[dropcap]Gli scontri[/dropcap] riesplosi in Libia lo scorso 4 aprile rappresentano lo sviluppo naturale della strategia espansionistica messa in atto dalle milizie del Generale Khalifa Haftar negli ultimi mesi e più in generale della condizione d’instabilità cronica in cui il paese libico versa fin dal 2011, anno della caduta del decennale regime del colonnello Muammar Gheddafi.
Dopo numerosi ed infruttuosi tentativi di giungere ad una soluzione condivisa da parte di tutte le forze in campo, sfuma -almeno per il momento- la possibilità di riunire la Conferenza Nazionale libica in programma dal 14 al 16 aprile, rinviata dall’attuale rappresentante speciale della missione ONU in Libia Ghassam Salamé[1]. Con un bilancio di 205 morti e di oltre 910 feriti dall’inizio delle ostilità[2], la Libia è ormai sull’orlo di una nuova guerra civile che prefigura ingenti conseguenze sul piano umanitario ed inevitabili effetti sugli attuali assetti geopolitici.
Uno scenario frammentato
Molteplici e multiformi tessere contribuiscono a comporre l’intricato mosaico di attori ed interessi divergenti che si fronteggiano sullo scacchiere libico, un mosaico che si è andato consolidando negli ultimi otto anni a partire dalla deposizione di Gheddafi e delle fratture sorte all’interno dello stesso Consiglio Nazionale di Transizione[3] fra sostenitori di una continuità con il regime di Gheddafi e i fautori di una rottura netta.
Nel 2012 si tengono in Libia le prime elezioni democratiche dopo sessant’anni che portano alla formazione del General National Congress (GNC), l’assemblea legislativa incaricata di guidare il Paese verso una costituzione democratica e di nominare un nuovo governo con un mandato di due anni. Le tensioni però riaffiorano nel 2013 con la legge sull’isolamento politico, che vieta a tutti coloro che hanno servito il vecchio regime di partecipare alla vita politica, e l’emersione dell’ala islamista nel Parlamento rappresentata dal partito Giustizia e Costruzione[4], in un contesto di crescente polarizzazione fra tra forze politiche e militari islamiste e non-islamiste.
Ciò provoca la risposta del generale Khalifa Haftar[5], che raccoglie le forze messe al bando dalla legge sull’isolamento e lancia nel maggio del 2014 l’ “Operazione Dignità” in opposizione alle milizie islamiste e con l’obiettivo della formazione di un Esercito Nazionale Libico (anche noto come Libyan National Army o LNA), godendo dell’appoggio politico e finanziario di Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita[6]. A fare da contraltare alle milizie di Haftar interviene però l’operazione “Alba Libica”, che raggruppa forze islamiste, frange rivoluzionarie e città-stato della Tripolitania tra cui la potente Misurata.
Il risultato è una serie di combattimenti, che da Bengasi si estendono alla Tripolitania. Il 25 giugno del 2014 si tengono intanto nuove elezioni politiche sulla base di una nuova legge elettorale, che prevede l’elezione dei candidati su base personale e non sulla base dell’appartenenza ad un partito o una coalizione partitica. Soltanto un quinto circa degli aventi diritto vi partecipa. La Camera dei Rappresentanti (nota anche come House of Representatives o HoR) eletta regolarmente a giugno non riesce ad insediarsi a Bengasi e viene spostata a Tobruk, nella regione orientale della Cirenaica controllata da Haftar, per poi essere successivamente boicottata da un terzo dei suoi membri che ritengono la zona non neutrale e non riconoscono le decisioni prese in un simile contesto[7]. Il governo di Al-Thani invece, erede di quello di transizione formato nel 2012, si rifugia ad est nella città di Beida[8] e ottiene la fiducia della neoeletta HoR. Alba Libica riesce a conquistare Tripoli dopo le elezioni del giugno 2014 e qui reinsedia il General National Congress, dichiarato nuovamente parlamento nazionale[9], e fonda il Governo di Salvezza Nazionale, a guida islamista e retto da Khalifa Ghwell.
La Libia si ritrova quindi spaccata in due, divisa fra due centri di potere in contrasto fra loro (Tripoli e Tobruk/Beida). Si determina così il dualismo delle istituzioni libiche destinato a perdurare sino ad oggi. Allo scopo di gestire la crisi libica e favorire una stabilizzazione del Paese, l’ONU dà il via all’UNSMIL (la United Nations Support Mission in Libya), che promuove la formazione di un governo di unità nazionale in grado di riportare il territorio libico sotto un’unica autorità. L’obiettivo è raggiunto con gli accordi di Skhirat conclusi nel dicembre del 2015, che prevedono l’istituzione di un Consiglio Presidenziale (CP) di nove membri[10] e di un provvisorio Government of National Accord (GNA), entrambi guidati da Fayez al-Sarraj, membro della Camera dei Rappresentanti scelto dallo Special Envoy della missione ONU Bernardino Leon[11].
