federazione Russa
Secondo i dati Rosstat[7], al 2023 la popolazione russa continua a dimostrarsi eterogenea nella sua interezza. Questa caratteristica secolare è imprescindibile dall’analisi della società russa nel suo complesso, la quale ha fatto dell’espansionismo un suo mantra in politica estera per centinaia di anni. L’inevitabile espansione in numerosi territori, i quali costituiscono parte della Federazione nella sua interezza, ha comportato l’inglobamento di numerose popolazioni, diverse ed eterogenee tra loro. La natura russa si è così costituita come un duplice imperialismo, sia esso sul piano interno quanto su quello esterno. Difatti, sin dal XVIII secolo, l’assoggettamento progressivo causato dall’espansione verso est dell’allora Impero ha portato all’inglobamento di territori e popolazioni locali. La dimensione russa in tal senso non si arrestò nell’epoca sovietica, durante la quale si sperimentò un sincretismo culturale più elevato, dettato dalle ragioni dell’internazionalismo comunista. Il tentativo della korenizacija contribuì a favorire l’ingresso nelle istituzioni statali dei rappresentanti delle popolazioni locali, favorendo una derussificazione che trovò un arresto tra gli anni Trenta e Quaranta. Successivamente, si osservò un processo inverso, il quale favorì l’accentramento socioculturale verso la Russia, la cui egemonia caratterizzò l’ossatura della stessa Unione Sovietica.
In termini odierni, la Russia pertanto si presenta sostanzialmente eterogenea. Secondo i dati ivi menzionati, il 55% della popolazione è di etnia russa. Il territorio della Federazione è costellato di etnie differenti, tra cui i Tatari (2,5%), i Ceceni (0,9%), i Baschiri (0,8%), i Ciuvasci (0,5%), gli Armeni (0,5%), gli Ucraini (0,5%)[8] i quali occupano il proprio spazio in un territorio ampio e diversamente concentrato etnicamente. La macroregione che presenta una variabilità elevata è quella a ridosso del Caucaso, ossia il territorio in cui si situano, tra le altre, la Repubblica Cecena e il Daghestan. I due territori sono emblematici della gestione all’interno della Russia moderna, sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. In primo luogo, le due guerre cecene[9], susseguitesi tra gli anni Novanta e i primi Duemila, hanno fatto da sfondo alla prima presidenza di Vladimir Putin. In secondo luogo, il Daghestan costituisce oggi un territorio che ha sperimentato, tra il 2023 e il 2024, una serie di disordini rilevanti.
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La gestione di un territorio come quello russo ha costituito spesso una sfida molto grande, sin dai tempi di Pietro il Grande. L’ambizione del Presidente Vladimir Putin, a marzo eletto per un nuovo mandato, è quello di rendere la Russia nuovamente una Nazione grande, prospera e rilevante sul piano geopolitico mondiale[10].
I territori sin qui menzionati hanno costituito una sfida per la Russia di El’cin prima e di Putin poi. Proprio quest’ultimo dichiarò la propria completa ostilità ai terroristi ceceni e a qualsiasi moto centrifugo interno alla Russia. In tal senso condusse con successo (pur non senza controversie) la seconda guerra cecena, riportando la repubblica separatista nella piena orbita della Federazione. Il suddetto conflitto risulta emblematico ed esplicativo della politica putiniana, sia in politica estera quanto in quella interna. Difatti, questa ha costituito il primo passo verso la lotta al terrorismo, che costituisce una costante della narrazione di Putin[11]. In tale direzione ha perseguito i propri obiettivi geopolitici, giustificando l’intervento in Siria al fianco di al-Assad[12] o aumentando significativamente la propria presenza militare in Africa[13]. Sul piano interno, la strenua lotta al terrorismo nella regione dal Caucaso, condotta adoperando metodi duri e repressivi, ha contribuito a rafforzare la presa putiniana su di una società eterogenea, la cui volontà di stabilità politica, economica e securitaria ha trovato linfa in un atteggiamento simile.
