Società agli antipodi: le due Coree tra shock culturali e prospettive di dialogo.

 


Lo scorso 3 gennaio, la linea telefonica che – almeno fino alla sua interruzione nel febbraio 2016 – aveva connesso i governi di Seoul e P’yŏngyang è stata riattivata [1]: un gesto altamente simbolico, in quanto dietro al ripristino di questa “linea rossa” si cela un’ovvia – per quanto non necessariamente genuina – predisposizione di Kim Jong Un a futuri dialoghi e contrattazioni.


A cura di Alessia Angiulli

Quali che siano le ragioni dietro la decisione del leader nordcoreano – sia questo un tentativo di riavvicinarsi al Sud o l’ultima mossa di una complessa strategia finalizzata a mantenere alte le tensioni per trarne vantaggio – l’opinione pubblica mondiale non ha sottovalutato la portata rivoluzionaria dell’iniziativa [2].
L’ondata di ottimismo non si può biasimare se si considerano i risvolti positivi successivi al ritrovato collegamento telefonico, in primis l’organizzazione di un vertice Nord-Sud a P’anmunjŏm il 9 gennaio [3]. Fare previsioni sui possibili esiti dell’incontro, tuttavia – ma, in generale, sul futuro dei rapporti tra le due Coree – resta difficile, soprattutto perché spesso si sottovaluta quanto lo shock culturale tra i due Paesi abbia condizionato i summit precedenti.

Ogni volta che i due governi si aprono al dialogo, infatti, portano al tavolo negoziale non soltanto interessi particolari e comuni, proposte e strategie, ma soprattutto la propria cultura, le tradizioni e i problemi interni: aspetti dei quali si parla – e si conosce – ancora poco, specie in riferimento a P’yŏngyang.

È allora interessante comparare in breve alcune delle caratteristiche salienti delle rispettive società di questo strano universo coreano polarizzato tra il Nord arretrato e dispotico e il Sud intrappolato nelle contraddizioni di un Paese (forse troppo) sviluppato.

Uno degli unici aspetti in grado di fare da trait d’union tra le due Coree in materia di società è la radice culturale comune offerta dal confucianesimo. Esso esaspera la lealtà familiare e la pietà filiale; fornisce i giusti comportamenti da osservare nella vita quotidiana – strutturati attorno al rispetto del più giovane per il più vecchio – e attribuisce particolare importanza alla ritualità, aspetto da cui è derivata una divisione netta di ruoli e mansioni e la necessità di una definizione chiara e precisa della posizione sociale.

Il confucianesimo ha fatto il suo ingresso nella penisola coreana al termine di un percorso secolare estremamente articolato: risultato dell’influenza cinese, fu soprattutto durante il Regno di Chosŏn (1392-1910) che lo sviluppo di una coscienza nazionale ne consentì la fioritura. Il binomio confucianesimo-nazionalismo divenne una combinazione esplosiva durante l’occupazione giapponese della penisola (1905-1945), alimentando ideologicamente la guerriglia anti-nipponica. Ancora oggi, dunque, il confucianesimo accomuna due Paesi altrimenti agli antipodi.

Società a confronto

La raccolta di dati riguardanti le due società coreane è di per sé un’ottima dimostrazione di quanto i due Stati siano diversi. Se infatti ottenere notizie riguardanti la Corea del Sud non risulta particolarmente difficile, le ricerche relative alla cultura nordcoreana sono ostacolate da fattori quali l’isolamento e la scarsa attendibilità dei canali di informazione ufficiali – motivo per cui è difficile, ad esempio, entrare in possesso di dati demografici attendibili o aggiornati[4].

Ciò che sappiamo è chei nordcoreani sono circa 25 milioni, 6 dei quali in servizio attivo nell’Armata Popolare Coreana [5], il che rende il Paese uno dei più militarizzati al mondo. Il tasso di crescita non è elevato (0,53% nel 2014) ed ha subito un forte crollo a seguito della diminuzione del tasso di fertilità complessivo –causata da fattori quali la tendenza a sposarsi piuttosto tardi, la crescente urbanizzazione e le altissime aspettative nei confronti delle donne, dentro casa e sul posto di lavoro.