Inoltre, la Camera dei Rappresentanti è designata dal cosiddetto Libyan Political Agreement (LPA) come il legittimo Parlamento con l’incarico di conferire legittimità al nuovo governo, mentre il GNC riesumato da Alba Libica a Tripoli ha il compito di nominare l’Alto Consiglio di Stato, un organo meramente consultivo. Il GNA si configura dunque come l’unico governo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite e dalla maggior parte degli Stati occidentali. Tuttavia, tale configurazione istituzionale risulta debole e incapace di superare il dualismo istituzionale in Libia, attribuendo di fatto grande influenza al centro alternativo di potere rappresentato dall’Est di Haftar, che controlla di fatto il governo di Beida e la HoR. Quest’ultima non ha finora votato la fiducia al GNA e non ha approvato l’emendamento costituzionale necessario per rendere operativi gli Accordi di Skhirat[12]. Di conseguenza, il governo di al Thani non ha mai trasferito i propri poteri al GNA[13]. In aggiunta, il Primo Ministro al-Sarraj appare una figura poco carismatica, vista da molti come un’imposizione del rappresentante speciale Bernardino Leon piuttosto che come una scelta dei libici[14]. Incapace di esercitare un controllo effettivo sulla capitale Tripoli, il governo al-Sarraj ha dovuto fronteggiare fino al 2017 l’opposizione del Governo di Salvezza Nazionale lì situato, che ha contribuito a minare il consenso al GNA e la sua efficienza con atti di sabotaggio e con un tentato colpo di Stato[15] nel 2016. Tuttora il GNA si affida a milizie locali e di orientamento islamista per la propria sicurezza[16], in un contesto in cui le milizie condizionano le autorità ed esercitano influenza sulle istituzioni, piuttosto che agire secondo le direttive delle autorità[17].
Si delinea pertanto negli ultimi anni uno scenario estremamente frammentato: con un governo riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale nella regione della Tripolitania ma con un’estensione a Tobruk contrapposto alla Cirenaica, su cui si esercita il controllo de facto di Haftar e delle sue milizie riunite nel Libyan National Army (LNA)[18] e in cui si situa il governo di Beida, retto solo nominalmente da Al-Thani. Un ulteriore fattore di destabilizzazione è poi rappresentato dalla presenza di cellule jihadiste, residui dello Stato Islamico in Libia sconfitto nel 2015, le quali riescono ancora a controllare parti delle città di Sirte, Derna e Sabratha[19].
Un caos dalla forte dimensione internazionale
Su questo frammentato quadro interno si innestano gli interessi di potenze regionali e internazionali, che intervengono sostenendo l’uno o l’altro degli attori in campo. L’attività di mediazione dell’UNSMIL è sostenuta dall’Unione Europea, dall’Unione Africana e dall’International Contact Group for Libya (ICG-L) costituito al suo interno, dalla Lega degli Stati Arabi e dagli Stati Uniti che insieme a Regno Unito, Francia, Germania e Italia hanno emesso “dichiarazioni congiunte” a sostegno della mediazione dell’ONU. Sebbene molti Stati sostengano di appoggiare la strategia dell’ONU di stabilizzazione del paese libico, tendono tuttavia spesso nel concreto a divergere da tale linea politica nel perseguimento dei propri interessi nazionali, ostacolando in tal modo il cammino verso una pacificazione e una transizione democratica in Libia. Nell’ambito del contesto regionale Tunisia, Marocco ed Algeria hanno appoggiato la roadmap dell’ONU, dando supporto al processo di mediazione e ai negoziati fra le parti.
È infatti a Skhirat in Marocco che viene siglato l’Accordo Politico Libico per la formazione del GNA e istituito il Consiglio Presidenziale Libico. Tuttavia, l’Egitto e gli Stati arabi conservatori, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, costituiscono i principali oppositori della strategia promossa dal Consiglio di Sicurezza, dimostrandosi poco interessati ad una risoluzione della crisi libica e offrendo sostegno militare e finanziario alle forze del generale Haftar[20]. Sul suolo libico si riverberano giochi di alleanze e contrasti che coinvolgono Stati arabi mediorientali, Egitto e Turchia. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU) mirano a contrastare il rischio dell’emersione di un islamismo riformista capace di coniugare la fede islamica con assetti democratici di potere in Nord Africa, che in Libia appoggia il governo di al-Serraj[21]. In particolare, Riad è tradizionalmente ostile all’organizzazione dei Fratelli Musulmani, vista come una minaccia per la giustificazione religiosa alla base della sua monarchia[22].
