L’offensiva ucraina nella regione di Kursk


Cosa ci dice sullo stato del conflitto?


A cura di Shary Mitidieri

Introduzione

Nel 1999, il film Magnolia attirò l’attenzione della critica cinematografica: le singole – e apparentemente insignificanti – decisioni prese dai componenti di un cast corale lega i personaggi sempre più strettamente gli uni agli altri, portando a un finale decisamente parossistico. È chiaro che, nella realtà, i tasselli raramente cadano perfettamente in posizione come quando sono guidati dalla mano di uno sceneggiatore. Questo, tuttavia, non implica che eventi di portata limitata non possano avere risonanza più ampia, date le giuste condizioni e un’accurata pianificazione.
A ben guardare, l’offensiva ucraina a Kursk, cominciata il 6 agosto 2024, sembra proprio uno di quei casi in cui fini, modi e mezzi finiscono per allinearsi, favoriti da una serie di ponderate decisioni le cui conseguenze convergono per produrre risultati su una scala più ampia. L’incursione di forze ucraine su territorio russo ha avuto effetti su molti domini: sotto l’aspetto militare, rappresenta uno sviluppo interessante che permette allo stesso tempo di sollevare il morale delle forze ucraine e di restituire ai partner internazionali fiducia nella capacità di Kiev di difendersi (e di contrattaccare, per l’appunto). Dal punto di vista politico-diplomatico, potrebbe contribuire a migliorare la posizione dell’Ucraina a un eventuale tavolo di pace – nonostante il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Dmitrij Medvedev abbia recentemente escluso la possibilità di negoziati.[1] Inoltre, ha permesso di cucire una nuova narrativa della resistenza addosso a Kiev, dopo mesi di incertezza sul proseguimento del supporto occidentale e di stanchezza da parte dell’opinione pubblica, sia ucraina che euro-atlantica.
Considerando questi sviluppi e le loro implicazioni, questo articolo non vuole essere un resoconto esaustivo di quanto succede sul terreno – tanto più che la situazione muta molto velocemente, rendendo difficile pretendere di poter effettuare analisi di profondità – ma un’occasione per riflettere sul significato dell’operazione e su alcuni dei suoi possibili significati per il conflitto nel suo complesso.

