L’Europa orientale vista da Bucarest


All’indomani dell’invasione del 24 febbraio, la Romania si trova sempre più stretta tra nemici storici, la Russia, e alleati il cui peso specifico sullo scacchiere dell’Europa orientale è in costante crescita, come la Polonia.


A cura di Matteo Montano 

La Romania sin dalla Rivoluzione che ha rovesciato il regime comunista di Nicolae Ceausescu ha progressivamente spostato il suo baricentro verso l’area euro-atlantica. Le tappe di questo riavvicinamento sono, ovviamente rappresentate dall’ingresso prima nella NATO, nel 2004 e, successivamente nell’Unione Europea nel 2007; mentre l’ingresso nell’area Schengen è stato bloccato dal veto dell’Austria al Consiglio Affari Interni dell’UE: secondo Vienna, attraverso Bucarest transita un flusso incontrollato di migranti che lederebbe la società austriaca. L’ingresso nell’area resta il principale obbiettivo di Bucarest. A partire dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la Romania si è trovata ad affrontare molteplici sfide di vitale importanza. L’establishment di Bucarest ha, però, una chiara direzione geostrategica in mente.

I nove di Bucarest

Il format dei “Bucharest Nine” è stato proposto per la prima volta dal presidente romeno Klaus Iohannis e dal suo omologo polacco Andrej Duda, durante un summit bilaterale il 4 novembre 2015[1]. Il format vuole proporsi come hub di confronto e pianificazione per rafforzare il fianco orientale della NATO, composto da Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia.
La formazione di tale format è (ovviamente) una risposta alla crescente situazione di rivalità con Mosca a seguito dell’annessione della Crimea e nell’inizio del conflitto nel Donbas dell’anno precedente. La caratteristica peculiare del gruppo di Bucarest è la loro comune eredità comunista che ha lasciato ferite e rancori nei vari strati delle società: basti ricordare la categoria di “terre di sangue”, coniata dallo storico Timothy Snyder per descrivere l’Europa centro-orientale. Durante gli anni il gruppo ha ottenuto sempre maggior risalto grazie alla presenza prima di Joe Biden, in videoconferenza nel 2021, e l’anno successivo anche del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg.
Il summit tenutosi il 22 febbraio 2023 a Varsavia ha avuto particolare risalto. Oltre alla storica presenza di Biden, dopo lo storico incontro con Zelenskij a Kiev, per Bucarest ha avuto fondamentale importanza la presenza anche della presidente europeista della Repubblica di Moldova Maia Sandu.

Moldavia: la repubblica “sorella”

Il 10 febbraio il primo ministro moldavo Natalia Gavrilita si è dimessa. Alla base di questo avvenimento pare esserci – oltre un non idilliaco rapporto con la presidente Sandu – anche uno shift nella priorità di Chişinău: la Moldavia, un tempo dipendente da Gazprom, è riuscita a trovare nuovi fornitori per quasi la totalità delle forniture energetiche (ora è fornita all’80% circa dal gasdotto Iasi-Ungheni), resta dunque ora, come focus strategico principale difendersi dalla minaccia ibrida russa. Questa si articola in due momenti: da un lato la propaganda colpisce la parte di popolazione moldava più sensibile al rincaro dei beni, mentre dall’altro i media russi paventano notizie, di dubbia verificabilità, di un eventuale attacco ucraino alle postazioni russe in Transnistria.
La situazione moldava è stato il punto fondamentale per gli interventi di Iohannis a Varsavia, essendo i due paesi accomunati da lingua e cultura. Ha richiamato l’attenzione sulle minacce russe e ha ribadito che la Romania resterà dalla parte moldava «in qualsiasi scenario». Il piano della Romania per tutelare la Moldova è ricorrere ad una maggiore integrazione nell’area europea: sia il primo ministro romeno Nicolae Ciuca che il presidente della Camera Marcel Ciolacu (che sarà il prossimo premier nell’ambito dell’accordo-staffetta della coalizione di maggioranza) hanno sottolineato l’importanza dell’integrazione nel mercato comune e proposto leggi ad hoc per dare sicurezza agli investimenti romeni in Moldova[2]. Per ringraziare il proprio alleato dell’impegno dimostrato, la presidente Sandu ha ricordato una battuta del ministro degli Esteri romeno Aurescu: «la Moldova è l’unico paese al mondo con due ministri degli esteri».