La Corea del Nord è linguisticamente ed etnicamente tra i più omogenei esistenti e, sebbene la lingua ufficiale sia il coreano, il dialetto qui utilizzato è diverso rispetto a quello del vicino Sud e si rifiutano i forestierismi – parte integrante, invece, del parlato sudcoreano [6].

Comparando le informazioni a disposizionesui due Stati, la prima osservazione da fare riguarda il numero dei sudcoreani:quasi il doppio rispetto ai nordcoreani– più di 51 milioni nel 2017.

Nonostante il dato parli di migliori condizioni e prospettive di vita al Sud piuttosto che a Nord, è comunque impossibile non considerare alcuni trend demografici concernenti i sudcoreani. In primis, la popolazione sta subendo – specie negli ultimi anni – un progressivo invecchiamento: il tasso di crescita è pari allo 0,48% e quasi il 14% della popolazione ha più di 65 anni. La situazione è talmente critica da aver spinto nei mesi scorsi il Presidente Moon Jae-in a parlare di crisi nazionale e della necessità di interventi repentini [7].

Oltre a condividere con la Corea del Nord una spiccata omogeneità etnica– il numero di stranieri ha superato il milione solo nel 2016 [8] – la diffidenza generata dalle ondate migratorie dei primi anni 2000 e l’assenza tuttora preoccupante di leggi anti-discriminatorie fanno sì che il 94,5% dei non-coreani residenti al Sud sia soggetto a discriminazioni. Le iniziative governative a riguardo sono state poco efficaci e neppure le sollecitazioni delle Nazioni Unite hanno prodotto risultati soddisfacenti [9].

Queste tendenze si fanno più marcate nelle aree rurali, oltretutto interessate da un’altra problematica: la netta disparità nelle condizioni di vita rispetto alle città – fenomeno generatosi a partire dagli anni successivi alla guerra di Corea. Ciò fa sì che, ad oggi, l’82,7% dei sudcoreani sia concentratonei grandi centri urbani, dove l’accesso a strutture sanitarie, educazione e possibilità lavorative è facilitato [10].

Il rapido sviluppo economico successivo alla guerra di Corea, inoltre, ha contribuito alla nascita di una middle class che – pur avendo registrato un notevole declino negli ultimi anni [11] – costituisce senza dubbio uno dei pilastri dell’economia sudcoreana.

In Corea del Nord, invece, non esiste un ceto medio: nel 1958, infatti, Kim Il Sung predispose la realizzazione di un progetto attraverso cui classificare ciascun individuo non in base al reddito, ma al suo background politico. Ogni nordcoreano fu sottoposto a otto controlli al termine dei quali a ciascun cittadino venne attribuito un punteggio – detto Songbun – che considerava i precedenti politici di genitori, nonni, cugini, zii.

Il Songbun diede origine a una divisione in 51 categorie inserite in 3 classi più ampie: quella principale, quella neutrale e quella ostile [12]. La Corea del Nord ha così creato un sistema di caste in grado di regolare opportunità di carriera e distribuzione geografica della popolazione. Solo gli appartenenti alla classe principale, infatti, possono vivere a P’yŏngyang mentre gli altri nordcoreani sono relegati a zone più povere e periferiche del Paese.

È praticamente impossibile per loro migliorare la propria posizione: i file di ciascun cittadino vengono conservati negli uffici locali del Ministero e come custodia aggiuntiva negli archivi della provincia montuosa di Yonggang. Lo status individuale è ereditario e i peccati dei padri diventano quelli dei figli e dei nipoti [13].