Il significato militare dell’offensiva: lezioni apprese e questioni di principio

Da un punto di vista puramente quantitativo, il fatto che l’Ucraina controlli un territorio delle dimensioni di New York City non è particolarmente sorprendente, se pensiamo che la Russia occupa l’11% di tutte le terre emerse. Tuttavia, l’impatto dell’offensiva a Kursk può essere meglio stimato in termini qualitativi: in poche parole, il fatto che le forze armate ucraine siano riuscite a occupare e controllare qualsiasi parte di territorio russo costituisce un fatto nuovo nel conflitto, che merita di essere analizzato.
Un’importante novità non sta solo nell’aver colto di sorpresa l’avversario, ma anche i partner. Non sembra, infatti, che l’operazione fosse concordata con la NATO.[2] Inoltre, meno di tre settimane prima dell’inizio dell’incursione, Jack Watling, ricercatore senior presso il Royal United Services Institute, aveva concluso che “per l’Ucraina, i tempi necessari per rigenerare le capacità offensive di combattimento non permettono di prevedere operazioni d’attacco nel prossimo futuro.”[3]
Per conseguire questo risultato, le forze ucraine hanno dovuto superare diverse criticità che lo stesso Watling aveva riportato rispetto all’offensiva condotta nel corso del 2023. Non solo Kiev era stata allora incapace di sfruttare l’effetto sorpresa, ma aveva incontrato difficoltà sia nel reperire che nell’impiegare personale scelto e bene addestrato. In questo caso, sembra invece che le forze impiegate a Kursk fossero meglio preparate, e che abbiano beneficiato sia dell’addestramento ricevuto dai Paesi NATO che da una capacità di apprendimento e adattamento che forse solo una guerra per la sopravvivenza può ispirare.[4] L’inadeguata pianificazione che non aveva permesso di mantenere elevato il ritmo delle operazioni è stata sostituita da una più agile capacità di manovra. Certo, rimangono alcuni problemi strutturali – come la mancanza cronica di munizioni e personale da reclutare – ma sinora l’operazione di Kursk è riuscita a ovviare a queste mancanze.
Per parte loro, le forze armate russe hanno faticato a mantenere e a dimostrare controllo e rapidità di reazione. Il fatto stesso che sia stato possibile per l’Ucraina condurre un’incursione in territorio russo dovrebbe far alzare un sopracciglio rispetto allo stato dell’intelligence militare di Mosca. Per giunta, il personale militare incaricato di rispondere effettivamente all’incursione è risultato poco e male addestrato[5] e numerose sono state le diserzioni e i casi riportati di soldati russi avvistati a saccheggiare le case dei propri compatrioti.[6]
Ciò che si potrebbe leggere fra le righe – e sicuramente gli amici di Kiev non mancheranno di farlo – è che le forze armate russe, pur potendo combattere un conflitto su vasta scala e di lunga durata, non sono in effetti in grado di assolvere al loro compito fondamentale: proteggere i confini della nazione.
A dire il vero, l’offensiva di Kiev non è priva di criticità: in primo luogo, almeno dal punto di vista militare, attaccare i campi di aviazione russi si è sinora rivelato maggiormente vantaggioso,[7] dal momento che ha permesso di ridurre la pressione delle forze aeree sulle difese ucraine lungo l’estesa linea di contatto. Inoltre, la Federazione Russa ha personale ed equipaggiamento sufficienti per mantenere le proprie posizioni in Ucraina e fronteggiare l’incursione, mentre non è detto che Kiev riesca mantenere il territorio conquistato per un periodo significativo o addirittura fino all’inizio dei negoziati. Per concludere, una campagna così intensa presuppone la perdita di materiali ed equipaggiamento, col risultato di limitare le capacità offensive future.
Eppure, prima di sminuire la significatività militare dell’offensiva, bisogna ricordare proprio che, insieme al popolo e al monopolio dell’uso della forza, l’integrità territoriale è una condizione necessaria della piena statualità. In questa fase, Kiev ha probabilmente valutato di avere più bisogno di dare una scossa al morale delle proprie forze armate e di trovare un rinnovato supporto internazionale che di preservare le forze per un ulteriore prolungamento del conflitto. Del resto, come si vedrà nel paragrafo successivo, gli obiettivi dell’incursione appaiono più politico-diplomatici che militari, e non sorprende che lo siano stati anche i suoi effetti.