Tale rischio si è notevolmente indebolito con l’instaurazione del regime di Al-Sisi in Egitto, il quale, estromessi i Fratelli Musulmani dalla scena politica egiziana, è tornato ad ergersi come baluardo contro l’islamismo riformista in Africa e a riequilibrare le forze nella regione a favore di Riad e Abu Dhabi[23].
All’ostilità di EAU e Arabia Saudita, si affiancano poi gli interessi nazionali dell’Egitto come fonte di supporto per il governo alternativo della Cirenaica. A partire in particolar modo dalla pubblicazione di un video nel 2015 da parte dello Stato Islamico in cui 21 egiziani copti vengono decapitati[24], interesse primario del Cairo è divenuta la tutela della sicurezza nazionale. Un Egitto che si è percepito sempre più accerchiato dal pericolo del radicalismo islamico, promanante sia dalla Cirenaica che dal Sinai, ha posto in atto una strategia tesa ad indebolire la Fratellanza Musulmana, ritenuta direttamente collegata con il terrorismo jihadista, e a rafforzare la Libia orientale e la sua funzione di “stato cuscinetto” contro l’ISIL[25]. Una strategia, dunque, che passa necessariamente attraverso un sostegno di natura politica e militare al fronte laico e non-islamista capeggiato da Haftar. Il “blocco” costituito da Egitto, Arabia Saudita ed EAU è controbilanciato dalla stretta collaborazione fra Turchia e Qatar, paesi sostenitori delle forze islamiste che compongono il GNA. Una loro vittoria infatti dimostrerebbe la validità del modello di islam politico di cui Turchia e Qatar si fanno promotrici, garantendo loro inoltre un importante alleato nella regione[26]. Il “blocco” turco-qatariota, consolidatosi attraverso accordi di cooperazione militare e di difesa reciproca e un crescente volume di interscambi commerciali nell’ultimo decennio[27], sembra tuttavia incapace di esercitare sul Governo di Accordo Nazionale la stessa influenza che Egitto, Arabia ed EAU hanno su Tobruk[28].
La contrapposizione fra i suddetti gruppi di alleanze con riferimento agli schieramenti opposti sostenuti in Libia è da inquadrare poi in un più generale contesto di tensioni fra le potenze menzionate, spesso collegate ai costanti attriti fra Arabia Saudita e Iran per l’egemonia nella regione mediorientale. Riad mal tollera l’indipendenza che il Qatar si è ritagliato sia sul piano dell’interpretazione della corrente conservatrice sunnita prevalente negli stati del Golfo, sia sul piano degli affari esteri. Doha infatti mantiene rapporti cordiali con l’Iran, condivide col principale rivale dei sauditi il possesso del più grande giacimento di gas naturale al mondo situato nel Golfo Persico[29] e in passato ha dato aperto sostegno ai Fratelli Musulmani anche tramite la sua influente emittente Al Jazeera[30]. Nel 2017 il Qatar è stato infine accusato di sostenere il terrorismo e isolato diplomaticamente da Arabia Saudita, EAU, Bahrein ed Egitto.
Attriti e contrasti regionali si intersecano a loro volta con gli interessi strategici di fondamentali attori internazionali, che spingono le potenze internazionali a intraprendere iniziative autonome e a puntare a soluzioni divergenti rispetto a quelle prospettate dall’UNSMIL, insinuando elementi di contraddizione ed interferenze all’interno della linea promossa dall’ONU. Spaccature e divisioni si sono profilate in relazione alle modalità di lotta contro l’ISIL. L’esigenza di lotta all’espansione del jihadismo in assenza di un unico governo centrale dotato di forze armate leali, ha indotto Stati Uniti, Regno Unito e Francia ad attuare strategie di contro-terrorismo, avvalendosi dell’aiuto di forze locali non sempre vicine al governo al-Sarraj[31].
