“Oro verde” come possibile Conflict Commodity: la criminalità organizzata in Messico non è solo narcotraffico


Il boom del mercato degli avocado ha tolto dalla fame moltissime famiglie del Messico rurale, ma al contempo ha avuto l’effetto collaterale di attrarre i cartelli della droga, che hanno visto un’enorme opportunità di profitto.
Per questa ragione l’avocado potrebbe essere considerato il nuovo ‘conflict commodity’. A questo punto sorge il dibattito sull’ethos: continuare a comprare ‘avocado insanguinati’?


 

Introduzione

L’idea secondo la quale sia necessario scegliere con consapevolezza ciò che si acquista non è troppo estranea alla nostra epoca. In virtù di questa nuova coscienza, seppure ancora molto embrionale, delle implicazioni ambientali, salutari ed umane molti consumatori tentano di acquistare prodotti il meno ‘impattanti’ possibile. Iniziamo a pensare a tutta una serie di questioni, domandandoci: “da dove proviene questo prodotto?”, “è stato coltivato eticamente?”, “la terra è stata sovrasfruttata?”, “i lavoratori che l’hanno prodotto hanno visto rispettati i loro diritti?”. Se da un lato questo abbozzo di responsabilizzazione del consumatore potrebbe essere considerato un passo in avanti nella direzione di acquisti più consapevoli, dall’altro risulta sempre più difficile districarsi tra il profluvio di fattori che influiscono sull’ “eticità” di un dato bene di consumo, soprattutto perché molto spesso se un prodotto è sostenibile ‘da un lato’ non lo è ‘da un altro’.
Per portare un esempio: la soia è utilizzata moltissimo nell’alimentazione vegana (e non solo), che si propone di eliminare il consumo di cibo, e più in generale beni, di derivazione animale. Ma dal punto di vista ambientale le coltivazioni di soia hanno un impatto molto alto, dato che la sua destinazione primaria è per l’alimentazione di bovini e altri animali da pascolo (il cui allevamento intensivo sappiamo essere una delle principali cause di danni all’ecosistema).
Per questa ragione enormi aree vengono disboscate per far spazio alla soia. Oppure possiamo pensare all’avocado, specie arborea da frutto raccomandata da dietisti perché alimento con un alto contenuto nutrizionale e perché fonte di grassi sani, e quindi potenzialmente un buon candidato per finire sulle nostre tavole. Se non fosse per il fatto che il mercato degli avocado, in particolar modo quello messicano, è per lo più in mano ai cartelli che precedentemente erano coinvolti nel narcotraffico.
Il dibattito sulla sostenibilità è complesso e multifattoriale, e per questo dovrebbe prendere la forma di un’analisi a tutto tondo che non lasci inesplorate le varie sfaccettature del problema. E’, quasi sempre, più facile a dirsi che a farsi.
Proviamo a fare del nostro meglio per scegliere ciò che faccia meno male al mondo ma in un modo o nell’altro salta sempre fuori qualcosa che ci suggerisce che ciò che acquistiamo non è mai esente da dinamiche perverse e mai del tutto fair. Dani Rodrik direbbe che c’entra qualcosa l’iperglobalizzazione e il “fondamentalismo mercatista”.

Dai cartelli della droga a quelli degli avocado: diversificazione del crimine organizzato in Messico

