La Cina al COP 27: Pechino influenza il dibattito internazionale anche sul clima


Dopo meno di un mese dal congresso del partito che ha rinnovato la sua leadership, il presidente della repubblica popolare cinese Xi Jinping è stato protagonista di uno dei summit più discussi a livello internazionale: la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP 27).


A cura di Carlotta Mameli

Dal 6 al 18 novembre scorso, il COP 27 ha dato la possibilità ai leader di tutto il mondo di ritrovarsi per concordare nuovi obiettivi e nuove politiche ambientali mirate alla decarbonizzazione. In un momento così delicato, che vede la sicurezza energetica globale minacciata dalle conseguenze della pandemia e dalla crisi in Ucraina, le parole chiave della Conferenza sono state “adattamento” e “resilienza”.
Più di 200 nazioni hanno preso parte al COP 27 ma come sempre, le redini della discussione sono state in mano alle grandi potenze. Seguendo le orme del leader indiano Mori, del brasiliano Lula e di Vladimir Putin, anche Xi Jinping ha deciso di non presentarsi fisicamente a Sharm El-Sheik, saltando un appuntamento   importante al quale una potenza estremamente inquinante come la Cina non potrebbe permettersi di mancare. Tuttavia, il leader della Repubblica Popolare ha inviato un totale di 50 delegati cinesi in Egitto, tra i quali l’inviato speciale per il clima Xie Zhenhua, incaricato di riferire i futuri obiettivi ambientali del Paese.

Gli obiettivi proposti

Xie Zhenhua ha sottolineato la volontà di impegnarsi nella cooperazione internazionale e nel multilateralismo, entrambi fondamentali per compiere dei passi avanti nella lotta contro il cambiamento climatico.[1] Tra gli ambiziosi obiettivi fissati dalla Repubblica Popolare Cinese c’è inoltre la promessa di ottenere una produzione a zero emissioni entro il 2060, raggiungendo il picco massimo non oltre il 2030.[2] Xie Zhenhua ha anche discusso la necessità di adottare delle politiche di sostegno per i Paesi in via di sviluppo, Egitto compreso, tramite sussidi e finanziamenti internazionali concordati tra le grandi potenze.[3] Questa promessa risponde ad una delle maggiori critiche mosse dai Paesi in via di sviluppo, per i quali il prezzo da pagare per il peggioramento delle condizioni climatiche è molto più alto di quello delle grandi nazioni, nonostante queste siano le maggiori responsabili delle emissioni di CO2.
Tuttavia, ogni edizione del COP dimostra la sua totale inefficacia, identificando obiettivi inarrivabili e aspettative troppo ottimiste che vengono puntualmente disattese. Viene da chiedersi quindi se tutte le promesse fatte dalle grandi potenze possano trovare concretizzazione nella realtà.

Solo parole?