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Il sostegno incondizionato: Ucraina

Dall’inizio del conflitto in Ucraina la Romania ha da subito offerto il proprio sostegno. La Romania ha offerto sostegno economico e militare a Kiev ma è soprattutto sul lato umanitario che Bucarest si è trovata ad affrontare la prova più importante. Secondo le stime UNHCR, circa 2 milioni di profughi ucraini hanno attraversato il confine, dei quali quasi 150.000 sono rimasti sul territorio nazionale.
La nuova legge sulle minoranze linguistiche approvata dalla Rada ucraina il 13 dicembre 2022 ha suscitato forti reazioni nel panorama politico romeno. La legge sostanzialmente non modifica le ristrettezze adottate nel 2018 in ambito linguistico-culturale. Vengono mantenute le quote linguistiche per le minoranze: dal quinto al dodicesimo anno scolastico lo studente dovrà sostenere classi in lingua ucraina senza aver la possibilità di scegliere quali.
Le reazioni politiche romene non hanno tardato a manifestarsi. In primis il presidente Ioannis in una chiamata con Zelensky ha espresso le sue perplessità evidenziando la disparità di trattamento della minoranza romena in Ucraina con quella ucraina in Romania[3]. A livello istituzionale, il MAE ha pubblicato una nota il 22 dicembre attraverso cui ha evidenziato due criticità: la non consultazione né della Commissione di Venezia né di rappresentanti della comunità romena in Ucraina. Il presidente Ioannis però in occasione del Vertice del Consiglio Europeo ha ribadito il sostegno all’Ucraina e Zelenskij ha fornito assicurazioni al suo omologo romeno in merito alla questione della minoranza. Lo stesso ministro degli esteri Aurescu ha ribadito poi il sostegno a Kiev in occasione del Consiglio Affari Esteri[4]. Successivamente, è stata fatta approvare all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa una mozione che invita Kiev a rivedere la legge con il supporto della Commissione di Venezia[5].
In seguito al summit UE-Ucraina del 24 gennaio è stato pubblicato un comunicato congiunto in cui «the EU and Ukraine reiterated their commitment to fully respect the rights of persons belonging to minorities, […] . In this regard, Ukraine will continue to consult and cooperate with the Venice Commission and will pursue the ongoing substantive dialogue with representatives of persons belonging to minorities, including on related legislation.»[6].
La reazione dei politici romeni è forte, ma analisti come Matei Blănaru, ricercatore presso il CSSR dell’Università di Bucarest,  sostengono che la legge è figlia delle condizioni straordinarie imposte dalla guerra ed è principalmente diretta contro la minoranza russa essendo quella di gran lunga maggioritaria in Ucraina. Blanaru sostiene la necessità di inviare “segnali” a Kiev, non interrompendo il sostegno all’Ucraina ma assumendo una postura ben più decisa rispetto a quella tenuta fino ad ora (fatta di una blanda nota del MAE). La relazione, sostiene, non può essere unilaterale. Il rischio sarebbe quello di perdere la possibilità di riconciliare a pieno le due società[7].
Le criticità non hanno tardato a manifestarsi: sempre nel mese di febbraio un irritant è emerso tra i due stati in merito al dragaggio del fiume Bastroe, un affluente sul delta del Danubio, secondo Bucarest superiore ai 3,5 metri di profondità consentiti per tutelare la biodiversità del luogo.
La vicenda del canale di Bastroe ha provocato forti reazioni a Bucarest. All’opposizione, il partito nazionalista Aur ha dichiarato di ritenere insufficienti l’atteggiamento di Iohannis in merito alla situazione, il quale aveva dichiarato che non era il momento adatto per creare contenziosi con l’Ucraina. Il sostegno a Kiev resta comunque indiscusso, come ribadito dallo stesso presidente in occasione del summit a Varsavia dove Iohannis ha dichiarato che sostenere l’Ucraina significa sostenere la sicurezza della Romania: lo stesso Ciuca ha dichiarato che Bucarest ha fatto il possibile per mantenere un basso profilo in merito alla questione Bastroe e non suscitare polemiche ulteriori con Kiev. Sulla stessa scia si è nuovamente espresso il premier Ciuca: sebbene ci siano informazioni secondo le quali il dragaggio nel canale supera i 3,5 metri di profondità, il premier ritiene che la questione non debba assumere colori politici ma deve essere risolta nelle sedi istituzionali appropriate. La Commissione europea è stata dunque informata. 
In occasione dell’anniversario dell’invasione russa, il governo tutto ha ribadito il suo sostegno ancora una volta. Iohannis ha inviato un messaggio in cui ribadisce che il sostegno a Kiev durerà fino a quando sarà necessario, sulla stessa scia il premier Ciuca ha ricordato il sostegno offerto dalla società romena all’Ucraina. Ciolacu invece ha invece ringraziato l’esercito romeno e quello dei propri alleati della NATO in occasione della sua visita alla base militari Mihail Kogalniceanu tenutasi venerdì 24 febbraio.  