Ponendo il focus della questione sul mercato degli avocado, il boom delle coltivazioni si è verificato tra il 2001 ed il 2018, periodo durante il quale il consumo annuale negli Stati Uniti è passato da 1 kg a persona a quasi 3,5 kg. Con un valore di mercato pari a 2,4 miliardi di dollari.[1] Gli americani iniziavano ad innamorarsene. Dal momento in cui si è verificata la rapida crescita dell’export un numero considerevole di famiglie del Messico è riuscita a sollevarsi dallo stato di povertà, riducendo di riflesso il bisogno di migrare al di là del Rio Grande, verso gli Stati Uniti.                                                                                                                                                Il Messico è considerato il primo esportatore mondiale, seguito da Paesi Bassi e Perù. La gran parte degli avocado messicani finisce negli US (nonostante la produzione locale in Florida e in California, le cui capacità produttive sono tuttavia sature). Più nello specifico, lo stato del Michoàcan, ed in particolar modo la città di Uruapan, si è vista protagonista di questa vicenda: frequentissime piogge ed un suolo fertile di origine vulcanica sono stati i fattori chiave che hanno permesso a questo luogo di essere il miglior candidato per la produzione di avocado[2].
In più, esso è attualmente l’unico stato messicano che ha il permesso ad esportare negli US.
Se da una parte la creazione di nuovi posti di lavoro derivanti da questo business ha permesso ad un numero non trascurabile di persone di sostentarsi in maniera più dignitosa dando loro una paga di gran lunga più alta comparata a quella media[3], l’altra faccia della medaglia è che il mercato ha attirato l’attenzione dei cartelli del narcotraffico messicano, che hanno iniziato a chiedere estorsioni ai coltivatori, esigendo un tassa per ogni kilo esportato. Essi si occupano di estorsione ma anche di coltivazione diretta, solitamente su appezzamenti di terra strappati a piccoli coltivatori locali o ricavati da foreste protette.

Ciò che si verifica in Messico è una diversificazione del crimine organizzato: a Guanajuato i cartelli hanno trovato terreno fertile profittando del controllo per l’accesso alla benzina, a Guerrero invece alle miniere d’oro e il controllo dei prezzi dei prodotti da supermercato. Una delle cause va ricercata nella guerra ai narcotrafficanti dichiarata dal governo messicano nel 2006. Tuttavia, la risultante fu quella di fratturare i vari cartelli in gruppi più esigui che si iniziarono ad aggrappare anche alle più piccole opportunità criminali. L’effetto indesiderato della risposta governativa fu esasperare la violenza anziché smorzarla.

Tra i vari cartelli si possono annoverare Las Viagras, Zicuiràn, ma in particolar modo Jalisco New Generation (CJNG). Falco Ernst, un analista esperto dell’International Crisis Group sul Messico, afferma che la faccenda è più complicata di così. Esiste in realtà un microcosmo di sottogruppi che operano nella regione del Michoàcan, alleati ai quattro cartelli principali e che cambiano praticamente ogni settimana.

It’s not only avocados. Mexican organised crime has long mutated away from ‘just’ drugs trafficking,” […] “Today, the model is this: you control a given territory, and within in it you exploit whichever commodity is locally available. That includes avocados, but also limes, papayas, strawberries, illegal logging and mining, to name but a few”.[4]                                                                        

Ernst afferma inoltre che boicottare gli avocado messicani non sia la soluzione, dato che si tratta di un settore che da sostentamento a moltissime famiglie innocenti. A sua detta, ciò che i consumatori dovrebbero fare sarebbe far sentire la loro voce alle compagnie da cui comprano il cibo e non sottostare alla legge del silenzio dinanzi agli abusi di diritti umani che avvengono in molte regioni produttrici del sud. Infine, gli Stati Uniti potrebbero diversificare le aree di importazione dal Messico, permettendola laddove prima non era consentita, invece attualmente questa è permessa solo in specifiche municipalità.[5]
Un altro gruppo di analisi sui rischi ha affermato che gli avocado messicani rischiano di diventare il prossimo ‘conflict commodity’, alla stregua dei ‘diamanti insanguinati’ in Angola e Sierra Leone e i minerali in Congo[6]
In più, l’attività dei cartelli ha reso ancora più gravosi i problemi ambientali della zona anche a causa della deforestazione illegale.
Dalla coltivazione al trasporto, violenza e corruzione pervadono l’intera filiera: associazione ad omicidi, schiavitù moderna, sfruttamento infantile e degradazione ambientale rappresentano l’emblema caratterizzante la criminalità messicana.