Proprio la Cina, uno dei maggiori Paesi emergenti degli ultimi 20 anni, è responsabile del circa 30% delle emissioni di CO2 e di un terzo dei gas serra prodotti globalmente.
Per capire i fattori dietro questi numeri è necessario fare un passo indietro e ripercorrere la storia della crescita economica del Paese. Dal 1985 al 2016 la principale fonte di crescita per l’economia cinese è stata l’industria del carbone, che produce una quantità di CO2 doppia rispetto ai combustibili fossili. La dipendenza da questa risorsa, iniziata più di 20 anni fa, continua ancora oggi: il settore manifatturiero, agricolo, minerario e quello delle costruzioni continuano a richiedere un’enorme quantità di carbone e sono responsabili di più del 63% dell’energia totalmente consumata dal Paese.
Inoltre, in quanto Paese emergente, il settore delle infrastrutture è particolarmente importante, soprattutto se si pensa al rapido fenomeno di urbanizzazione di cui la Cina è stata protagonista negli ultimi 20 anni.[4] La Cina è il principale esportatore mondiale di cemento, la cui industria, secondo i dati di BP Plc [5], produce una quantità di CO2 pari al totale energetico prodotto dall’India intera.
Nonostante ciò, una tendenza opposta si può registrare a partire da marzo 2020.[6] Carbon Brief, uno dei principali siti web che si occupa di cambiamento climatico, ha individuato un crollo del circa 8% delle emissioni nel quadrimestre aprile 2022 – giugno 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.[7]
Si tratta della più grande riduzione delle emissioni in almeno 10 anni, e le cause variano dalla pandemia, alla crisi dell’edilizia e alla riduzione della consumazione di petrolio. Nonostante la percentuale dell’energia consumata dall’industria del carbone si sia ridotta del 12,4% in 10 anni, rimane comunque altissima (56,8%).
Il peggioramento delle condizioni climatiche a livello internazionale e le relative conseguenze certamente non giovano ad un Paese così densamente popolato.
La Banca Mondiale, nel suo report del 12 ottobre 2022, ha stimato che un irreversibile peggioramento delle condizioni ambientali potrebbe comportare una riduzione del PIL tra il -0.5% e il -2.3% già nel 2030. Anche per questo motivo dal 2018 la Cina ha mostrato un impegno maggiore nella creazione di politiche di transizione verso un’economia più “verde”. Tuttavia, le contraddizioni tra promesse e azioni del governo persistono. La Cina continua a dare priorità al settore del carbone, avendo recentemente aumentato la costruzione di centrali elettriche a carbone ed aumentando il ritmo di crescita delle sue emissioni.
Tutte le scadenze imposte negli ultimi anni, che avrebbero dovuto segnare una vera transizione ecologica per la Cina, sono state sorpassate e dimenticate. Il dodicesimo “Piano Quinquennale” proposto da Xi Jinping nel 2010 prevedeva entro il 2015 una riduzione del 16% della quantità di energia consumata e del 17% della produzione di CO2. Un anno dopo, la Cina prometteva di raggiungere il massimo di emissioni prodotte nel 2030, e durante il COP 27 ha modificato nuovamente l’obiettivo, promettendo zero emissioni entro il 2060. [8]
Dalle recenti azioni del governo, però, sembra emergere una nuova volontà di avanzare verso una seria transizione ecologica. Negli ultimi due anni la Cina ha investito nel settore delle rinnovabili, in particolare nelle energie solari ed eoliche, e proprio a giugno di quest’anno ha pubblicato un nuovo piano nel quale conferma la sua volontà di incrementare l’utilizzo di questo tipo di energie. Inoltre, dal 2020 si sta specializzando nella produzione di macchine elettriche dando origine ad un nuovo settore potenzialmente molto fruttuoso.

Impegno internazionale

Trattandosi di un Paese che da almeno 15 anni continua a stravolgere gli equilibri internazionali, l’impatto che l’economia cinese ha sulla comunità globale non può essere sottovalutato. È importante quindi che la Cina prenda parte alle convenzioni internazionali sul clima, incoraggiando la coordinazione di impegni e obiettivi tra le potenze mondiali. La Cina di Xi Jinping è parte della UNFCCC (la United Nation Framework Convention on Climate Change) e del protocollo di Kyoto. Dal 2005 ha avviato un dialogo anche con l’Unione Europea per rafforzare il multilateralismo e la cooperazione in fatto di politiche a lungo termine finalizzate a ridurre le emissioni. Nel 2015 ha inoltre dato origine al fondo di cooperazione per il clima “South-South”, proponendo di finanziare circa 3 bilioni di dollari per assistere il processo di transizione energetica nei paesi in via di sviluppo.