I nordcoreani sono inoltre oggetto della sorveglianza dei propri vicini: a livello locale,si organizzano infatti nei cosiddetti inminban – cooperative di 20-30 famiglie il cui compito è tenere schede aggiornate sugli abitanti del quartiere. La situazione ha dato vita a una società del “tutti contro tutti” nella quale spiare amici e parenti è diventato un obbligo-passatempo in cui persino tradimenti entro lo stesso nucleo familiare costituiscono la regola piuttosto che l’eccezione [14]. L’unica forma di lealtà impossibile da mettere in discussione è quella per il leader, che nel Paese ricopre un ruolo semi-divino: non è un caso che – mentre al Sud una percentuale consistente della popolazione si dichiara credente e diverse confessioni religiose coesistono sul medesimo territorio [15] – il regime nordcoreano abbia cercato di indurre una sostituzione più o meno spontanea delle religioni con il Juche, l’ideologia ufficiale, ponendo la fede sotto una luce negativa e paragonandola a un delirio antiscientifico. La Corea del Nord è quindi un esempio di ateismo di Stato pur riconoscendo formalmente libertà di culto e di associazione, considerati diritti costituzionali [16].

La Costituzione nordcoreana permette inoltre di comprendere come nel Paese la vita di ciascun cittadino si realizzi solo in funzione del lavoro: quasi tutti i diritti indicati nella carta costituzionale, infatti, non sono loro attribuiti in quanto esseri umani, ma poiché lavoratori [17] e persino la distribuzione del cibo è vincolata al raggiungimento di quote settimanali.

Pur condividendo con il Nord una concezione stacanovista e competitiva della vita lavorativa, in Corea del Sud quest’ultima presenta caratteristiche più vicine al mondo occidentale: il mercato del lavoro sudcoreano, tuttavia – altrimenti altamente efficiente – si trova ad affrontare i disagi provocati da problemi quali un tasso di disoccupazione al 10% e le difficoltà dei cittadini più anziani – il 48,6% dei quali vive di aiuti statali, in condizione di isolamento e povertà estrema.

Questa emergenza costituisce un incredibile paradosso: la Corea del Sud può infatti vantare un sistema sanitario avanzato e una delle popolazioni più longeve al mondo [10] e investe in questo settore diversi miliardi ogni anno. Malgrado ciò, il numero annuale di suicidi è altissimo, una percentuale importante della popolazione abusa di sostanze alcoliche e – malgrado la diffusa longevità – lo Stato non prende misure adeguate per prendersi cura di quasi la metà dei propri anziani.

In entrambi i Paesi, inoltre ,le donne costituiscono la vittima designata di questi due macrocosmi stacanovisti e gerarchizzati che hanno per lo più mantenuto una concezione primordiale del ruolo femminile – legato alle figure del padre prima e del marito poi, principale responsabile dell’allevamento dei figli e della soddisfazione dei bisogni della famiglia. L’approccio dei coreani alla sessualità è a sua volta condizionato da questa disparità e dalla pudicizia intrinseca nel sistema confuciano, il quale, oltretutto, influenza in misura notevole anche il mondo dell’educazione.

Sebbene la Corea del Sud, ad esempio, goda di uno dei sistemi scolastici più avanzati al mondo, il fatto che il successo in campo accademico sia legato a doppio filo ad avanzamenti di carriera e al miglioramento dello status individuale ricade direttamente sulle spalle dei giovani sudcoreani, spesso incapaci di soddisfare le altissime aspettative di genitori che fanno della scuola prima e dell’università poi una questione di vita o di morte in quella che è stata definita una vera e propria “education fever” [18]. Il rispetto nei confronti di padre e madre imposto dalla tradizione confuciana e le ingenti spese che ciascun nucleo familiare sostiene per garantire ai figli la migliore istruzione possibile non fanno che rendere questi ultimi vittima di una costante ansia da prestazione.

In materia di istruzione, la Corea del Nord non è meno complessa del Sud: la possibilità di frequentare le migliori università del Paese resta un privilegio riservato alle classi più elevate, mentre per il resto della popolazione il percorso educativo si interrompe subito prima dell’università. Dopo l’istruzione obbligatoria, infatti, i giovani nordcoreani possono decidere se affrontare le dure selezioni necessarie a proseguire gli studi o se iniziare a lavorare nelle fabbriche o entrare nell’esercito. Studiare a P’yŏngyang prefigura un futuro all’interno del Partito e una vita più agiata della media e, sebbene l’accesso a un’istruzione superiore sia determinato in gran parte dal proprio Songbun.