In particolare, la Francia si è avvicinata sempre di più a forze leali al generale Haftar nel quadro di un’alleanza generale e non solo meramente tattica[32]. Vari sono i fattori alla base del progressivo allineamento fra Parigi e Haftar. Rilevano in primo luogo gli interessi economici della Francia, presente in Libia con la Total nel campo centro-orientale di Mabrouk e in quello occidentale di El Sharara e interessata ad acquisire fette più ampie del mercato libico e a estendere la sua influenza nel Sud della Libia, ricco di miniere di uranio[33]. Non meno rilevanti sono poi fattori di natura geopolitica. Tra questi, un primo fattore è l’interesse a proteggere i regimi dei paesi del Sahel a forte influenza francese (Mali, Niger, Ciad). Haftar, alleato del Ciad e del regime del presidente Déby vicino alla Francia, ha di recente colpito le posizioni dei ribelli ciadiani rifugiatisi nel Sud della Libia[34], dimostrandosi un potenziale difensore degli interessi francesi nella regione. Un altro fattore è poi la politica francese di appoggio all’Egitto, motivata da convenienze economiche e dalle politiche del regime di al-Sisi, in linea con gli obiettivi francesi di protezione degli Stati alleati del Sahel e di lotta al terrorismo islamico[35]. L’appoggio che di fatto (non apertamente) la Francia offre ad Haftar rappresenta pertanto un ostacolo fondamentale al consolidamento e all’affermazione del Governo di Accordo Nazionale.
Gli Stati Uniti invece hanno mantenuto un profilo decisamente più basso in termini di intervento nella regione. Sebbene abbiano partecipato alle operazioni militari del 2011 accanto a Francia e Regno Unito e contribuito alla caduta del regime di Gheddafi, la loro politica estera verso la Libia è stata dominata da un atteggiamento riluttante e di disimpegno, riassunto dalla formula leading from behind. E proprio tale atteggiamento appare un’ulteriore fonte di destabilizzazione, considerato che al momento solo gli Stati Uniti godono di una leadership e di un leverage tale da poter mediare fra gli interessi contrapposti dei vari attori in campo e riportare stabilità nel caos libico[36].
Più ambigua è la posizione assunta dalla Russia, che ha riconosciuto il governo al Sarraj ma ha preferito poi schierarsi con Haftar. Una motivazione è l’obiettivo di Mosca di reprimere l’islamismo, che la rende diffidente anche a soluzioni di compromesso come quella del GNA di al Sarraj.[37] Inoltre, Mosca probabilmente mira a mantenere uno stato di instabilità nella zona, per poter più facilmente estendere la sua influenza nel Mediterraneo.[38]
Un ruolo più marginale è poi rivestito dalla Cina, che non ha mire di natura geo-strategiche nell’area ma solo interessi commerciali[39]. Pertanto, la Cina ha appoggiato anch’essa la roadmap proposta dall’ONU e potrebbe ostacolarla in sede di Consiglio di Sicurezza solo nell’ipotesi in cui essa confligga con i suoi interessi nazionali[40].
L’Italia al contrario è il Paese che più di tutti ha interessi rilevanti da preservare nel contesto libico ed è direttamente investito dalle ripercussioni del caos nella regione. L’Italia è estremamente dipendente dagli approvvigionamenti di petrolio e gas naturale provenienti dalla Libia, che coprono il 30% del fabbisogno nazionale, ed è presente sul territorio libico con piccole e medie imprese e con l’ENI, che controlla oltre il 70% della produzione petrolifera[41]. Inoltre, l’ingovernabilità del Paese determina importanti ricadute sul fenomeno dell’immigrazione clandestina diretta verso l’Italia, in ragione di cui il governo Gentiloni è stato indotto nel febbraio 2017 a stringere un memorandum d’intesa con Fayez al-Sarraj allo scopo di bloccare i flussi di immigrazione illegale[42]. A differenza di altri attori che traggono vantaggio dalla perenne instabilità, l’Italia è dunque fortemente interessata ad una risoluzione dell’attuale stato di crisi e alla riaffermazione della legittimità dello Stato libico.
Dallo stallo politico alla riapertura delle ostilità
In un simile groviglio di attori e interessi contrastanti, sempre più è emersa la fragilità e l’inefficacia del compromesso raggiunto nel 2015 con il Libyan Political Agreement. In primo luogo, l’accordo è stato negoziato con il coinvolgimento di delegati non rappresentativi di tutte le parti in campo, in particolar modo delle influenti milizie e dei gruppi armati, dei leader tribali e del generale Haftar[43].
Il GNA poi non ha mai ricevuto la fiducia ufficiale della HoR e non ha dunque mai ottenuto piena legittimità. Inoltre, l’LPA aveva una durata prefissata di due anni dalla sua entrata in vigore ed è pertanto estinto a partire dal dicembre del 2017. Tuttavia, il GNA e i suoi sostenitori a livello internazionale hanno argomentato che in realtà l’accordo non è mai entrato in vigore e che i due anni non sono mai realmente iniziati[44], cercando di sostenere la difficile posizione del GNA ma allo stesso tempo stagliando ulteriori dubbi sulla sua legittimità.