La politica dietro il COP 27: i rapporti con gli States e Taiwan

Esercitando così una crescente influenza nel settore economico, Xi Jinping rimescola le alleanze e manovra il dialogo politico durante ogni evento internazionale. Prova di ciò è il fatto che uno dei temi più discussi dai media durante le settimane del COP 27 è stata l’ennesima manifesta competizione tra Cina e Stati Uniti anche in fatto di ambiente. Riconoscendo il ruolo essenziale che entrambe le potenze giocano nella lotta contro il cambiamento climatico, durante la conferenza il delegato statunitense per il clima si è detto favorevole a collaborare con la Cina per risolvere “ciò che non è una questione bilaterale, ma universale, globale ed esistenziale”. Inoltre, durante l’ultimo E3G (Third Generation Environmentalism) svoltosi a Washington, l’esperta sulla Cina Alexandra Hackbarth ha sottolineato quanto la competizione geopolitica tra le due potenze possa stimolare un mutuo impegno nel migliorare le proprie tecnologie a favore di una produzione ecosostenibile. [9] E ora, subito dopo il COP 27, la partecipazione del presidente Biden ha aumentato le aspettative sulla sua determinazione in materia ambientale, aumentando il prestigio del Paese anche e soprattutto rispetto al rivale Xi Jinping.
L’assenza di quest’ultimo è stata infatti una fra quelle più sentite durante la Conferenza. Motivo di ciò è soprattutto l’aumento delle tensioni bilaterali con gli Stati Uniti riguardo la questione Taiwan. La crescita sostenibile della regione negli ultimi 10 anni (in cui il suo PIL è aumentato del 79% ma le sue emissioni sono state ridotte del 45%.[10]) spaventa la Repubblica Popolare anche in ambito ambientale. Diventando una delle 21 economie più grandi del mondo, Taiwan sta dimostrando di possedere un’industria all’avanguardia e rispettosa dell’ambiente, particolarmente nel settore dei semi conduttori. Tuttavia, non essendo riconosciuta dalla comunità internazionale, Taiwan viene puntualmente esclusa dalle conferenze internazionali, anche e soprattutto a causa dell’enorme influenza esercitata dalla Cina all’interno delle organizzazioni mondiali. Ecco perché davanti alla decisione di includere una delegazione di Taipei nelle discussioni sul clima, i rappresentanti cinesi hanno manifestato apertamente la loro opposizione in virtù dell’idea che esista “una sola Cina” di cui Taiwan fa parte.[11]
La questione Taiwan è un elemento critico che influenza qualsiasi tipo di cooperazione tra Cina e Stati Uniti. Essendo le maggiori economie del mondo e allo stesso tempo le più inquinanti, entrambe condividono la responsabilità e il dovere di collaborare e raggiungere obiettivi concreti in fatto di emissioni. La dichiarazione degli Stati Uniti durante il COP di voler mettere da parte le tensioni bilaterali con la Cina ed essere disposti a lavorare insieme per il clima non è altro che l’ennesima prova di quanto la competizione tra le due potenze sia più viva che mai. Gli Stati Uniti sperano di ottenere la fiducia necessaria per assumere il ruolo di leader della comunità internazionale, mostrando un atteggiamento all’insegna della diplomazia e della cooperazione con il nemico per il bene della comunità globale. Mostrandosi più aperto verso il multilateralismo, anche Xi Jinping sembra muoversi verso lo stesso obiettivo. Ciò che rimane certo è che, qualsiasi sia la natura della cooperazione, un’efficace coordinazione di impegni concordata tra le potenze più inquinanti è essenziale per risolvere, sebbene forse solo in parte, un problema globale come il cambiamento climatico.


Note 

[1]“COP27: China climate envoy says Beijing committed to carbon neutrality” Reuters (8 novembre 2022) https://www.reuters.com/markets/carbon/cop-27-china-climate-envoy-says-beijing-committed-carbon-neutrality-2022-11-08/
[2]“China Delivers Blow to Climate With New Building Emissions Deadline” Bloomberg (19 novembre 2022) https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-11-09/china-delivers-blow-to-climate-with-new-building-emissions-deadline?leadSource=uverify%20wall

[3]“China Starts COP27 With Call for Climate Aid to Poorer Nations” Bloomberg (6 novembre 2022) https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-11-06/china-starts-cop27-with-call-for-climate-aid-to-poorer-nations?leadSource=uverify%20wall
[4] “How is China Managing its Greenhouse Gas Emissions?” China Power Project (sito visitato in data 13 Novembre 2022) https://chinapower.csis.org/china-greenhouse-gas-emissions/

[5] precedentemente, la British Petroleum Company plc), una multinazionale petrolifera e del gas con sede a Londra, fondata nel 1908.
[6] “China’s carbon emissions fall 8% as economic growth shows” Financial Times (1 settembre 2022) https://www.ft.com/content/3eb8aee7-6cd7-4811-97de-f16390b75c17
[7]“Analysis: China’s CO2 emissions see longest sustained drop in a decade” Carbon Brief (30 maggio 2022) https://www.carbonbrief.org/analysis-chinas-co2-emissions-see-longest-sustained-drop-in-a-decade/
[8] “How is China tackling climate change?” the London School of Economics and Political Science / Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment (25 luglio 2022) https://www.lse.ac.uk/granthaminstitute/explainers/how-is-china-tackling-climate-change/

[9] “U.S: – China global influence battle takes center stage at COP27” Politico (6 novembre 2022) https://www.politico.com/news/2022/11/06/cop27-china-climate-action-00065279
[10] “La Cina inquina ma guida la Cop. Taiwan resta fuori” Formiche (6 novembre 2022) https://formiche.net/2022/11/cina-taiwan-cop27/
[11] “China complains over support for Taiwan at COP27 climate summit” Reuters (15 novembre 2022) https://www.reuters.com/business/cop/china-complains-over-support-taiwan-cop27-climate-summit-2022-11-15/


Foto copertina: Xie Zhenhua, l’inviato speciale della Cina per il clima, parla alla COP 27 martedì a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Foto di Peter Dejong/AP