Tra il 5 e il 6 maggio il presidente cinese Xi Jinping, in tour in Europa dopo 5 anni, ha incontrato Macron, accompagnato da Ursula Von der Leyen. I due leader hanno confermato le tendenze dei due paesi a dimostrarsi cordiali e a collaborare, all’insegna della sbandierata e retorica autonomia strategica europea.
Commercio e guerre
Il viaggio di Xi Jinping in Europa è iniziato domenica 5, quando è arrivato in Francia, accompagnato da sua moglie Peng Liyuan, dal capo di gabinetto Cai Qi e dal ministro degli esteri Wang Yi. Xi Jinping è rimasto a Parigi fino a martedì, per celebrare i sessant’anni delle relazioni diplomatiche Francia-Repubblica popolare cinese. Successivamente è partito alla volta di Belgrado, in coincidenza con l’anniversario del 7 maggio 1999, quando i caccia della Nato bombardarono l’ambasciata cinese in Serbia, uccidendo tre giornalisti e ferendo una ventina di persone. Il tour si concluderà con una visita di tre giorni in Ungheria.
Al fine di mostrare un fronte europeo unito, e al contempo per l’abitudine francese di intestarsi la leadership del Vecchio Continente, il vertice si è svolto con la presenza della presidente della Commissione Ursula Von der Leyen (fautrice del “de-risking”, approccio alla Cina simile a quello americano del de-coupling), che già nel 2023 aveva accompagnato il presidente francese a Pechino. In quell’occasione i due avevano però ottenuto ben poco: i rapporti tra Cina e Unione europea sono rimasti freddi anche a causa delle sanzioni che i due blocchi si sono scambiati dal 2021. Ad oggi Pechino predilige difendere i propri interessi puntando sulle relazioni bilaterali, in particolare con Berlino e Parigi, dimostrando uno scarso interesse per l’Ue in quanto entità autonoma[1].
Tra i temi affrontati, di assoluto rilievo, sono stati le relazioni commerciali sino-europee e gli attuali conflitti in Ucraina e Medio Oriente. Macron ha ribadito la necessità di avere ”regole eque per tutti” nel commercio mondiale, tornando così ad invocare l’urgenza per l’Unione europea di una maggiore reciprocità commerciale con Pechino, dato il grande deficit commerciale europeo verso Pechino, che ammonta a circa 300 miliardi di euro.
Riguardo i conflitti in corso, Macron e la Von der Leyen, definendo la collaborazione con Pechino “assolutamente decisiva”, hanno chiesto al leader cinese di usare la sua influenza su Putin per portare a termine la guerra di aggressione in Ucraina, sottolineando anche che l’Europa continuerà a supportare Kiev. Macron ha definito la. Dall’inizio del conflitto, Pechino ha rafforzato i legami economici e militari con Mosca. Nel 2023 il commercio bilaterale ha raggiunto i 240 miliardi di dollari, un incremento del 26% rispetto al 2022[2]. Preoccupazione principale dell’Occidente è la fornitura da parte di Pechino a Mosca di materiali “dual-use”, cioè quelli a uso sia civile che militare e che, evitando le sanzioni occidentali, supportano lo sforzo bellico russo. In risposta, Xi ha affermato che non intende fornire armi a Mosca e che esaminerà la questione dei materiali incriminati. A tal proposito, Bruxelles sta discutendo possibili sanzioni contro alcune aziende cinesi, mentre Washington è già passata all’azione, sanzionando una ventina di aziende cinesi che esporterebbero tecnologia a doppio uso, soprattutto sistemi di navigazione satellitare e per la produzione di energia. L’amministrazione Biden ha avvertito che, se necessario, inasprirà ulteriormente le sanzioni.
Tensioni europee
La settimana precedente Macron e il cancelliere tedesco Scholz si erano incontrati a cena a Parigi, presumibilmente perché il presidente francese voleva convincere Scholz a unirsi a lui e Von der Leyen, senza successo. Sia Parigi che Berlino vogliono un rapporto cordiale e cooperativo con Pechino, ma per motivi e con metodi diversi.
