Le proteste degli studenti per la Palestina


Perché sono fondamentali e perché non bisogna dimenticarle.


Mentre Israele definisce “oltraggioso, moralmente ripugnante e disgustoso[1]” l’ordine vincolante della Corte internazionale di giustizia di fermare immediatamente l’assalto a Rafah e mentre afferma che le accuse di genocidio a Gaza “sono false”, le proteste da parte di studenti di quasi tutto il mondo continuano. Nelle ultime settimane i campus universitari di tutto il mondo sono stati teatro di proteste da parte di studenti e docenti in solidarietà con la Palestina. Tutti si battono contro la guerra e il genocidio ancora in corso a Gaza.
Ad oggi più di 35mila persone sono stata uccise. Università dopo università dagli Stati Uniti all’Europa i ragazzi chiedono di cessare immediatamente qualsiasi legame finanziario e accademico diretto o indiretto con Israele, anche tramite l’interruzione di rapporti economico/commerciali con le aziende direttamente legate ad Israele.

Come hanno gestito le proteste queste università e quali accordi hanno raggiunto studenti in questi casi?

Le università hanno risposto in maniera diversa alle proteste. Per esempio la Columbia University ha cancellato la sua principale cerimonia di consegna dei diplomi [2], dichiarando espressamente che: “tenere una grande cerimonia di laurea nel nostro campus presenta problemi di sicurezza che purtroppo si sono rivelati insormontabili. “Come i nostri studenti, siamo profondamente delusi da questo risultato[3]”. L’università, nel prendere questa scelta, ha dichiarato di essersi consultata con i leader studenteschi per decidere come gestire la cerimonia di laurea. La maggior parte delle cerimonie minori, che dovevano svolgersi nel campus di Upper Manhattan, dove si è svolta la maggior parte delle proteste, si svolgeranno nel complesso atletico principale a circa 8 km di distanza[4].
Altre università hanno fatto appello alla polizia e alle forze dell’ordine. Solo negli Stati Uniti sono stati arrestati più di 2.000 studenti. Le proteste e le repressioni nei campus si sono diffuse anche in altre parti del mondo, dal Canada all’Australia, e in diverse nazioni europee. Poco dopo anche studenti di Oxford e Cambridge nel Regno Unito hanno allestito accampamenti. Tuttavia, anche se la tensione continua a salire in diversi campus, studenti e amministratori di alcune università sono riusciti a negoziare accordi che hanno accolto alcune delle richieste dei manifestanti[5].

Perché le proteste dei studenti universitari sono importanti?

Il concetto sacro di università come baluardo del discorso e dell’apprendimento non esclude e non può escludere la partecipazione ai dibattiti contemporanei, alle questioni politiche e a tutto ciò che di rilevante condiziona il nostro presente e il nostro futuro. Questo è ciò che gli studenti vengono preparati a condurre, ad avere. Uno spirito e uno sguardo critico sul mondo, sulle vicende che lontane e vicine potrebbero avere un’impatto su altri esseri umani, non necessariamente vicini. Le università insegnano, o dovrebbero insegnare, a delineare dinamiche umane, sviscerare rapporti di potere di un sistema più grande di noi. Dal Vietnam all’apartheid, fino all’omicidio di George Floyd, le università sono state a lungo luoghi di dibattito e di indagine aperti e talvolta infuocati. E ogni volta che le università stesse sono state percepite dagli studenti come complici nelle loro posizioni, sono state sfidate dalle loro comunità di studenti e insegnanti. Se l’università non è in grado di tollerare il calore, non può servire la sua missione primaria.
Nel corso della storia americana poi gli studenti e i docenti dei college e delle università hanno lottato per proteggere il loro diritto di pensare e parlare liberamente. Hanno svolto un ruolo importante nel sostenere le libertà di parola, stampa, riunione e petizione sancite, tra l’altro, dal Primo Emendamento. Oggi gli studenti che si battono per una Palestina libera hanno compreso e messo in atto un principio sacro ed intimo della democrazia: la capacità e la volontà di chiedere conto al potere.

Quali sono i compromessi raggiunti da università e manifestanti?

Per la maggior parte, gli accordi che hanno contribuito a calmare le tensioni hanno ruotato attorno ad alcuni temi comuni. Alcune università hanno accettato di disinvestire dalle aziende che hanno legami con Israele, mentre altre hanno dichiarato che prenderanno in considerazione le richieste e le porteranno avanti con gli organismi incaricati. In alcuni casi, le università hanno accettato di rendere noti i loro investimenti, senza impegnarsi a disinvestire.
Altre università, tra cui alcune che hanno ceduto sulle richieste di disinvestimento, hanno accettato di investire nella creazione di borse di studio ad hoc per ragazze e ragazzi palestinesi o nell’assunzione di nuovi docenti palestinesi nel tentativo di portare nei dibattiti, nei discorsi, nelle coscienze delle persone i soprusi che da decenni vivono i Palestinesi.
In cambio, gli studenti di questi campus hanno accettato di porre fine ai loro accampamenti. In alcuni casi, le università hanno scelto di non intraprendere alcuna azione per disperdere gli accampamenti, permettendo loro di continuare. Tra queste, la Wesleyan University nel Connecticut e la University of California, Berkeley.