Barbara Demick[1] nota che negli ultimi anni la necessità del governo di disporre di individui altamente preparati e specializzati – specie nel campo scientifico e tecnologico – abbia costretto a rendere il processo di selezione più meritocratico [14].  

Di fronte alle notevoli differenze e alle contraddizioni appena delineate, è piuttosto semplice comprendere in che modo lo shock culturale possa aver contribuito al fallimento dei precedenti tentativi di dialogo tra Nord e Sud. È infatti difficile immaginare due Stati che – pur avendo condiviso per secoli territorio, cultura e tradizioni – siano più diversi e ciò ha avuto e di certo avrà ancora un peso non trascurabile.

Che il ripristino dei contatti telefonici tra i due fronti della Zona Demilitarizzata sia o meno il promettente inizio di un circolo virtuoso in grado di cambiare la storia coreana, comunque, è indubbio che conoscere in modo adeguato le due società aiuterebbe a fare chiarezza sulle intenzioni delle rispettive leadership e sul futuro dei rapporti bilaterali tra le due Coree.


Note

[1] Reuters Italia, Corea Nord riapre la linea telefonica al confine dopo parole Trump sul nucleare, 3 gennaio 2018.https://it.reuters.com/article/topNews/idITKBN1ES0VY-OITTP
[2] Il Giornale, Tra Seoul e Pyongyang la prima telefonata. Così la <<linea rossa>> è tornata in funzione, 4 gennaio 2018, Luigi Guelpahttp://www.ilgiornale.it/news/politica/seul-e-pyongyang-telefonata-cos-linea-rossa-tornata-funzione-1479707.html; Business Insider Italia, Dopo 2 anni di silenzio la Corea del Nord ha risposto alle telefonate quotidiane, mattina e pomeriggio, della Corea del Sud, 7 gennaio 2018, Rosie Perperhttps://it.businessinsider.com/dopo-2-anni-di-silenzio-la-corea-del-nord-ha-risposto-alle-telefonate-quotidiane-mattina-e-pomeriggio-della-corea-del-sud/.
[3] Il Giornale, Vertice tra Nord Corea a Seoul: incontro per la pace al confine, 7 gennaio 2018, Luca Romano http://www.ilgiornale.it/news/mondo/vertice-nord-corea-seoul-incontro-pace-confine-1480418.html.
[4] Gli studiosi internazionali sono costretti a estrapolare le informazioni necessarie sfruttando per lo più le dichiarazioni ufficiali del regime. Uno dei metodi più “scientifici” cui si poteva fare riferimento in passato per calcolare la popolazione complessiva, per esempio, era tenere conto del numero di delegati eletti all’Assemblea Popolare Suprema – la quale fino al 1963 prevedeva che ogni delegato rappresentasse 50.000 persone e dopo che ognuno ne rappresentasse 30.000. Si noti comunque che, a partire dal 1989, il governo di P’yŏngyang ha iniziato a rendere pubblici maggiori informazioni demografiche nel tentativo di promuovere una maggiore apertura nei confronti del resto del mondo. Nonostante ciò, anche le informazioni provenienti dal cuore del regime devono sempre essere verificate, in quanto potenzialmente oggetto di distorsioni propagandistiche.
[5]GlobalFirepower, 2017 North Korea MilitaryStrenghthttps://www.globalfirepower.com/country-military-strength-detail.asp?country_id=north-korea.
[6] The World Factbook, North Korea https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/kn.html.
[7] QUARTZ, South Korea isagingfasterthananyotherdeveloped country, 31 agosto 2017, Isabella Steger – https://qz.com/1066613/south-korea-demographic-time-bomb-its-aging-faster-than-any-other-developed-country-with-lowest-birth-rate-of-oecd-countries/.
