La Russia senza “la Russia”?


Il conflitto in Ucraina ha cambiato tutto, o forse no. Vecchie remore riemergono e un copione è finalmente stato “recitato” appieno, forse involontariamente.


Cos’è la Russia senza “la Russia”?, una domanda che può suonare dissonante e distopica ma contenente al suo interno un concetto altrettanto particolare, ovvero quello delle “aspettative che si autorealizzano”[1]. Un concetto di origine economica che però ha trovato ampie applicazioni nelle scienze sociali. Questo fenomeno ci porta a ragionare sul fatto che spesso ciò che tutti si aspettano che accadrà (atteggiamenti, movimenti economici, scelte politiche) potrebbe influenzare a tal punto alcuni atteggiamenti da spingerli a risultare preventivi nei confronti di un qualcosa che ancora non è accaduto. Il soggetto di queste attenzioni preventive, stando alla teoria, potrebbe infine iniziare a sentirsi spinto ad agire in risposta a queste azioni preventive. “Come recita il teorema di Thomas, ‘Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze’”[2]. Un discorso, questo, che sembra ingarbugliarsi sempre più senza un effettivo soggetto di cui discutere, o meglio, un esempio. A tal proposito la questione della Federazione Russa è calzante. Non risulta essere una “novità” per il mondo occidentale (che in questa occasione sarà riassuntivo del mondo europeo-statunitense) che i sovietici prima e i russi poi siano etichettati spesso come “i cattivi”, e che questo sia fondato o meno non sarà approfondito in questo articolo. Sarebbe, però, impossibile citare i tanti modi in cui questi sono stati rappresentati in film, serie televisive, libri…in linea con questo ruolo assegnatogli e questo trend è continuato anche a seguito della caduta dell’impero sovietico. Lo stretto legame tra la geopolitica e la cultura popolare ha fatto si da rendere quest’ultima un potente strumento non solo di propaganda ma anche di diffusione di messaggi politici importanti quali anche l’identificazione del nemico, del giusto o sbagliato e anche dei valori[3]. Questo discorso non è prettamente occidentale ma in ogni parte del mondo il rapporto tra geopolitica e cultura popolare è strettamente intrecciato e atto a questi scopi. Questo passaggio è particolarmente importante per il discorso, poiché la cultura popolare è veicolo anche di alcune correnti e pensieri che giustificati o meno fanno parte dell’applicazione pratica della teoria delle aspettative che si autorealizzano. La Federazione Russa è considerata (e si considera) dal mondo intero l’erede legittima dell’Unione Sovietica, o almeno in parte, e compreso in questa grande e variegata eredità vi è anche il pesante fardello della reputazione dell’Urss. Un mondo ampiamente oscuro nonché misterioso, macchiatosi spesso di azioni deplorevoli e oppressive come la repressione della rivoluzione ungherese del 1956[4]. Con la caduta dell’impero sovietico e la nascita della Federazione Russa, probabilmente molti osservatori internazionali credettero che anche questa in veste di “erede” sarebbe sparita di lì a poco mentre altri, soprattutto in seno al Consiglio di Sicurezza[5] delle Nazioni Unite, si prodigarono affinché questa potesse effettivamente ereditare il seggio e tutti i suoi privilegi. Di seguito verrà riportata parte dello statement che l’allora Presidente della Federazione Russa, Boris Eltsin inviò al Segretario Generale della Nazioni Unite:

Sir,
I have the honour to inform you that the membership of the Union of Soviet Socialist Republics in the United Nations, including the Security Council and all other organs and organizations of the United Nations system, is being continued by the Russian Federation (RSFSR) with the support of the countries of the Commonwealth of Independent States. In this connection, I request that the name “the Russian Federation” should be used in the United Nations in place of the name “the Union of Soviet Socialist Republics”. (…)Yeltsin”[6]