Risvolti politici e diplomatici dell’incursione per Kiev

Per il momento si potrebbe dire che, nel contesto dell’operazione di Kursk e dal punto di vista dell’Ucraina, i livelli politico-diplomatico e militare si siano influenzati positivamente. È stato infatti evidenziato come, politicamente, lo scopo dell’operazione fosse quello di conferire potere di leva all’Ucraina in vista di possibili negoziati.[8] In effetti, il successo ottenuto nelle prime due settimane di operazioni militari ha avuto due tipi di implicazioni: dal punto di vista della diplomazia, ha migliorato le possibilità di Kiev di negoziare un accordo maggiormente accettabile e sostenibile, mentre dalla prospettiva più strettamente di politica internazionale ha messo in luce la credibilità della difesa ucraina agli occhi di partner comprensibilmente affaticati da un’“operazione speciale” convertitasi in guerra di logoramento.
Sotto il primo aspetto, il governo di Kiev aveva già ricevuto rassicurazioni sull’impegno della NATO a supportare lo sforzo bellico “sul lungo termine” in occasione del recente Summit di Washington.[9] Nonostante questo, deve aver valutato che la mancanza di una chiara e inequivocabile intenzione di difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina[10] e di includerla nell’architettura di sicurezza euro-atlantica non costituisse garanzia sufficiente. Un fattore che ha sicuramente giocato un ruolo rilevante nello stabilire il tempismo dell’operazione a Kursk è l’avvicinamento delle elezioni negli Stati Uniti. In questa fase, l’Ucraina non ha soltanto da domandarsi quanto malleabile si possa rendere la Federazione Russa, ma anche quanto – e quanto a lungo – i suoi stessi alleati siano disposti a scommettere o a sacrificare per metterla in condizione di farlo. Se Donald Trump dovesse vincere le elezioni, infatti, è possibile che Kiev venga più vigorosamente incoraggiata a intraprendere dei negoziati.[11]
Diventa così chiaro – ed ecco che ci avventuriamo negli aspetti più squisitamente politici della questione – che l’incursione di Kursk è uno strumento per riportare l’attenzione sull’Ucraina, che non può permettersi di perdere rilevanza mediatica non solo perché ha bisogno di migliorare la propria posizione negoziale in vista dell’inevitabile accordo di pace, ma perché per farlo ha bisogno di mantenere un certo appeal rispetto ai suoi stessi alleati. Le parole di Dmytro Kuleba, Ministro degli affari esteri dell’Ucraina, aiutano a riconciliare questi due aspetti: “L’esperienza ci ha insegnato che la Russia negozia in buona fede solo quando è messa sotto pressione e quando i negoziati sono l’unica opzione. E abbiamo anche imparato dalla nostra storia che i facilitatori preferirebbero concludere la guerra a spese dell’Ucraina, cosa che è risultata spesso vera anche per i conflitti in altre parti del mondo.”[12]
Armi, equipaggiamento, addestramento e supporto diplomatico hanno un costo sia economico sia in termini di capitale politico, e negli ultimi mesi i benefattori dell’Ucraina ne sono stati acutamente coscienti.[13] Per Kiev, questo ha implicato la necessità di fare del conflitto una performance che allo stesso tempo intimidisse l’avversario e convincesse gli alleati di aver fatto – e di star per fare – un buon investimento. La conseguenza più nettamente positiva di questa riconfigurazione degli equilibri sul campo è che, almeno per il momento, le discussioni sulle concessioni che l’Ucraina dovrà inevitabilmente fare alla Russia sono in pausa.[14]
Dalla prospettiva di Mosca, come si è detto, l’incursione ha acceso un riflettore sulle mancanze della difesa russa, permettendo a Kiev come ad altri osservatori interessati di rispondere a domande sull’efficacia della difesa dei confini, la capacità di risposta e la flessibilità delle forze della Federazione. Tuttavia, ha forse generato tanti quesiti quanti sono quelli risolti, specialmente per quanto riguarda il tipo di sistemi d’arma che la Russia sarebbe disposta a utilizzare di fronte a quella che viene percepita come una grave minaccia. Per questo, il racconto che si fa di Kursk e i suoi effetti sulla percezione di (in)sicurezza della Russia saranno oggetto del prossimo paragrafo.