Qualche correlazione con il declino del mercato dell’oppio negli Stati Uniti

Anche se in statistica si afferma che ‘correlation is not causation’ (o reso con un latinismo: cum hoc ergo propter hoc), cioè il fatto che due fenomeni siano correlati non implica che ci sia necessariamente un nesso di causalità tra i due, possiamo comunque affermare che ci sia un legame, una correlazione indiretta tra crollo del mercato dell’oppio (basti ricordare la mostruosa crisi causata dall’OxyContin[7]) e la fioritura di quello dell’avocado. Una dinamica particolare che si è verificata negli US e che ha in qualche modo contribuito al boom del mercato degli avocado è stato il declino del consumo di eroina, che è stata sostituita con il fentanyl, portando gli agricoltori messicani a soverchiare il mercato del narcotraffico. Sappiamo che il Messico è la fonte principale di eroina trafficata negli Stati Uniti, con una produzione di papaveri da oppio pari a 75,000 acri nel 2017.[8]
Ma la dipendenza da eroina è stata surclassata da quella da fentanyl, un oppiode sintetico ultra potente spesso prodotto in China, e in particolar modo a Wuhan. Come risultato, i prezzi di mercato dell’oppio sono scesi da 1,300 dollari al kg a 200 dollari.[9]                                                        

“The fentanyl crisis has been responsible for tens of thousands of deaths in the US. But it also seems likely to bring about what half a century of the militarized war on drugs has been unable to achieve: forcing impoverished farmers in rural Mexico to abandon the narcotics trade”.[10]

In passato, il boom dei papaveri da oppio a La Montaña fu il risultato di mancanza di alternative: la gente non vedeva l’eroina (la goma, in messicano) come un problema criminale ma come una mera questione di sopravvivenza.

I gruppi criminali sono inoltre avvantaggiati dal fatto che il grado di enforcement delle leggi in Messico è molto basso, e quindi appena si presenta un’opportunità essi la colgono. Hanno un’impressionante capacità di investire ed entrare in nuove aree di attività, se motivati da un margine di profitto elevato.

Conclusioni

Se su ogni confezione commercializzata di avocado ci fosse scritto che è composto anche da omicidi, corruzione, lavoro forzato e degradazione ambientale ogni tentativo di districarsi tra le possibili scelte di acquisto diventerebbe superfluo. Caldeggiare il sabotaggio del mercato di avocado provenienti dal Messico avrebbe come conseguenza quella di mettere in ginocchio, ancora una volta, la popolazione locale, che si vedrebbe costretta a trovare ancora nuovi modi per sopravvivere al feroce contesto circostante.
Ciò che risulta manifesto alla luce di questo fenomeno è che l’eccessiva dipendenza accordata all’esportazione di determinati beni rende alcuni paesi estremamente vulnerabili a qualasisi cambio di paradigma consumistico che occorre in un altro paese, così come accade per il Messico e gli Stati Uniti.
E’ inoltre eloquente che il supporto, il silenzio, e l’incapacità delle autorità locali (e non solo) nel gestire la situazione dia man forte ai cartelli che parassitano ai danni delle comunità del posto.
Se è vero che la popolarità del guacamole ha conquistato (quasi) chiunque, è possibile affermare sia falso che il suo consumo promuove dinamiche delle quali spesso non riusciamo ad essere consapevoli perché troppo lontane dai nostri occhi?


 Note

[1] https://www.latimes.com/world-nation/story/2019-11-20/mexico-cartel-violence-avocados
[2] Ivi
[3] Ivi
[4]https://www.theguardian.com/global-development/2019/dec/30/are-mexican-avocados-the-worlds-new-conflict-commodity
[5] Ivi
[6] Ivi
[7] Per approfondire, Questa è l’America (2020), Francesco Costa.
[8] https://www.theguardian.com/world/2019/may/02/fentanyl-use-could-end-the-opium-era-in-mexico-the-only-crop-that-paid
[9] Ivi
[10] Ivi


Bibliografia:

Francesco Costa (2020), Questa è l’America, Mondadori.
https://www.theguardian.com/global-development/2019/dec/30/are-mexican-avocados-the-worlds-new-conflict-commodity
https://www.latimes.com/world-nation/story/2019-11-20/mexico-cartel-violence-avocados
https://www.nytimes.com/2020/03/02/opinion/avocados-drug-cartels-mexico.html
https://www.theguardian.com/world/2019/may/02/fentanyl-use-could-end-the-opium-era-in-mexico-the-only-crop-that-paid
https://www.occrp.org/en/daily/10798-four-mexican-cartels-battling-for-control-of-avocado-trade#:~:text=Michoacan’s%20top%20prosecutor’s%20office%20says,growing%20industry%2C%20according%20to%20Clarin.


Foto copertina: Una donna prepara un sacchetto di avocado a Città del Messico. Fotografia: Nick Wagner / AP

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