Nel tentativo di porre rimedio a tale situazione di stallo, il nuovo Special Envoy dell’UNSMIL Ghassam Salamé ha elaborato un Piano d’Azione fondato su quattro passi principali: modifica dell’LPA tramite negoziazioni fra rappresentanti della HoR e dell’Alto Consiglio di Stato; riunione di una Conferenza Nazionale per l’approvazione di una carta su principi e comportamenti comuni e la promozione del processo di pace; referendum per l’approvazione di una bozza di una nuova costituzione; nuove elezioni generali. Tale progetto è però andato incontro ad ostacoli in fase di implementazione. I negoziati per una modifica dell’LPA si sono bloccati, la convocazione della Conferenza è stata di volta in volta rinviata, la HoR non ha approvato una legge sul referendum e il Paese resta impreparato sul piano politico ed organizzativo per nuove elezioni.[45] In particolare, la “Conferenza sulla Libia”[46] organizzata a Parigi il 29 maggio aveva stabilito il 10 dicembre come data per le elezioni in Libia e il 16 settembre come termine ultimo entro cui doveva tenersi il referendum per l’approvazione di una nuova legge costituzionale, che avrebbe offerto il quadro istituzionale in cui si sarebbero dovute tenere le elezioni. Tuttavia, la Camera dei Rappresentanti di Tobruk non ha mai legiferato entro i termini stabiliti, spingendo il rappresentante speciale ONU Ghassam Salamé a elaborare un piano alternativo rispetto al Piano D’Azione che prevedeva un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nel processo elettorale in Libia, per garantirne il corretto svolgimento[47].
Il governo italiano ha poi organizzato una conferenza internazionale tenutasi a Palermo il 12 e il 13 novembre allo scopo di accompagnare il Paese libico verso le elezioni fissate per il 10 dicembre 2018. Al vertice di Palermo hanno partecipato il Primo Ministro al-Sarraj e i Presidenti della HoR e dell’Alto Consiglio di Stato, mentre più ambigua è stata la partecipazione del generale Haftar. Durante il summit l’Italia ha puntato a costruire consenso verso una roadmap promossa dalle Nazioni Unite, proponendo un maggiore coinvolgimento dei gruppi armati che hanno realmente controllo sul territorio. Si è evitato invece di stabilire nuove linee e scadenze, per evitare l’effetto controproducente di un inasprimento delle tensioni fra le varie forze politiche[48]. Il summit ha dunque prodotto dei risultati soddisfacenti, consentendo per di più un riposizionamento di Roma rispetto a Parigi sul piano internazionale[49].
La realtà dei consessi internazionali si è andata però sempre più scollegando da quella del territorio libico. Nonostante Khalifa Haftar partecipi alle conferenze internazionali e si mostri disponibile a trattare, in nome della lotta al jihadismo ha continuato l’espansione verso Sud e negli ultimi mesi è riuscito a estendere il proprio controllo sulla regione meridionale del Fezzan e a giungere alle porte di Tripoli[50], mettendo così in crisi gli equilibri politici raggiunti nell’ambito dei vertici internazionali e agendo secondo una “politica dei fatti compiuti”[51]. Ha continuato a perseguire l’obiettivo di entrare nella capitale, traendo vantaggio da un clima generale di appeasement determinato dal disinteresse degli Stati Uniti verso lo scacchiere libico, dalla scarsa incisività dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, che offrono un sostegno sempre più debole e meramente formale al GNA[52].
Ciò, insieme al supporto economico emiratino e di quello militare russo[53], gli ha consentito di ottenere risultati mai raggiunti prima negli ultimi otto anni in Tripolitania e nel Fezzan: ha conquistato fra gennaio e febbraio il Fezzan; si è impadronito dei principali pozzi petroliferi della regione; ha unificato un territorio vasto ed eterogeneo, guadagnando l’appoggio di gran parte della popolazione locale[54] e stringendo accordi con le differenti tribù locali[55] Tuareg, Tebu e arabe come gli Awlad Suleiman. Sfruttando la posizione di forza così raggiunta e facendo leva sull’immagine di salvatore della patria dal terrorismo islamista, lo scorso 4 aprile Haftar ha ordinato all’LNA di avanzare verso Tripoli, allo scopo di conquistarla e liberarla dalle milizie rivali[56]. Gli scontri si sono aperti nelle città a Sud di Tripoli fedeli a Fayez al-Sarraj[57], assediate dalle milizie di Haftar, e il governo di Tripoli ha dichiarato lo stato di massima emergenza, convocando inoltre le milizie di Misurata per concordare una “reazione unificata” contro le truppe di Haftar[58]. In una simile escalation delle tensioni è naufragata per il momento la riunione della Conferenza Nazionale programmata fra il 14 e il 16 aprile e sono risultati vani i tentativi del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres di dialogare con Haftar per scongiurare un confronto militare e raggiungere una soluzione politica alla crisi[59].