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Dove si sta dirigendo il movimento di protesta degli studenti a favore della Palestina?

Perché il movimento per la Palestina guidato dagli studenti viene accolto con repressioni di tipo militare negli Stati Uniti? Negli Stati Uniti gli studenti continuano a subire detenzioni, sospensioni e altre punizioni per la loro solidarietà nei confronti della Palestine e del popolo palestinese. Il professore del MIT Michel DeGraff spiega come gli studenti stiano mettendo in pratica tutto ciò che hanno imparato su moralità, giustizia e liberazione. “Stanno creando un futuro migliore, un futuro di amore e di pace”, dice DeGraff.
Le proteste, che si sono sviluppate in tutto il mondo nei quasi sette mesi trascorsi dall’inizio della guerra a Gaza, continuano a diffondersi questa settimana anche al di fuori degli Stati Uniti. A Berlino, gli attivisti si sono accampati davanti al Parlamento per chiedere al governo tedesco di interrompere l’esportazione di armi verso Israele. Nella rinomata università Sciences Po della capitale francese, Parigi, venerdì i manifestanti hanno bloccato un edificio centrale del campus, costringendo a tenere le lezioni online. In Svezia  la gente ha marciato per le strade al grido di “Palestina libera” e “Boicottare Israele”.
Centinaia di persone si sono riunite nel centro di Londra in solidarietà con i palestinesi. La gente radunata in Parliament Square, appena fuori dalla sede del Parlamento, protesta a favore della Palestina nel cuore di Londra. Non solo nel cuore di Londra, ma nel cuore e nella coscienze delle popolazioni di tanti paesi, speriamo continui la lotta e la resistenza palestinese. Dall’inizio delle proteste infatti, alcuni paesi hanno avviato un processo di riconoscimento della Palestina come stato sovrano.

Conclusione

Questo mese, 143 dei 193 membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno votato a favore dell’adesione della Palestina all’ONU. Grazie anche alle proteste, alcuni stati europei come Spagna, Irlanda, e Norvegia hanno già avviato il processo per riconoscere ufficialmente lo stato della Palestina[6]. Nella speranza che questo processo non si fermi qui ma che veda tutta la comunità internazionale unita nel riconoscere uno stato che da troppo tempo lotta per la sua sopravvivenza.


Note

[1] Israel’s war on Gaza live news: Attacks intensify despite ICJ order, Al Jazeera, 25 maggio 2024, consultato al link: https://www.aljazeera.com/news/liveblog/2024/5/25/israels-war-on-gaza-live-news-end-this-nightmare
[2] With eyes on US college campuses, students stress: ‘Gaza is why we’re here, Al Jazeera,26 aprile 2024 consultato al link: https://www.aljazeera.com/news/2024/4/26/with-eyes-on-us-college-campuses-students-stress-gaza-is-why-were-here
[3]Columbia University cancels main graduation ceremony in wake of protests, Reuters, 8 maggio 2024, consultato al link:  https://www.reuters.com/world/us/columbia-cancels-university-wide-commencement-ceremony-after-protests-2024-05-06/#:~:text=Columbia%20University%20cancels%20main%20graduation%20ceremony%20in%20wake%20of%20protests,-By%20Julia%20Harte&text=NEW%20YORK%2C%20May%206%20(Reuters,smaller%2C%20school%2Dbased%20events.
[4] Columbia University cancels main graduation ceremony in wake of protests, Reuters, 8 maggio 2024, consultato al link:  https://www.reuters.com/world/us/columbia-cancels-university-wide-commencement-ceremony-after-protests-2024-05-06/#:~:text=Columbia%20University%20cancels%20main%20graduation%20ceremony%20in%20wake%20of%20protests,-By%20Julia%20Harte&text=NEW%20YORK%2C%20May%206%20(Reuters,smaller%2C%20school%2Dbased%20events.
[5] Columbia extends deadline to end Gaza war protest by 48 hours: All to know, Al Jazeera, 24 aprile 2024 consultato al link: https://www.aljazeera.com/news/2024/4/24/columbia-pro-palestine-protesters-face-deadline-to-clear-out-whats-next
[6] Mapping which countries recognise Palestine in 2024, Al Jazeera, 22 maggio 2024, consultato al link: https://www.aljazeera.com/news/2024/5/22/mapping-which-countries-recognise-palestine-in-2024


Foto copertina: proteste degli studenti pro-Palestina