I primi effetti collaterali per Mosca dell’attacco all’Ucraina hanno consistito in un poderoso risveglio del vigore dell’Alleanza Atlantica dopo anni di “morte celebrale”.
Il rinsaldarsi della NATO che, oltre ad aver attivato un programma di fornitura militare in favore di Kiev, ha rafforzato il proprio contingente nell’Europa dell’Est non è stato però l’unico effetto insperato (e forse inaspettato per le inedite prontezza e intensità) per Putin e le sue mire espansionistiche. Infatti, la minaccia russa ha spinto l’Unione Europea e gli alleati occidentali a costruire un imponente ed aggressivo impianto sanzionatorio che ha duramente colpito l’economia russa in tutti i suoi settori, in particolare quello finanziario-bancario e dell’export di risorse energetiche, il quale da tempo ormai costituisce il core dell’esportazione della Federazione Russa.
Al netto di una notevole unità del blocco Occidentale-Europeo nella risposta all’invasione dell’Ucraina, non si può omettere di registrare l’ambiguità dell’Ungheria di Orbán che, nonostante faccia parte dell’Unione Europea e della stessa NATO, è restia a rompere l’intesa che de facto è in essere tra il leader di Fidesz e l’autocrate del Cremlino. In particolare, l’Ungheria ha scelto di non unirsi alle sanzioni energetiche imposte dai partner e di di non inviare armi all’Ucraina, appellandosi rispettivamente all’interesse nazionale e alla volontà di non esacerbare la tensione internazionale.[1] Come prevedibile, questa scelta è stata fortemente criticata dagli altri membri UE e NATO e anche da quei paesi che, negli ultimi anni, hanno fatto fronte comune con Orbán nel muro contro muro intrapreso con Bruxelles. In particolare, la Polonia (fino ad oggi saldo alleato di Budapest in seno al cosiddetto Gruppo di Visegrád[2]) si è mostrata fortemente critica nei confronti dell’approccio eccessivamente soffice dell’Ungheria nei confronti della Russia.[3]
La Polonia, che nel secolo scorso è stato uno dei fulcri dei movimenti di resistenza anti-sovietici, conferma ora la sua durezza nei confronti di Mosca adottando una posizione molto chiara contro il Cremlino e la sua azione in Ucraina; basti pensare che il governo di Varsavia, oltre a sostenere esplicitamente l’ipotesi dell’invio di un contingente di pace NATO in Ucraina, si è detto disponibile a cedere i propri cacciabombardieri a Kiev che sarebbero poi rimpiazzati da F-16 di fornitura statunitense.[4]
Del resto, la Polonia aveva già reso chiara la propria posizione in occasione della riunione del Triangolo di Weimar[5], tenutasi a Berlino l’8 Febbraio, quindi prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. In quella circostanza, il Presidente polacco Duda ha affermato senza giri di parole che la minaccia russa è più grave dell’”imperialismo di Bruxelles”, sotterrando dunque, almeno per il momento, l’ascia di guerra che Varsavia ha fino ad oggi agitato contro la Commissione Europea che, viste le violazioni dello stato di diritto e gli attacchi all’indipendenza della magistratura polacca perpetrati dal governo nazionalista-conservatore di Andrzej Duda, si era vista costretta ad attivare la procedura di infrazione ex Articolo 7 TUE contro il paese attualmente guidato dal Partito Legge e Giustizia (PiS).[6]
Appare dunque evidente come i due paesi, che finora sono stati saldi alleati nell’asse sovranista e illiberale opposto alle regole di Bruxelles, si trovino ora in una situazione di sostanziale disaccordo su una delle più importanti questioni contemporanee. C’è da aggiungere che questa dissonanza non si limita alle azioni effettive, ma è sottolineata in maniera abbastanza chiara dal botta e risposta dell’ultimo periodo tra i politici polacchi e ungheresi; il leader del PiS Jaroslav Kaczynski, intervistato circa l’atteggiamento dell’Ungheria, ha ammesso “Se mi chiedi se sono felice rispondo no.” “Con tutto il rispetto, accettiamo l’opinione degli altri, ma su questioni come l’energia, le armi e i soldati, non possiamo scendere a compromessi, perché sarebbe contro l’interesse nazionale dell’Ungheria”, è stata la risposta di Kovacs. Il 30 e 31 Marzo si sarebbe dovuto svolgere, a Budapest, il vertice dei ministri della Difesa del Gruppo di Visegrád, saltato proprio a causa delle rimostranze degli altri componenti verso la linea tenuta da Orbán nei confronti di Mosca, giudicata appunto eccessivamente morbida. Abbastanza netta è stata la stoccata della titolare del Ministero della Difesa ceco, Jana Cernochova, secondo cui “i politici ungheresi trovano il petrolio russo a buon mercato più importante del sangue ucraino”; poco dopo, l’omologo polacco Mariusz Błaszczak ha confermato che non avrebbe presenziato al vertice che, come accennato, è stato annullato.