Ridare dignità al parlamento


La sfiducia dei cittadini nei confronti della politica è stata alimentata anche dalla impossibilità per i cittadini elettori di scegliere i propri rappresentati al Senato e alla Camera.
Per tali ragioni alcuni giuristi hanno proposto alcune modifiche all’attuale legge elettorale.


La riduzione del numero dei parlamentari avvenuta all’indomani dell’approvazione da parte del corpo elettorale del referendum costituzionale nel 2020 ha prodotto un’alterazione del sistema dei pesi e dei contrappesi, generando un deficit di rappresentatività del Parlamento allorché non si è pensato di introdurre una serie di correttivi ai meccanismi elettorali che prevedono candidature bloccate ed in più collegi. In questo contesto alcuni costituzionalisti di diverse Università italiane hanno presentato a febbraio una proposta di legge che intende restituire dignità al principio di rappresentatività prevedendo delle modifiche puntuali all’attuale normativa in materia elettorale. Per approfondire i punti salienti e lo spirito della proposta, abbiamo parlato con il prof. Alessandro Morelli, ordinario di diritto pubblico all’Università di Messina e tra i promotori di questa importante iniziativa.

La progressiva sfiducia nei confronti della politica si è sostanziata negli ultimi venti anni in una scarsa partecipazione al voto da parte da parte del corpo elettorale. Secondo lei che ruolo ha giocato in questo distacco fra istituzioni e cittadini, il meccanismo di designazione dei rappresentanti?
“Fermo restando che l’astensionismo, com’è noto, è un fenomeno ricorrente nelle liberaldemocrazie contemporanee, si può ragionevolmente affermare che la scarsa fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche dipenda da diversi fattori, tra i quali rientra anche il metodo di elezione delle Camere. Dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso si è pensato di superare le patologie del sistema politico mutando le regole elettorali, nella convinzione che il passaggio dal proporzionale al maggioritario avrebbe garantito una maggiore stabilità di governo e restituito effettività ai meccanismi di sanzione della responsabilità politica. Ovviamente una riforma elettorale non poteva e non può bastare: occorrono mutamenti ben più profondi, riguardanti l’organizzazione istituzionale, che a loro volta richiedono importanti processi culturali. Al cambio della legge elettorale non si è accompagnata, tuttavia, alcuna trasformazione della forma di governo, anche se qualche sfortunato tentativo in tal senso è stato compiuto. Sotto il vigore della legge 276 del 1993, che prevedeva un sistema misto, prevalentemente maggioritario, si sono avvicendati ben otto governi nell’arco di tre legislature, una delle quali – la XII – interrottasi anticipatamente nel 1996. Non proprio una fase caratterizzata da un apprezzabile livello di stabilità. Il che avrebbe già dovuto indurre a dubitare dell’efficacia delle modalità di realizzazione di una democrazia maggioritaria e forse anche della stessa adeguatezza di un simile modello al contesto politico-culturale italiano. A partire dalla legge 270 del 2005 le maggioranze parlamentari hanno cominciato a intervenire sulle leggi elettorali nel tentativo di condizionare a proprio vantaggio le successive elezioni.”

La legge 270 del 2005 ha subito un giudizio di illegittimità da parte della Corte costituzionale in particolare per due aspetti: premio di maggioranza e liste bloccate.
“Quanto al primo aspetto, la censura d’incostituzionalità è stata motivata in ragione del fatto che, per come era strutturato, il premio di maggioranza, alla Camera, rischiava di produrre una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, consentendo a una lista che avesse ottenuto un numero di voti anche piuttosto esiguo (ma comunque maggioritario) di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. Un meccanismo così strutturato provocava, pertanto, una distorsione fra voti espressi e seggi attribuiti, tale da compromettere la stessa compatibilità del sistema con il principio di eguaglianza del voto. Anche per il Senato, il premio di maggioranza è apparso irragionevole alla Corte per i medesimi motivi e, in più, per il fatto che l’attribuzione su base regionale era idonea a produrre maggioranze costituenti il risultato casuale di una somma di premi regionali, il che favoriva la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, nonostante una distribuzione del voto complessivamente omogenea.  Per quanto riguarda le liste bloccate, i giudici di Palazzo della Consulta hanno chiarito, in quella stessa sentenza, che per entrambi i rami del Parlamento il voto dell’elettore aveva a oggetto una lista nella quale l’ordine dei candidati era deciso dai partiti e, peraltro, l’ampio numero dei candidati, in alcuni casi, era tale da renderli difficilmente conoscibili dall’elettore. A causa della possibilità di candidature multiple (ossia dello stesso candidato in più collegi) e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito, anche l’aspettativa dell’elettore che contasse su un certo ordine di lista rischiava di essere delusa. Con la conseguente lesione dei principi di democraticità e di libertà del voto.”