[8] The Korea Times, Foreign Population in Korea reaches 1.9 million, 2 maggio 2016 – http://www.koreatimes.co.kr/www/news/nation/2016/05/116_203843.html.
[9] The KoreanObserver, Nearly all foreigners victim of discrimination in Seoul, 26 maggio 2015 – http://www.koreaobserver.com/nearly-all-foreigners-victim-of-discrimination-in-seoul-29001/; Park, Keumjae (2014), “Foreigners or multicultural citizens? Press media’s construction of immigrants in South Korea”, Ethnic and Racial Studies, 37: 1565–1586; The Korea HeraldU.N. calls for Korean anti-discriminationAct, 6 Oct 2014, Claire Lee – http://www.koreaherald.com/view.php?ud=20141006001064.
[10]The World Factbook, South Koreahttps://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/print_ks.html.
[11] YonhapNewz Agency 6 giugno 2017 Ratio of middle class in S. Korea down last yearhttp://english.yonhapnews.co.kr/business/2017/06/06/69/0503000000AEN20170606001300320F.html; Korea’sHerald 6 luglio 2017, Korea’s middle classdeclinesasincomedistributionworsenshttp://www.koreaherald.com/view.php?ud=20170606000178; Korea Focus, Changes in the Quality of Life of Korea’s Middle Class, ChoiSeong-keun and Lee Jun-hyup, Hyundai ResearchInstitute – Changes in the Quality of Life of Korea’s Middle Class, ChoiSeong-keun and Lee Jun-hyup – http://www.koreafocus.or.kr/design2/layout/content_print.asp?group_id=105791.[12]Riotto, M. (2014). Storia della Corea: Dalle origini ai nostri giorni. Bompiani Editore; Fiori, A. (2016). Il nido del falco. Mondo e potere in Corea del Nord. Mondadori Education.[13]Secondo Kim Il Sung, l’impurità di una linea familiare andava sradicata per tre generazioni: questa logica regola tuttora la prigionia di parenti di prigionieri politici o individui macchiatisi di crimini abbastanza gravi da finire in campi di lavoro. Cfr. Harden, B. (2014). Fuga dal campo 14. Codice Edizioni.[14] Demick, B. (2010). Nothing to Envy: OrdinaryLives in North Korea. Spiegel&Grau; reprint edition.
[15] In Corea del Sud la maggior parte dei sudcoreani (56,9%) è non credente. Di questa percentuale, solo il 15% circa – per lo più giovani – si dichiara atea. Il 27,6% del totale – 19,7% protestanti e 7,9% cattolici – sono di fede cattolica, mentre la restante parte (15,5%) pratica il buddismo. The World Factbook, South Koreahttps://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/print_ks.html.
[16] Constitute Project, Korea (DemocraticPeople’s Republic of)’sConstitution of 1972 with Amendmentsthrough 1998. https://www.constituteproject.org/constitution/Peoples_Republic_of_Korea_1998.pdf?lang=en.
[17] “La sovranità nella RPDC risiede nei lavoratori, nei contadini, negli intellettuali e in tutti gli altri tipi di individui che lavorano. […]”, art. 4. “[…] tutto nella società è al servizio dei lavoratori. Lo Stato dovrà difendere e proteggere gli interessi dei lavoratori […]”, art. 8. “La legge della RPDC riflette i desideri e gli interessi dei lavoratori […].” art. 18. “Lo Stato dovrà offrire a tutti i lavoratori tutte le condizioni per ottenere cibo, vestiti e alloggio.” art. 25.
[18]BBC News, Asia’sparentssufferingeducationfever, 22 ottobre 2013, YojanaSharmahttp://www.bbc.com/news/business-24537487; The conversation, South Koreaneducationranks high, butit’s the kidswhopay, 31 marzo 2015, David Santandreu Calogne http://theconversation.com/south-korean-education-ranks-high-but-its-the-kids-who-pay-34430.