Il desiderio di vedere poi smantellata anche la neonata Federazione Russa è stato particolarmente sentito da parte del panorama politico Usa che probabilmente contava di vederla disciolta nell’immediato post-Guerra fredda.[7] Quest’ultima, però, è sopravvissuta, in parte anche aggrappandosi a quella che era una parvenza di ruolo internazionale da “superpotenza” come lo fu l’Urss. Questo ha però contribuito ad alimentare non solo il mito dell’”eredità” ma anche tutta una serie di atteggiamenti e posture internazionali particolarmente aggressive e di hard power  da parte del Cremlino che alimentarono e alimentano (oggi più che mai) l’immagine internazionale del “cattivo”; immagine che però è stata tradotta in fama da “grande potenza ritrovata” e di difensore del popolo russo tutto nel panorama interno alla Russia. Del resto, parte del discorso che Putin pronunciò alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel 2007 era atta proprio a ribadire questo punto[8].  Le guerre cecene, le guerre in Georgia, l’annessione della Crimea e oggi l’invasione dell’Ucraina tutta. Unitamente a una diversa “lista” di valori e un orientalismo politico[9] particolarmente marcato in alcuni settori socio-politici hanno fatto sì da allontanare sempre più la Federazione Russa dalla sua dimensione europea, dimensione che a fatica Gorbačëv[10] e Eltsin avevano tentato di costruire. Nel mentre, le azioni della Federazione Russa di Putin sembravano essere perfettamente in linea con una narrazione occidentale risalente ai tempi della Guerra fredda, favorendo ulteriormente il radicamento delle immagini previamente citate nelle menti europee e americane, nonché, sempre in linea con la teoria delle aspettative che si autorealizzano, favorendo atteggiamenti atti a prevenire gli effetti delle azioni “dei russi”. A questo punto, è necessario chiarire che la teoria delle aspettative che si autorealizzano non può essere utilizzata come strumento esplicativo di tutte quelle che sono le complesse relazioni del mondo occidentale con la Federazione Russa e potrebbe risultare essere null’altro che una piccola parte di un’analisi di ampio spettro di questi ultimi. Eppure, sebbene sia una piccola chiave di lettura, insufficiente per poter chiarire questa complessa ragnatela di relazioni amichevoli e non, è a tutti gli effetti una chiave di lettura. Dunque, la domanda di fondo di questo scritto, cos’è la Russia senza “la Russia”?, richiede di definire cosa sia quest’ultima senza quel concetto radicato di un paese che nella cultura di massa ricorda ancora bandiere rosse, carri armati, oscurantismo e un freddo paragonabile solo all’animo degli stereotipati personaggi cinematografici russi. Purtroppo, la comprensione e la visualizzazione di una Russia nuova e diversa dal solito stereotipo non è cosa facile sebbene la storia, la cultura e l’arte siano fortemente radicate ed intrecciate con la cultura europea, e non è e non deve essere un cambiamento unicamente nel nostro modo di vedere. La Russia dovrebbe innanzitutto lavorare su se stessa per poter creare un’immagine nuova e lavare l’onta del passato e anche del presente. Al momento questa volontà non sembra essere manifestata dalla maggioranza della popolazione russa, che ancora fortemente ancorata ad un passato di gloria e potenza rifiuta di vedere la realtà dei fatti né tantomeno da parte dell’attuale dirigenza del Cremlino, che è ancora ampiamente legata al passato sovietico. Un’economia in crisi, un popolo indottrinato e a volte ridotto al silenzio nonché un sistema di potere gerarchico e precario che sebbene abbia ad oggi il volto di Putin, vanta radici ben più diramate tra i siloviki[11] e i grandi oligarchi sono probabilmente i grandi ostacoli che impediscono alla Russia attuale di potersi rinnovare e tornare a guardare ad una dimensione europea che potrebbe portare alla creazione della “casa comune europea” sognata da Gorbačëv abbandonando l’oscuro ruolo che la Russia sovietica ha ricoperto durante gli anni della Guerra Fredda.


Note

[1] I primi studi sulla profezia che si autorealizza si devono a Robert K. Merton e William Thomas, due sociologi che avevano notato come le aspettative nel mondo dell’economia producessero risultati reali, anche quando si trattava di idee infondate. Per esempio, se le persone si aspettano che una certa banca stia per fallire, guidati da questo timore finiranno per prelevare i loro risparmi, condannando realmente la banca al fallimento. E questo a prescindere delle reali disponibilità iniziali della banca. Infatti, come recita il teorema di Thomas, «Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze». https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/la-profezia-che-si-autorealizza-dalle-aspettative-alla-realta/
[2] Ibidem
[3] E. Dell’Agnese, Paesaggi ed eroi. Cinema, nazione, geopolitica, Utet, Torino 2009
[4] https://www.treccani.it/enciclopedia/rivolta-di-budapest_%28Dizionario-di-Storia%29/#:~:text=Budapest%2C%20rivolta%20di%20Movimento%20di,cui%20la%20riabilitazione%20di%20L.
[5] https://www.un.org/securitycouncil [6]https://web.archive.org/web/20031123143520/http://www.iaea.org/Publications/Documents/Infcircs/Others/inf397.shtml#att1
[7] E. Brighi, F. Petito, Il Mediterraneo nelle relazioni internazionali, cit. p. 95
[8] Trascrizione ufficiale dell’intervento del Presidente russo Vladimir Putin alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco 2007 https://www.president.kremlin.ru/eng/speeches/2007/02/11/0138_type82914type84779_118135.shtm
[9]  E. W. Said, ORIENTALISMO, L’ immagine europea dell’ Oriente, Ed. Feltrinelli, 2013 [10] https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2019/07/guerra-fredda-gorbaciov-fine/
[11] https://www.opiniojuris.it/siloviki-e-il-ruolo-nelle-nuove-agenzie-di-intelligence-nella-russia-di-putin/


Foto copertina: Mosca, Piazza Rossa. Wikipedia