Berlino non è contenta della politica di de-risking portata avanti dalla Commissione che, nell’ottobre scorso, ha lanciato un’inchiesta “anti-sussidi” sui veicoli elettrici importati dalla Cina anche con il sostegno della Francia, e che rischia di danneggiare quei marchi tedeschi, come Bmw, che producono in Cina. Scholz ha commentato che l’Ue non dovrebbe agire per interessi protezionistici, anche se la Cina dovrebbe promuovere una concorrenza leale. Berlino continua a trattare per ottenere un migliore accesso al mercato cinese per le aziende tedesche. Dall’altro lato, Macron vuole ottenere investimenti cinesi nella “battery valley” che sta sorgendo nel nord-est della Francia per alimentare i veicoli elettrici di Renault e altri produttori europei, tra i finanziatori della quale figura la cinese Envision Aesc.
L’atteggiamento di Berlino verso la Cina è ambiguo. Se sulla Russia Scholz vuole dimostrare, sebbene con vari tentennamenti e difficoltà, un cambio di passo rispetto alla tradizionale apertura tedesca, impersonata dall’ostpolitik di Schröder e Merkel, sulla Cina Scholz mantiene una politica più cauta e in linea con il suo predecessore. Il recente viaggio del cancelliere in Cina del 13-16 aprile ha dimostrato che la Germania non intende tornare indietro dal rapporto simbiotico che si è instaurato negli ultimi decenni con la Cina. Non senza irritazione da parte americana. Berlino sembra condurre una politica schizofrenica, cercando di bilanciare tra le richieste americane e quelle delle sue grandi aziende. Nel 2019, nella sua “Strategia sulla Cina” Berlino ha definito il Dragone un “rivale sistemico”, oltre che un “partner” e un “concorrente”, e ha sostenuto la necessità della diversificazione delle catene di fornitura e della riduzione delle dipendenze dalla Cina, prima del “de-risking” annunciato da Ursula von der Leyen[3]. La pandemia, la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, e le annesse difficoltà economiche hanno convinto Berlino che bisogna cooperare con Pechino, evitando lo strappo verificatosi con Mosca.
In questo contesto, Serbia e Ungheria rappresentando delle “quinte colonne”, che, ricevendo supporto economico, diplomatico e militare da Mosca e Pechino, minano l’unità europea e rappresentano degli elementi capaci di creare preoccupazioni per l’Occidente. Le tensioni degli ultimi anni tra Serbia e Kosovo[4] confermano la volontà di Mosca e Pechino di usare Belgrado per distrarre gli europei e incendiare il teatro balcanico. Stando ai media serbi, nel corso della visita del leader cinese, che è accompagnato da una delegazione di 400 persone, saranno firmati più di 30 accordi bilaterali. Altre 18 intese, la più importante delle quali un accordo di libero scambio commerciale, erano state siglate lo scorso ottobre, a margine della visita compiuta a Pechino dal presidente Vucic per il forum sulla Via della Seta, nel corso della quale aveva incontrato il presidente cinese.[5]
Terzo polo
L’incontro tra Macron e Xi Jinping conferma due importanti tendenze nei comportamenti dei due stati. Da un lato, Pechino vuole mantenere i legami economici con l’Europa, necessari per la propria economia trainata dalle esportazioni, e vuole evitare che la rivalità con Washington contagi anche il rapporto con Bruxelles. La Cina vuole presentarsi come un partner affidabile, un attore internazionale leale e pacifico agli occhi degli europei, che si trovano, dall’altro lato, spinti dagli Stati Uniti ad allinearsi alla loro politica nei confronti di Pechino. L’obiettivo cinese è anche quello di evitare un coinvolgimento europeo nell’eventuale conflitto con Washington per Taiwan. A questo proposito, le parole di Macron sulla necessità di non farsi coinvolgere in conflitti di poco interesse per l’Europa, cioè quello per Taiwan, sono musica per le orecchie di Pechino.