Trionfo o umiliazione: come viene comunicata l’incursione di Kursk

Al di là dei più “concreti” risvolti militari e politici, l’incursione ucraina a Kursk si sta giocando anche sul piano delle percezioni. E le percezioni sono tanto più importanti quanto più le possibilità di sopravvivenza di un Paese si basano sulla benevolenza di donatori internazionali che hanno generalmente molte buone intenzioni ma risorse e capacità di concentrazione limitate. Kiev sembra esserne consapevole, e sa pure che altre crisi e scenari – come il Medio Oriente e, sebbene momentaneamente in sordina, il Pacifico – competano con l’attenzione ma anche con l’effettiva capacità di coinvolgimento dei partner.
A dire il vero, sembra che sia i media nazionali che alleati non si siano lasciati sfuggire l’occasione per descrivere l’operazione come un avvenimento di grande portata, una scommessa riuscita e persino un’impresa straordinaria.
Da un punto di vista della comunicazione al pubblico (almeno, quello che ha orecchie per sentire), un linguaggio essenzialmente positivo permette di giustificare, a posteriori ma anche in vista di impegni futuri, l’invio di ingenti aiuti militari e umanitari.
Eppure, se da una parte il discorso su Kursk esalta le imprese ucraine, dall’altra c’è da chiedersi se una narrazione della Russia come ormai pressoché sconfitta vada veramente favorita. Un recente (e peraltro brillante) articolo di Brian Whitmore, apparso su The Atlanticist,[15] si apre con un’ardita scelta lessicale già dal titolo, il quale indica Kursk come la terza grande “umiliazione” subita da Vladimir Putin. L’articolo nota – correttamente – che, sebbene provato a livello militare, il Cremlino sanguina assai più copiosamente dalle ferite inferte alla sua immagine mediatica (alla sua narrazione, se così si vuole dire) e, in senso più ampio ma conseguente, alla sua posizione internazionale. In altre parole, agli occhi del mondo (occidentale) la Russia è diventata “piccola”.
Non c’è dubbio che la violazione dei propri confini sia stata un duro colpo per la credibilità della difesa russa, e di riflesso, del Cremlino. È pure possibile che questa crisi sia foriera di maggiore instabilità interna, come spesso succede nelle strutture clientelari quando il “boss” mostra la propria debolezza. Vi è pure una impagabile ironia nella vista dell’invasore che, vedendosi invaso, si appella proprio a quella comunità internazionale a cui aveva fatto gaslighting fino al giorno prima con discorsi su “operazioni speciali” e “protezione del popolo russo”.
Bisogna però tenere a mente che questo senso di umiliazione non è privo di conseguenze. In primo luogo, la reazione di Putin e Medvedev è stata quella di negare la possibilità di negoziati, poiché “non si può negoziare con un nemico accusato di prendere di mira i civili nella sua operazione nella regione di Kursk.”[16] Per quanto non si possa ancora dire quanto ci sia di vero e quanto si tratti invece di una vuota minaccia, rimane il fatto che la Russia è assai più pronta a sostenere un’ulteriore prolungamento ed esasperazione del conflitto.
In secondo luogo – e sebbene i commenti a riguardo vengano per ora fatti a mezza bocca – permane la possibilità che una Federazione russa minacciata e umiliata decida di ricorrere all’escalation nucleare. Per il momento, il fatto che le forze armate ucraine stiano agendo su suolo russo limita le possibilità di (re)azione di Mosca. È infatti pressoché impensabile concepire l’uso di armi nucleari all’interno del proprio territorio. Tuttavia, non è detto che gli asset della deterrenza occidentale, soprattutto in Europa e nel Mediterraneo, siano al sicuro – specialmente ora che gli Stati Uniti avvertono di un possibile coordinamento delle strategia di Russia, Cina e Corea del Nord.[17]
Quello che per ora sappiamo è che sono stati riferiti casi di utilizzo di armi termobariche all’interno della zona operativa di Kursk.[18] Sotto questo aspetto, va notato che l’utilizzo di questo tipo di armi, classificate come lanciafiamme o lanciafiamme pesanti, si colloca all’estremo limite del diritto internazionale,[19] codificato dalla Convention on Certain Conventional Weapons delle Nazioni Unite, siglata sia dalla Federazione russa che dall’Ucraina.
Insomma, una Russia isolata, umiliata e schiacciata potrebbe comunque essere un temibile avversario – soprattutto se dovesse determinare che la situazione del campo potrebbe, dopotutto, beneficiare di un’accelerazione.[20] È già abbastanza grave il fatto che si parli di decoupling. Che ci piaccia o no, la Russia non può tanto facilmente essere esiliata in Asia.