Dopo la sentenza del 2014, è stata approvata la legge elettorale 52 del 2015, anch’essa parzialmente annullata dalla Corte costituzionale (con sentenza 35 del 2017). Anche in quella occasione sono stati evidenziati dei profili di illegittimità.
“La Consulta ha ritenuto illegittimo sia il ballottaggio previsto da quella disciplina poiché, per come era congegnato, determinava un effetto distorsivo analogo a quello del precedente sistema elettorale, sia le norme che consentivano al capolista eletto in più collegi di scegliere il proprio collegio d’elezione. L’attuale legge elettorale – la n. 165 del 2017 – prevede un sistema elettorale misto, che attribuisce il 37 per cento dei seggi con il maggioritario e il restante con il proporzionale e contempla una serie di clausole di sbarramento. Se questa legge dovesse rimanere in vigore senza correttivi, la sua applicazione al nuovo Parlamento, numericamente ridotto per effetto della legge costituzionale n. 1 del 2020, potrebbe produrre, com’è stato autorevolmente sottolineato dal Presidente emerito della Corte costituzionale Gaetano Silvestri, un “effetto iper-maggioritario”, determinando una sovra-rappresentazione della maggioranza elettorale. Ciò, innanzitutto, per l’operare delle cosiddette “soglie implicite”, ossia i livelli minimi di preferenze necessari per entrare in Parlamento, livelli che, con la drastica riduzione del numero dei parlamentari, si sono notevolmente innalzati, il che provocherà l’estromissione dalle Camere di diverse forze politiche. Ed effetti ancor più distorsivi si produrranno, com’è evidente, al Senato, dato il numero esiguo dei componenti di tale organo. A ciò si devono aggiungere gli effetti deleteri delle liste bloccate e delle candidature multiple, su cui pure si è già pronunciata la stessa Corte costituzionale. Appare evidente come un siffatto sistema scoraggi l’esercizio del diritto di voto, dato il deficit di rappresentatività delle Assemblee elettive che esso determina e le lesioni che ai principi di eguaglianza e libertà del voto stesso arreca.”  

La proposta di cui è promotore con altri insigni studiosi fornisce due modifiche “puntuali”, l’eliminazione delle liste bloccate e delle candidature multiple, divenute più urgenti secondo il vostro punto di vista, dopo che la riforma costituzionale, peraltro approvata a larghissima maggioranza, ha ridotto a 600 il numero complessivo di deputati e senatori. Questi due correttivi riusciranno a garantire stabilità e rappresentatività?
“La stabilità non può essere garantita esclusivamente dal sistema elettorale ma dipende anche, e soprattutto, da diversi altri fattori, tra cui elementi extragiuridici attinenti alla cultura politica. Un ruolo fondamentale deve essere riconosciuto, al riguardo, al sistema dei partiti, che – com’è noto – attraversa da tempo una crisi epocale; ma si deve anche tenere conto, sul versante istituzionale, dei meccanismi di funzionamento della forma di governo. Gli interventi chirurgici che si sono pensati, consistenti nella eliminazione del meccanismo delle “liste bloccate” e nell’introduzione del voto di preferenza, nonché nella previsione del divieto di candidature multiple, mirano a incidere più che altro sulla rappresentatività delle Camere che, per i motivi che ho detto sopra, in questo momento appare carente.”  