La presa della capitale tuttavia si sta rivelando più complessa di quanto l’“uomo della Cirenaica” si aspettasse. Il generale riteneva di riuscire a far sollevare la città di Tripoli contro il debole governo al-Sarraj e di determinare una spaccatura fra le truppe di Tripoli e di Misurata, che gli avrebbe consentito di entrare pacificamente nella capitale e sferrare il colpo di grazia al GNA[60]. Tali auspicati esiti non si sono però verificati e Haftar resta bloccato alle porte di Tripoli. L’evolversi delle vicende libiche ha riattivato incontri e scontri diplomatici. Haftar si è recato in Egitto per incontrare il presidente egiziano al-Sisi.
L’Italia ha rilanciato il suo ruolo di promotrice della stabilizzazione e della pacificazione[61], accogliendo a Roma Ahmed Maitig, vicepresidente del Consiglio Presidenziale, e Mohamed bin Abdulraham al Thani, vicepremier e ministro degli Esteri del Qatar, simbolo della stretta alleanza fra Tripoli e Doha, che hanno rafforzato la loro collaborazione con la riapertura delle ostilità[62]. Dissapori si registrano invece fra il governo attaccato di Tripoli e la Francia. Al-Sarraj ha accusato la Francia di sostenere l’uomo forte della Cirenaica e di ostacolare così qualsiasi tentativo di pervenire a una risoluzione pacifica della crisi libica, mentre Parigi ritiene tali accuse del tutto “infondate”[63]. Fra la riattivazione di vecchie alleanze e l’emersione di nuove tensioni Haftar continua a giocare la sua partita per la conquista di Tripoli e dell’egemonia in Libia.
Conseguenze immediate del conflitto e possibili sviluppi
Lo svolgimento della partita sullo scacchiere libico lascia intanto le sue tracce in termini di costi umanitari. L’Organizzazione mondiale della Sanità comunica che l’attuale bilancio è di 205 morti e 913 feriti, mentre sale a 18000 la quota degli sfollati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. Tra questi, come riportano i dati diffusi dall’Unicef, 7300 sono bambini e altri 1800 devono essere urgentemente evacuati dalle zone dove si combatte in Libia[64]. Il presidente dell’Amsi (Associazione Medici di origine Straniera in Italia) Foad Aodi parla poi di una seconda emergenza, quella dei bambini-soldato. Oltre 1000 minorenni tra i 14 e 17 anni provenienti dalla Siria o da povere famiglie libiche sarebbero già stati utilizzati nei combattimenti. Inoltre, Aodi riferisce di ospedali al collasso per mancanza di strumentazione e di scorte di sangue, incapaci di operare i feriti, e paventa il rischio della diffusione di epidemie[65]. “Il rischio di crisi umanitaria è concreto”, ha affermato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. In merito ai flussi migratori, il Presidente ha invece rassicurato che non vi è alcun rischio “imminente” per l’Italia di un’invasione di immigrati dalla Libia[66].
La tesi a favore di un effettivo rischio di crisi umanitaria sembra poi essere rafforzata dai rapporti di media locali e internazionali, che riportano crimini di guerra e violazioni perpetrate dalle milizie dell’LNA contro comunità Tebu nel Sud[67]. Il protrarsi poi dei conflitti e di una situazione di instabilità si presta ad offrire nuove possibilità ad infiltrati dello Stato Islamico di riconquistare terreno[68].
Resta ancora difficile prevedere chi avrà la meglio nel conflitto libico e quali saranno i futuri assetti geopolitici. È possibile che alla fine le forze di Haftar riusciranno ad imporsi in Libia[69]. Tuttavia, il generale Haftar ha davanti a sé degli ostacoli fondamentali che si frappongono tra lui e la sua vittoria finale: egli dispone di un esercito non abbastanza potente ed omogeneo da riuscire a soggiogare Tripoli e finché le milizie di Misurata difenderanno la capitale, entrarvi sarà difficile; in più deve tutelare la sua legittimità a livello internazionale, evitando di ricorrere a bagni di sangue per il perseguimento dei suoi fini. Inoltre, un’eventuale ascesa del generale non sembra poter garantire la stabilità di lungo periodo di cui il paese avrebbe bisogno. La durata di una potenziale stabilità, garantita da un governo guidato da Khalifa Haftar, è minata dall’età avanzata del generale e dalle sue precarie condizioni di salute[70]. In un contesto di fondo in cui si fatica ad imporre una stabilizzazione del Paese che segua la roadmap proposta dall’ONU ed Haftar sembra prevalere, l’Italia si ritroverà a dover gestire una fase complessa nelle sue relazioni con gli attori libici. Nel tentare un dialogo con Haftar per proteggere gli interessi italiani in Libia, l’Italia rischia di minare la propria credibilità sia presso l’Est che presso l’Ovest del Paese e di apparire debole e pronta a riconoscere l’impossibilità di sostenere una strategia di appoggio a Fayez al-Sarraj nel lungo periodo[71].