Conclusione

L’incursione delle forze ucraine a Kursk è stata qui letta come un esempio di azione tattica che ha, o può avere, implicazioni strategiche. In queste prime due settimane di combattimenti su territorio russo, l’operazione ha avuto una serie di effetti e conseguenze non solo sull’equilibrio di forze dei combattenti, ma anche sul futuro dei negoziati che interesseranno sia Russia e Ucraina che i loro rispettivi schieramenti, ormai sempre meglio delineati. Per ora, il successo dell’operazione ha rimesso sul tavolo la possibilità di un accordo di pace non eccessivamente “costoso” per Kiev, mettendo fra l’altro alle strette i suoi partner perché non interrompano il flusso di aiuti internazionali così efficientemente impiegati.
In questo senso, Kursk ricorda quasi l’operazione Tempesta dell’agosto 1995, con cui le forze croate e bosniache liberarono molti territori occupati da serbi in Croazia orientale e Bosnia occidentale, guadagnando una miglior posizione negoziale in occasione degli accordi di pace. Certo, in quel caso il successivo intervento della NATO, con l’operazione Deliberate Force, era riuscito a convincere i litigiosi coniugi balcanici in quella disagevole ma in qualche modo funzionale Love Island che sono stati i negoziati di Dayton. In questo caso, invece, gli alleati stanno a guardare e, a parte i teorici del complotto, nessuno pensa veramente che la NATO stia per intervenire direttamente e in forze. Dopotutto, la Federazione russa non è una Jugoslavia monca ed esausta.
A tal proposito, va esplicitato un ultimo spunto di riflessione, latente fino a questo momento latente. Alcuni giornalisti e analisti non si sono risparmiati nel descrivere la Federazione russa come un sistema già precario e ormai prossimo al collasso, caotico e clientelare, privo di reale supporto e pertanto incapace di funzionare. Nessuna menzione del fatto nessun governo del genere sarebbe in grado di durare per trent’anni e, nel frattempo, sostenere il costo politico, economico e umano di un conflitto triennale su larga scala che non accenna a diminuire d’intensità. Dal lato opposto, difensori a vario titolo del regime di Mosca continuano a dipingerne il leader come un infallibile stratega che, come un gatto, cade sempre in piedi.
A questo punto del conflitto, è forse il caso di evitare analisi in bianco e nero. Accettando questa complessità, diventa possibile chiedersi non soltanto cosa voglia Putin in Ucraina, ma cosa voglia Putin in Russia. L’“operazione speciale” del 24 febbraio 2022 è cominciata con lo scopo – primariamente politico – di restituire a Mosca la sua zona d’influenza. Ora che la visione di un’Ucraina (e di una Bielorussia) sottomesse e compiacenti non si è realizzata, e che la stessa pubblica sicurezza in Russia è minacciata, quali obiettivi e quali giustificazioni si darà il Cremlino per garantire la sopravvivenza del regime?