[7] Sarà particolarmente interessante osservare gli sviluppi della questione ora che le elezioni politiche in Ungheria si sono svolte e hanno visto la conferma di Orbán alla guida del Paese. Infatti, prima della tornata elettorale, molti commentatori (inclusi gli stessi esponenti del governo della Polonia) avevano previsto ed in qualche modo auspicato che l’atteggiamento ambiguo del leader del Fidesz in qualche modo si attenuasse dopo le elezioni, in vista delle quali invece aveva necessità di presentarsi agli ungheresi come uomo d’equilibrio impegnato attivamente a preservare l’Ungheria dal rischio di essere coinvolta in un’escalation militari dagli esiti incerti e pericolosi. Bisognerà ancora prestare attenzione all’evolversi della Guerra in Ucraina per capire se queste previsioni troveranno riscontro nella realtà degli eventi; ad oggi, ad un mese dalle elezioni in Ungheria, non sussistono ancora elementi a suffragio di quanto supposto. Infatti, l’atteggiamento dell’Ungheria nei confronti della Russia continua ad essere giudicato eccessivamente ambiguo da parte degli alleati ufficiali di Budapest (e non senza ragion veduta, dal momento che Putin non ha tardato a congratularsi con Orban per la vittoria nelle ultime elezioni); se, da un lato, l’atteggiamento dell’Ungheria non sembra cambiare direzione, lo stesso si può dire per quello della Polonia e degli altri paesi del blocco di Visegrad, che continuano a partecipare energicamente alle sanzioni e alla fornitura di armi all’Ucraina.
Al netto di quanto osservato, è tuttavia ancora presto per far coincidere questa diversità di vedute e di azioni tra Polonia e Ungheria con l’inizio di grandi stravolgimenti di alleanze all’interno della politica dell’Unione Europea, dove i due paesi si trovano ancora alleati nell’asse che si oppone ai vincoli di Bruxelles e ancora sottoposti alle rispettive procedure di infrazione.
Aleks Szczerbiak, professore di scienze politiche all’Università del Sussex e specialista in politica polacca contemporanea, sostiene che la frattura sia solo temporanea: «La guerra ha oscurato tutto il resto. A lungo termine, quando i combattimenti finiranno, vedo molto probabile il riemergere dell’alleanza, perché il disaccordo con l’Ue non è scomparso, ha semplicemente cessato di essere priorità”. Di simile avviso appare István Kiss, direttore dell’Istituto del Danubio, un think tank finanziato dal governo ungherese, secondo sarebbe da respingere l’idea per la quale la relazione storica tra Polonia e Ungheria possa essere a un punto di reale rottura e ritiene che la durezza dei espressa dagli esponenti del governo Polacco “sono rivolti principalmente alla popolazione polacca”.[8]
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Note
[1] https://www.startmag.it/mondo/polonia-ungheria-russia/
[2] Il Gruppo di Visegrád si è costituito a seguito di un vertice dei capi di Stato e di governo di Cecoslovacchia, Ungheria e Polonia tenutosi nella cittadina ungherese di Visegrád, posta sulle rive del Danubio.
[3] https://www.affarinternazionali.it/ungheria-e-il-resto-del-v4-di-fronte-alla-guerra-in-ucraina/
[4] https://www.tag43.it/polonia-ungheria-guerra-alleanza-estrema-destra-spaccatura-orban-guerra-ucraina-russia/
[5] Il Triangolo di Weimar è, in economia, l’unione di Germania, Francia e Polonia. Il gruppo promuove la cooperazione tra i tre paesi in momenti di crisi di varia natura
[6] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2022/02/09/polonia-unione-europea-russia
[7] https://www.eastjournal.net/archives/124997
[8] https://www.startmag.it/mondo/polonia-ungheria-russia/