A quest’aspetto di war on terror è necessario accostare la svolta narrativa putiniana a seguito della sua elezione a Presidente del 2012. Le proteste che si susseguirono e che vennero poi represse nel sangue nel maggio 2012 contribuirono al rafforzamento del potere autoritario centrale del governo di Putin. Con ciò ci si riferisce alle politiche repressive anti-LGBT e contro i denominati “agenti stranieri”, considerate entrambe minacce occidentali alla stabilità e all’unità russa, sostenuta su basi tradizionali e rivendicate dalla Chiesa Ortodossa russa. Una tale narrazione è stata ribadita anche nel discorso d’insediamento del maggio del 2024[14].
La connessione Stato-Chiesa della Russia putiniana si pone al vertice di un sistema che intravede un progetto messianico volto alla grandezza dello Stato russo, costruito su pilastri inquadrabili come nazionalisti, antioccidentali, centralisti.
Conclusioni
Il contrasto con la realtà di una società tanto complessa come quella russa risulta evidente. Gli attentati del Crocus City Hall e in Daghestan dimostrano una presenza forte di movimenti jihadisti nel Caucaso, i quali hanno avuto la capacità di permanere nel tessuto sociale russo, contribuendo alla scalfittura della sicurezza nella Russia putiniana. L’atteggiamento repressivo e centralizzante ha provocato l’inevitabile reazione di un numero considerevole di movimenti, i quali pongono in evidenza le contraddizioni interne alla Russia, svelandone le crepe e testimoniando la presenza ancora forte di moti avversi al potere centrale così conformato.
Note
[1] Kirby, P., & Andre, R.-P. (2024, 23 marzo). Gunmen kill 133 at Crocus City Hall in Moscow attack. BBC. https://www.bbc.com/news/world-europe-68642162
[2] Euronews. (2024, 16 giugno). Russia, sequestro di guardie in un carcere a Rostov: uccisi detenuti dell’Isis da forze speciali. Euronews. https://it.euronews.com/2024/06/16/russia-sequestro-di-guardie-in-un-carcere-a-rostov-uccisi-detenuti-dellisis-da-forze-speci
[3] Red. (2024, 23 agosto). Russia. Tentativo di rivolta in un carcere di Volgograd, otto morti. Notizie geopolitiche. https://www.notiziegeopolitiche.net/russia-tentativo-di-rivolta-in-un-carcere-di-volgograd-otto-morti/
[4] De Luca, A. (2024, 24 giugno). Russia: cosa è successo in Daghestan? ISPI. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/russia-cosa-e-successo-in-daghestan-178371
[5] Opinio Juris. (2024). Violenti attacchi a Makhachkala e Derbent in Daghestan. Opinio Juris. https://www.opiniojuris.it/opinio/violenti-attacchi-a-makhachkala-e-derbent-in-daghestan/
[6] Zola, M. (2023, 31 ottobre). AGHESTAN: Perché l’assalto all’aereo israeliano. East Journal. https://www.eastjournal.net/archives/133940
[7] Per i dati aggiornati al 2023: Federal State Statistics Service (ROSSTAT). (s.d.). Russian Statistical Yearbook (2023). https://eng.rosstat.gov.ru/storage/mediabank/Yearbook%202023(1).pdf
[8] Per la lista completa delle etnie russe: Federal State Statistics Service (ROSSTAT). (s.d.). Russian Statistical Yearbook (2023). https://eng.rosstat.gov.ru/storage/mediabank/Yearbook%202023(1).pdf
[9] Ferrari, A. (2004). Cecenia: una pace impossibile? ISPI Policy Brief, 9.
[10] Minervini, A. (2023). L’ultima aquila imperiale. Opinio Juris. https://www.opiniojuris.it/opinio/lultima-aquila-imperiale/
[11] Cristiani, D. (2024). Russia, jihad e Ucraina: un’ossessione pericolosa. Affari Internazionali. https://www.affarinternazionali.it/russia-jihad-e-ucraina-unossessione-pericolosa/
[12] Admasky, D. (2018). Moscow’s Syria Campaign: Russian Lessons for the Art of Strategy. Notes de l’Ifri: Russie.Nei.Visions, 109.
[13] ISPI. (2023). Presenza militare della Russia in Africa. ISPI. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/presenza-militare-della-russia-in-africa-108410
[14] Savino, G. (2024, 8 maggio). La stabile instabilità del potere di Putin. Valigia Blu. https://www.valigiablu.it/putin-cerimonia-presidenza-potere-russia/
Foto copertina: Esercitazioni anti terrorismo delle forze speciali dell’FSB e del MVD in Russia