Un verdetto “storico” per il clima: la Corte europea per i diritti umani condanna il governo svizzero


La Corte europea dei diritti dell’uomo, il 9 aprile, ha dichiarato il governo svizzero colpevole di non aver fatto abbastanza per fronteggiare il cambiamento climatico, in una decisone storica per il contenzioso climatico in Europa. Si tratta della prima volta in cui il rispetto degli obblighi sul clima sanciti dagli accordi internazionali viene legato alla tutela dei diritti umani, ma anche la prima volta in cui la Cedu ha condannato un Paese per non aver raggiunto gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni di gas serra non tutelando così la salute dei propri cittadini.


Con una sentenza già definita “storica”, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato per la prima volta uno Stato, la Svizzera, per “inazione climatica”. [1]
Nella fattispecie, secondo la Corte europea le misure attuate dal governo svizzero per mitigare gli effetti del cambiamento climatico si sono dimostrate inadeguate per mantenere il riscaldamento globale al di sotto del limite di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, come previsto dall’Accordo di Parigi del 2015, di cui Berna è parte.
Il ricorso era stato presentato alla Corte da “Anziane per il clima Svizzera”, un’associazione di 2500 donne che aveva accusato il governo del loro paese di non aver adottato misure sufficienti per combattere la lotta al cambiamento climatico, mettendo così a rischio la propria salute.
La Cedu, cui oggi aderiscono i 46 paesi membri del Consiglio d’Europa, tuttavia, ha contestualmente respinto altri due ricorsi sul clima contro altri governi europei per motivi procedurali, nonostante le grandi speranze per una una svolta legale.    
Nel primo caso l’appello, richiesto da sei giovani portoghesi contro 32 Paesi europei – i 27 dell’Ue più Norvegia, Svizzera, Russia, Gran Bretagna e Turchia – è stato respinto dalla Corte sulla base del fatto che i ricorrenti non avevano prima esaurito tutte le vie legali nel loro sistema giudiziario nazionale. Inoltre, secondo l’organo giudiziario, mancavano i motivi per estendere il ricorso a Paesi diversi del Portogallo. La seconda causa, presentata dall’ex sindaco di Grande-Syntheun, Damien Careme, contro il governo francese, invece, è stata rigettata in quanto dopo il ricorso l’uomo aveva lasciato la Francia e, dunque, non avendo più legami con il luogo oggetto della sua richiesta non poteva più essere qualificato come “vittima”.
Sebbene la Corte abbia ammesso solo uno dei tre ricorsi, il verdetto è stato accolto con forte entusiasmo in Europa, in particolare dalla comunità ambientalista. Greta Thunberg, la giovane attivista svedese presente a Strasburgo per l’occasione, ha dichiarato che la decisione della Corte «è solo l’inizio» e rappresenta un precedente importante grazie al quale «sempre più persone potranno portare i propri governi in tribunale per ritenerli responsabili delle loro azioni». [2] 

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Cosa stabilisce la sentenza

La sentenza del 9 aprile da un lato riconosce la discrezionalità dei singoli Stati membri nell’adottare le misure a tutela del clima, dall’altro attribuisce specifiche responsabilità per non aver agito con la corretta diligenza, oltre a collegare gli obblighi climatici internazionali alla tutela dei diritti umani per la prima volta nella storia.
In particolare, il governo svizzero viene accusato di aver violato l’articolo 8 della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo” che tutela “il diritto al rispetto della vita privata e familiare” e in base al quale gli Stati contraenti si impegnano a garantire ai cittadini una protezione effettiva negli ambiti della tutela della salute e della salvaguardia della qualità della vita. [3]    Nel dettaglio, sono state riscontrate lacune critiche nelle normative svizzere in materia ambientale, inclusa la mancata quantificazione dei limiti sulle emissioni nazionali di gas serra. Tali mancanze e omissioni – come ha stabilito al Cedu – costituiscono una vera e propria violazione dei diritti umani dei cittadini svizzeri. Inoltre, secondo la Corte, il paese elvetico ha violato anche l’articolo 6 della Convenzione. I tribunali nazionali, infatti, non hanno motivato adeguatamente il mancato esame nel merito del ricorso dell’associazione e non hanno considerato le prove scientifiche a sostegno degli effetti del cambiamento climatico.

Una nuova fase per il contenzioso climatico

La sentenza della Cedu contro la Svizzera, probabilmente, segna un nuovo punto di partenza per il contenzioso climatico in Europa, configurandosi come un precedente importante per i futuri ricorsi contro i i governi in materia ambientale. È la prima volta che l’organo giudiziario si pronuncia sul cambiamento climatico: la decisione, che non può essere contestata ed è giuridicamente vincolante, impone al governo svizzero di intraprendere maggiori azioni per ridurre le emissioni, tra cui rivedere gli obiettivi per il 2030 tale da allinearsi all’Accordo di Parigi sul clima.
Nel lungo periodo, la decisione della Corte potrebbe inoltre servire da impulso per aumentare l’impegno verso le questioni climatiche, ma anche un incentivo dal punto di vista legale per regolamentare gli obiettivi e le percentuali vincolanti per la riduzione delle emissioni, per definire un budget e stanziare dei fondi in maniera più chiara.

Conclusioni

Secondo il Copernicus Climate Change Service, il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con temperature globali che hanno raggiunto un allarmante 1,48°C sopra i livelli preindustriali. [4] Dunque il momento per la sentenza del 9 aprile non potrebbe essere più opportuno: se non si interverrà ora per fermare questo fenomeno, gli effetti del riscaldamento globale continueranno ad essere sempre più gravi. Il comitato scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha dichiarato che con gli attuali livelli di emissioni la temperatura globale si alzerà di 3°C entro il 2100, smentendo l’impegno dei 195 paesi firmatari dell’Accordo sul clima di mantenere la temperatura del pianeta non oltre la soglia massima dei 1,5°C. Affinché ciò non accada è necessario che i governi rispettino gli impegni presi. Definire degli obiettivi non è sufficiente a contrastare il cambiamento climatico, è necessario che i governi rispettino gli impegni presi e che mettano in pratica ciò che loro stessi hanno concordato.


Note

[1] «Swiss women win landmark climate case at Europe top human rights court», Reuters, 9 aprile 2024 https://www.reuters.com/sustainability/climate-activists-seek-breakthrough-human-rights-court-ruling-against-european-2024-04-09/
[2] «Reaction to Swiss women’s victory in landmark climate court case», Reuters, 10 aprile 2024, https://www.reuters.com/world/reaction-swiss-womens-victory-landmark-climate-court-case-2024-04-09/
[3] EUR-LEX, «Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU)», https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/glossary/european-convention-on-human-rights-echr.htm [4] COPERNICUS CLIMATE CHANGE SERVICE, «OBSERVER: 2023 – A year of unprecedented heat and climate extremes», 2024  https://www.copernicus.eu/en/news/news/observer-2023-year-unprecedented-heat-and-climate-extremes#:~:text=2023%20has%20witnessed%20an%20unparalleled,corresponding%20month%20in%20past%20records.


Foto copertina: Attiviste di “Anziane per il clima” festeggiano il verdetto della Corte europea contro il governo svizzero mentre lasciano la CEDU a Strasburgo, Francia, 9 aprile 2024.