Ciò che appare più prevedibile è una nuova parentesi di tensioni diplomatiche tra Francia ed Italia. Con l’inizio delle operazioni militari in Libia e la diffusione di voci circa la presenza di esperti militari francesi nelle fila dell’LNA, i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno denunciato le ambiguità della politica estera francese e a ne hanno sottolineato le ripercussioni negative soprattutto per lo Stato italiano[72]. Il contrasto fra Italia e Francia si collega all’ambizione nutrita da entrambe i paesi di riaffermare la propria presenza in Libia e di sostenere le rispettive compagnie petrolifere, desiderose di acquisire il controllo della produzione del petrolio locale[73]. Tensioni ed interessi geopolitici ed economici divergenti sembrano pertanto allontanare la prospettiva di una definizione di una linea comune europea da adottare verso la Libia[74].
In conclusione, fare previsioni sugli sviluppi futuri risulta ancora abbastanza complesso e come ha scritto Tarek Megerisi, analista politico specializzato in affari libici presso lo European Council on Foreign Relations, “all that remains certain is that Libya’s future, and that of the Libyan people will pay the greatest price.”[75]
[dropcap]Note[/dropcap]
[1] http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2019/04/09/libia-onu-rinvia-conferenza-nazionale_8b008b33-a503-4413-a349-c87651cd9c74.html
[2] http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2019/04/18/libia-il-bilancio-dei-morti-sale-a-205_5ea14060-ae3b-4de1-8e29-fc203b500dfa.html
[3] Organizzazione comprendente le varie anime dell’opposizione al regime di Muammar Gheddafi.
[4] Componente principale di tale partito è la Fratellanza Mussulmana libica, fortemente osteggiata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
[5] Haftar aveva servito come militare di alto rango nel regime di Gheddafi, per poi perderne il favore durante la guerra contro il Ciad negli anni Ottanta. Vive in esilio negli Stati Uniti per alcuni decenni, per poi tornare in Libia nel 2011 in concomitanza dello scoppio delle sollevazioni contro Gheddafi. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-lanno-di-haftar-21870
[6] https://www.repubblica.it/esteri/2014/10/15/news/libia_bengasi_terrorismo-98176222/
[7] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, pp.8-9
[8] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, p.4
[9] Esaurito il suo mandato di due anni, il GNC è stato sostituito nell’agosto 2014 dalla House of Representatives come unico Parlamento dotato di legittimità del Paese.
[10] Il CP è dotato della funzione di Capo di Stato e Comandante Supremo delle forze armate. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[11] https://www.theguardian.com/world/2015/oct/09/libya-national-unity-government-announced-by-un-after-months-of-talks
[12] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, p.9
[13] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[14] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libya-and-risk-somalization-why-europe-should-take-lead-20290
[15] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[16] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libya-and-risk-somalization-why-europe-should-take-lead-20290
[17] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/focus-paese-libia-21313
[18] Haftar viene nominato Capo dell’LNA dalla Camera di Tobruk nel 2014. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[19] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[20] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, pp.11-14.
[21] Nel Consiglio Presidenziale retto da al-Sarraj trovano infatti rappresentanza esponenti del Partito Giustizia e Costruzione, di cui la Fratellanza Mussulmana è la principale componente. In: La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016.
[22] Il difficile cambiamento dell’Arabia Saudita, di Lorenzo Marinone, a cura del Centro Studi Internazionali, feb.2017
[23] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016
[24] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chaos-libya-background-17108
[25] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017, p.67.
[26] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017, p.68.
[27] https://www.reset.it/reset-doc/qatar-distanze-golfo
[28] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017, p.68.