Conclusione

Secondo analisti come Armand Gosu, Bucarest sembra aver perso il “confronto” con Varsavia per la leadership del fianco orientale della NATO (Romania e Polonia sono i fondatori del format B9). Pertanto la Romania vorrebbe riacquisire una postura più decisa per quanto riguarda la situazione venutasi a creare in Moldova ergendosi a principale interlocutore euro-atlantico e tutelando i propri interessi strategici più immediati: valga come esempio la proposta al CAE di imporre sanzioni a coloro i quali minacciano la stabilità moldava. Difatti, durante la visita della Sandu a Bucarest è stato ribadito il sostegno reciproco tra i due Stati, malgrado la presidente Sandu abbia visitato prima Varsavia che Bucarest, anche se non in occasione di un incontro bilaterale. Un nuovo protagonismo e una maggiore collaborazione diretta con gli Usa porterebbe vari vantaggi alla Romania tra i quali una possibile strategia americana proiettata verso il Mar Nero attraverso Costanza come sottolineato dall’intervento del presidente Iohannis al summit tenutosi a Varsavia, oltre ai richiami di rafforzare la Nato e il fronte orientale in generale. Per quanto riguarda il rapporto con Kiev, Bucarest non mette in dubbio il suo sostegno a fronte dell’invasione russa. Tuttavia, sia questioni che hanno radici nel XX secolo, come la questione della minoranza romena in Ucraina, sia la volontà romena di non ritrovarsi partner di secondaria importanza agli occhi di Washington e divenire quindi una potenza regionale di secondaria importanza, hanno prodotto delle “frizioni” con l’Ucraina e il manifestarsi talvolta di un innalzamento di toni da parte di Bucarest in occasione della questione Bastroe.


Note

[1] S. Gerasymchuk, Bucharest Nine: Looking for Cooperation On NATO’s Eastern Flank?, Friedrich Ebert Stiftung
[2] https://www.digi24.ro/stiri/actualitate/politica/ciolacu-dupa-intalnirea-cu-maia-sandu-parteneriatul-cu-republica-moldova-va-fi-inclus-in-viitorul-program-de-guvernare-2262301 [3] https://evz-ro.translate.goog/intalnire-iohannis-zelenski-la-summitul-de-la-bruxelles-presedintele-romaniei-vom-continua-sa-sprijinim-ucraina.html?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp
[4] ibidem
[5] https://adevarul-ro.translate.goog/politica/psd-apce-comisia-venetia-lege-minoritati-ucraina-2237501.html?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp
[6] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2023/02/03/joint-statement-following-the-24th-eu-ukraine-summit/
[7] https://adevarul.ro/blogurile-adevarul/romania-ucraina-limba-si-respectul-reciproc-2234705.html


Foto copertina: Future of Europe plenary debate with the President of Romania, Klaus Iohannis©EU 2018 – EP