Note

[1] Reuters, Russia’s Medvedev says there will be no talks with Ukraine after Kursk incursion, 21/08/2024, https://www.reuters.com/world/europe/russias-medvedev-says-there-will-be-no-talks-with-ukraine-after-kursk-incursion-2024-08-21/
[2] R. Rommen, Ukraine’s Kursk counteroffensive defied NATO predictions and shows Kyiv has its eye on the US election, experts say, Business Insider, 18/08/2024, https://www.businessinsider.com/ukraine-incursion-offensive-kursk-russia-nato-officials-predictions-2024-8
[3] J. Watling, O. V. Danylyuk, N. Reynolds, Preliminary Lessons from Ukraine’s Offensive Operations, 2022–23, RUSI Special Report, 18/07/2024, https://rusi.org/explore-our-research/publications/special-resources/preliminary-lessons-ukraines-offensive-operations-2022-23
[4] G. Mills, A. Prat Gay, J.C. Pinzon and Dr K. von Hippel, Decoding Kursk: Is the End in Sight in Ukraine?, Royal United Services Institute, 21/08/2024, https://www.rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/decoding-kursk-end-sight-ukraine
[5] PBS News, The Kursk attack could test the patience of some of Putin’s backers in Russia, 21/08/2024, https://www.pbs.org/newshour/world/the-kursk-attack-could-test-the-patience-of-some-of-putins-backers-in-russia
[6] M. Weiss, J. Rushton, ​​How Ukraine Caught Putin’s Forces Off Guard in Kursk — And Why, New Lines Magazine, 14/08/2024, https://newlinesmag.com/spotlight/how-ukraine-caught-putins-forces-off-guard-in-kursk-and-why/
[7]   J. Watling, Ukraine’s extraordinary incursion into Kursk has changed the narrative of the war – but is a high-risk strategy, The Guardian, Analysis, 17/08/2024, https://www.theguardian.com/world/article/2024/aug/17/ukraine-offensive-russia-political-logic-but-high-risk-strategy
[8] J. Watling, Ukraine’s extraordinary incursion into Kursk has changed the narrative of the war – but is a high-risk strategy, The Guardian, Analysis, 17/08/2024, https://www.theguardian.com/world/article/2024/aug/17/ukraine-offensive-russia-political-logic-but-high-risk-strategy
[9] NATO, Washington Summit Declaration issued by the NATO Heads of State and Government participating in the meeting of the North Atlantic Council in Washington, D.C., 10/07/2024, https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_227678.htm
[10] S. Smith, NATO leaders advance Ukraine’s cause at Washington summit, Chatham House, Expert Comment, 12/07/2024, https://www.chathamhouse.org/2024/07/nato-leaders-advance-ukraines-cause-washington-summit
[11] R. Menon, A Trump presidency would leave Ukraine to its fate – because he has China in his sights, The Guardian, 25/07/2024, https://www.theguardian.com/commentisfree/article/2024/jul/25/ukraine-war-russia-us-trump-election
[12]  G. Mills, A. Prat Gay, J.C. Pinzon and Dr K. von Hippel, Decoding Kursk: Is the End in Sight in Ukraine?, Royal United Services Institute, 21/08/2024, https://www.rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/decoding-kursk-end-sight-ukraine
[13] M. Wolf, ‘Ukraine fatigue’ is unpardonable, Financial Times, 30/01/2024, https://www.ft.com/content/ca7fa865-97a1-4013-bde6-b69731b03232
[14] O. Tokariuk, Ukraine’s gamble in Kursk restores belief it can beat Russia – it requires a Western response, Chatham House, Expert Comment, 19/08/2024, https://www.chathamhouse.org/2024/08/ukraines-gamble-kursk-restores-belief-it-can-beat-russia-it-requires-western-response
[15]  B. Whitmore, Ukraine’s Kursk offensive marks Putin’s third major humiliation of the war, The Atlanticist, 15/08/2024, https://www.atlanticcouncil.org/blogs/new-atlanticist/ukraines-kursk-offensive-marks-putins-third-major-humiliation-of-the-war/
[16] Reuters, Putin says Ukraine wants to destabilise Russia with Kursk offensive, 12/08/2024, https://www.reuters.com/world/europe/putin-says-ukraine-trying-destabilise-russia-with-kursk-offensive-2024-08-12/
[17] D.E. Sanger, Biden Approved Secret Nuclear Strategy Refocusing on Chinese Threat, The New York Times, 20/08/2024, https://www.nytimes.com/2024/08/20/us/politics/biden-nuclear-china-russia.html?emc=edit_na_20240820&ref=cta&nl=breaking-news
[18] G. Barbati, Ucraina, Sesto giorno di offensiva in Russia: usata bomba termobarica per fermare avanzata a Kursk, Euronews, 11/08/2024. In: https://it.euronews.com/2024/08/11/ucraina-sesto-giorno-di-offensiva-in-russia-usata-bomba-termobarica-per-fermare-avanzata-a
[19] A. Minervini, Cosa sono le armi termobariche?, Opinio Juris, 12/08/2024, https://www.opiniojuris.it/russia-russia-csi/cosa-sono-le-armi-termobariche/
[20] S. Ramani, Russia will use nukes regardless of whether we arm Ukraine, The Telegraph, 18/06/2024, https://www.telegraph.co.uk/news/2024/06/18/russia-will-use-nukes-regardless-of-whether-the-west-arms-u/


Foto copertina: A crossing point on the border with Russia a is seen, amid Russia’s attack on Ukraine, near the Russian border in Sumy region, Ukraine August 11, 2024. REUTERS/Viacheslav Ratynskyi/File Photo