Come scritto dal giornale ungherese HVG, il presidente cinese passa da Parigi prima di andare in Serbia e Ungheria perché è l’Europa occidentale che deve essere “addolcita”.[6] Il tour europeo di Xi vuole quindi rinforzare i legami con Bruxelles, cercando di incunearsi nei “distinguo” tra il Vecchio Continente e Washington e tentando di dimostrare che il blocco occidentale non si appiattisce sulle posizioni americane. “Le relazioni tra la Cina e l’Unione europea godono di slancio e prospettive di sviluppo. Questo rapporto non deve essere dettato da altri, né dipendente da altri”, ha detto Xi Jinping, assecondando la retorica macroniana di autonomia strategica europea.
Dall’altro lato, Macron conferma la storica tendenza francese di porsi come leader del Vecchio Continente, nonostante la riluttanza e l’irritazione di Berlino e Roma. La recente dichiarazione francese sulla possibilità di inviare truppe in Ucraina, più una frase retorica che una reale proposta, ha incontrato l’irritazione da parte di Italia, Germania e Stati Uniti, che non apprezzano i salti in avanti, seppure solo a parole, di Parigi. All’inizio della guerra in Ucraina Macron era il leader europeo che più aveva ricercato il dialogo con Putin, così come ora vuole maggiore collaborazione con Xi. L’obiettivo dell’Eliseo è quello di smarcarsi dai diktat americani, per riaffermare l’autonomia strategica francese e, per estensione, europea. Parigi rifiuta, come ha sempre fatto, di appiattirsi sulle posizioni americane, e ricerca maggiore libertà di manovra, mascherando le proprie velleità da grande potenza per bisogno di autonomia strategica europea. Storicamente, Parigi ha sempre avversato l’influenza americana sul Vecchio Continente, e ambisce a recuperare la propria indipendenza. Dunque, quando il leader francese invoca l’autonomia strategica europea, si tratta di un espediente retorico, che nasconde l’ambizione di sostituire Washington a guida del Vecchio Continente. Ad aprile, in ritorno dal viaggio in Cina, ai cronisti di “Les Echos” e “Politico”, Macron ha detto che una accelerazione sul dossier di Taiwan è contro l’interesse europeo. “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi, europei, dovremmo andare al traino su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva cinese”[7]. Da Praga sono arrivate reazioni dure, ma pure da Berlino, che sulla Cina ha posizioni tutt’altro che ostili. Macron pretende di parlare a nome dell’Europa, nonostante le sensibilità europee siano varie e non coincidano sempre con quelle francesi.
In conclusione, l’incontro tra Xi Jinping e Macron ha confermato le intenzioni dei due paesi a mantenere relazioni cordiali e a collaborare, sebbene per motivi diversi. Pechino vuole tenere l’Europa vicina a sé economicamente e diplomaticamente, per evitare un allineamento totale con le posizioni americane. Parigi si erge a leader di un’Europa divisa, e utilizza la retorica dell’autonomia strategica europea per nascondere le proprie velleità da grande potenza, cercando di smarcarsi dall’egemonia americana. Alla fine, entrambi i leader escono contenti dall’incontro: Xi Jinping può vantare di aver ammorbidito Macron, mentre quest’ultimo può fregiarsi di agire da “terzo polo” tra Washington e Pechino.
Note
[1] “Il tour in Europa di Xi Jinping, la Cina punta sulle divisioni Ue”, Michelangelo Cocco, editorialedomani.it.
[2] “Macron, von der Leyen urge China to press Russia over Ukraine”, John Irish and Elizabeth Pineau, reuters.com
[3] “Altro che politica di de-risking: sulla Cina Scholz è come Merkel”, Michelangelo Cocco, editorialedomani.it.
[4] “Serbia-Kosovo, una vittoria per l’Europa?”, Simone Orbitello, opiniojuris.it.
[5] “Xi sostiene “tregua olimpica” dei conflitti proposta da Macron, il presidente cinese in Serbia”, it.euronews.com.
[6] “Xi Jinping usa il patto del cognac per far sciogliere Macron”, Francesca De Benedetti, editorialedomani.it.
[7] “Altro che autonomia strategica. Quello di Macron è isolamento”, Francesca De Benedetti, editorialedomani.it.
Foto copertina: Xi Jinping e Macron