Il meccanismo delle preferenze viene sovente accusato di essere foriero di voto di scambio oltreché favorire quei soggetti che hanno maggiori capacità organizzative. Cosa pensa a tal riguardo?
“Si tratta di argomenti per nulla convincenti e appartenenti ad una mitologia riformista che troppi danni ha provocato finora. Innanzitutto, il meccanismo delle preferenze è previsto, al momento, dai sistemi elettorali di tutti i livelli istituzionali (per le elezioni del Parlamento europeo, per quelle regionali e per quelle comunali). Non si comprende, quindi, perché i difetti di tale sistema dovrebbero scoraggiarne l’adozione esclusivamente per le elezioni parlamentari: se il meccanismo delle preferenze è davvero criminogeno e se, come taluni sostengono, agevola i candidati che dispongano di maggiori risorse, perché mantenerlo per tutti gli altri sistemi elettorali ed escluderlo soltanto per le elezioni parlamentari? Al contrario, il voto di preferenza restituisce valore ed effettività alla scelta elettorale. Le patologie non costituiscono argomenti idonei a impedirne l’adozione, ma vanno affrontate con i mezzi adeguati e, innanzitutto, con quelli della prevenzione e della repressione penale, per quanto riguarda gli episodi di corruzione. Non sembra, peraltro, che l’eliminazione delle preferenze abbia sortito effetti apprezzabili nella stessa lotta alla corruzione (fermo restando che, stando a questa tesi, il mantenimento delle preferenze per le altre competizioni elettorali denoterebbe scarsa attenzione istituzionale per la regolarità di queste ultime). Le conseguenze deleterie dell’elevato costo delle campagne elettorali, d’altro canto, possono essere agevolmente fronteggiate prevedendo, per legge, limiti di spesa eguali per tutti. Le liste bloccate e le candidature multiple sono meccanismi distorsivi che assicurano un potere eccessivo alle segreterie dei partiti, impedendo, allo stesso tempo, il fisiologico funzionamento dei meccanismi sanzionatori della responsabilità politica. La presenza nella lista di un candidato in posizione utile all’elezione, infatti, dipende dalla fedeltà del candidato stesso al leader del partito e così, in tale regime, l’elezione e l’eventuale rielezione cessano di dipendere da ragioni meritocratiche e dalla rispondenza dell’operato dell’eletto al gradimento degli elettori. Il meccanismo delle candidature multiple, poi, lede il contenuto essenziale del principio di affidamento elettorale, condizionando gli esiti del voto in base alle direttive dei partiti.”

Con l’attuale sistema elettorale i leader di partito sono titolari di un potere enorme nel determinare l’elezione di un candidato piuttosto che di un altro, indipendentemente dalla volontà degli elettori, incidendo in maniera determinante sul principio di sovranità popolare sancito dall’art. 1 Costituzione. Le primarie di partito potrebbero rappresentare un contrappeso a tale potere decisionale?
“Le primarie potrebbero compensare, anche solo in parte, lo straordinario potere decisionale dei leader di partito, assicurato dai meccanismi di cui stiamo parlando, se però si svolgessero con adeguate garanzie di regolarità e trasparenza. Occorrerebbe una disciplina generale in materia, la cui approvazione, tuttavia, appare, al momento, un’impresa davvero ardua. Si entra qui nello spinoso tema della legge sui partiti, che sola potrebbe garantire quell’organizzazione democratica degli stessi in grado di restituire alle formazioni politiche quel ruolo di mediatori tra istituzioni elettive e società civile che esse sono chiamate a svolgere nella democrazia rappresentativa.”

Da quando avete presentato questa proposta di modifica della legge elettorale quali reazioni avete riscontrato negli schieramenti politici?
“Abbiamo presentato la proposta in una conferenza stampa alla Camera ed inviato il testo, corredato da una relazione di accompagnamento, a tutti i capigruppo di Camera e Senato. Proposta di legge e relazione sono ora disponibili sul sito del Laboratorio per le riforme, un think tank che si occupa di studiare ed elaborare proposte di riforme istituzionali (www.labriforme.info). Le forze politiche, tuttavia, non hanno mostrato alcun interesse per la nostra iniziativa. Si parla tanto di proporzionale e di maggioritario ma sembra che sul mantenimento delle liste bloccate e delle candidature multiple ci sia un (tacito) consenso trasversale.”


Foto copertina: Parlamento italiano