[29] https://www.reset.it/reset-doc/qatar-distanze-golfo
[30] https://www.ilpost.it/2017/06/05/qatar-isolato/
[31] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, pp. 15-16
[32] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, p. 16
[33] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017
[34] https://www.crisisgroup.org/fr/africa/central-africa/chad/au-tchad-lincursion-des-rebelles-devoile-les-fragilites-du-pouvoir
[35] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016
[36] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/battaglia-finale-il-controllo-della-libia-22331
[37] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, p.14
[38] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017
[39] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017
[40] Aliboni R., Toaldo M., Ronzitti N., La crisi libica. Situazione attuale e prospettive di soluzione, Istituto Affari Internazionali, 2016, p.15
[41] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017
[42] Influenza geopolitica della Libia nel bacino Mediterraneo, Gruppo di lavoro 68^ sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa, Anno Accademico 2016-2017
[43] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libya-and-risk-somalization-why-europe-shouldtake-lead-20290
[44] Ciò in quanto la HoR non ha mai sottoscritto l’emendamento costituzionale che avrebbe permesso all’LPA di entrare in vigore.
[45] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libya-and-risk-somalization-why-europe-shouldtake-lead-20290
[46] https://www.repubblica.it/esteri/2018/05/24/news/libia_conferenza_piano_macron-197242145/
[47] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/focus-paese-libia-21313
[48] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-conferenza-di-palermo-il-bilancio-dellitalia-21773
[49] La fine di un mondo. La deriva dell’ordine liberale, Rapporto ISPI 2019, p.121-122
[50] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-generale-haftar-si-prendera-la-libia-22762
[51] Espressione utilizzata da Arturo Varvelli nell’articolo ‘Libia: continua lo stallo politico nel paese spaccato in due’, ISPI, 01 marzo 2019.
[52] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-la-partita-di-haftar-22758
[53] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-la-partita-di-haftar-22758
[54] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-lanno-di-haftar-21870
[55] https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-04-04/libia-si-stringe-attorno-tripoli-morsa-generale-haftar-213659.shtml?uuid=ABjuf7kB
[56] https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-04-04/libia-si-stringe-attorno-tripoli-morsa-generale-haftar-213659.shtml
[57] Tra queste Alasaba e Garian. https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-04-04/libia-sale-tensione-generale-haftar-marcia-tripoli-132536.shtml?uuid=ABwjLwkB
[58] https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-04-04/libia-sale-tensione-generale-haftar-marcia-tripoli-132536.shtml?uuid=ABwjLwkB
[59] https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-05/libia-haftar-difficolta-guterres-bengasi–123210.shtml?uuid=ABHdMKlB
[60] https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-05/libia-haftar-difficolta-guterres-bengasi–123210.shtml?uuid=ABHdMKlB
[61] https://tg24.sky.it/mondo/2019/04/14/libia-ultime-notizie.html
[62]https://www.repubblica.it/esteri/2019/04/15/news/libia_conte_a_roma_vede_maitig_e_l_inviato_del_qatar_continua_l_assedio_di_haftar_a_tripoli-224062048/
[63] http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2019/04/18/militari-di-tripoli-conquistano-azizia_4ce4d760-77e4-4838-b581-c7f25523558d.html
[64] http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2019/04/19/libia-unicef-1.800-bambini-a-rischio_d892cd44-8ec8-4bc9-9ace-94bb53a59322.html
[65] https://tg24.sky.it/mondo/2019/04/14/libia-ultime-notizie.html
[66] http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2019/04/18/militari-di-tripoli-conquistano-azizia_4ce4d760-77e4-4838-b581-c7f25523558d.html
[67] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-continua-lo-stallo-politico-nel-paese-spaccato-due-22365
[68] https://www.panorama.it/economia/euro/libia-gli-interessi-economici-gioco/
[69] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-la-partita-di-haftar-22758
[70] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/libia-la-partita-di-haftar-22758
[71] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/battaglia-finale-il-controllo-della-libia-22331
[72] https://tg24.sky.it/mondo/2019/04/14/libia-ultime-notizie.html
[73] https://www.panorama.it/economia/euro/libia-gli-interessi-economici-gioco/
[74] https://www.panorama.it/economia/euro/libia-gli-interessi-economici-gioco/
[75] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/once-again-libyans-will-pay-greatest-price-haftars-move-22795
Foto copertina: Hand in hand with the armed conflict goes corruption on a grand scale ( AFP/Getty )
[trx_button type=”square” style=”default” size=”medium” icon=”icon-file-pdf” align=”center” link=”http://www.opiniojuris.it/wp-content/uploads/2019/04/LIBIA-De-Turris.pdf” popup=”no” top=”inherit” bottom=”inherit” left=”inherit” right=”inherit” animation=”bounceIn”]Scarica PDF[/trx_button]