Dal Consiglio europeo svoltosi il 9 e 10 febbraio a Bruxelles timidi segnali di un approccio comune su immigrazione ed economia.
La presenza di Zelensky
Il Consiglio straordinario dei capi di stato e di governo svoltosi il 9 e 10 febbraio scorso a Bruxelles resterà impresso anche e soprattutto per l’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ai parlamentari europei ha rivolto un accorato appello per un ulteriore supporto a livello militare e un’accelerazione all’adesione del suo Paese all’Unione: “L’Ucraina sta combattendo contro gli invasori russi per preservare lo stile di vita europeo (…) Sono qui per difendere il percorso del nostro popolo e questo percorso tende all’Unione europea (…) Europa significa libertà, questo è il nostro modo di vivere e questa è la casa dell’Ucraina”.[1]Dopo essere stato al centro di alcune polemiche sull’opportunità della sua visita la sera prima a Parigi, dove si era incontrato con il presidente francese Emmanuel Macron e con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il leader ucraino ha potuto incassare il pieno sostegno europeo, ribadito nei giorni successivi dal viaggio di Biden e del nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Kiev, a confermare la ferma vicinanza al popolo ucraino e allo stesso Zelensky, nonostante le vistose divergenze di vedute con l’alleato di governo, Silvio Berlusconi. Dalla riunione straordinaria, del resto, è emersa chiaramente la strategia dell’UE volta a sostenere senza riserve l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale, come pure il suo diritto naturale all’autotutela contro l’aggressione russa. In questa direzione l’impegno l’aumento, in consultazione con i partner internazionali, della pressione collettiva sulla Russia affinché ponga fine alla guerra di aggressione e ritiri le sue truppe e il suo materiale militare dall’Ucraina, inasprendo ulteriormente il costo per la Russia della guerra di aggressione.
Le questioni economiche e il fenomeno migratorio
Dal punto di vista economico e dinanzi alla nuova realtà geopolitica, l’Unione europea intende quindi agire con determinazione per garantire la propria competitività a lungo termine, nonché il proprio ruolo sulla scena mondiale. In quest’ottica sulla spinosa questione degli aiuti di Stato si è stabilito di giungere a procedure più semplici, rapide e prevedibili per fornire un sostegno mirato, temporaneo e proporzionato, anche mediante crediti d’imposta, nei settori strategici per la transizione verde che subiscono l’impatto negativo delle sovvenzioni estere o degli elevati prezzi dell’energia. Il Consiglio straordinario ha invitato inoltre ad attuare in modo efficiente gli strumenti disponibili, quali gli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), attraverso una maggiore trasparenza e una razionalizzazione delle procedure, in particolare accelerando le fasi di progettazione e valutazione. Sul fronte immigrazione è stato fissato un punto nodale ovvero che la situazione migratoria è una sfida europea che richiede una risposta europea tesa a rafforzare la sua azione e a prevenire le partenze irregolari e oltrechè la perdita di vite umane, riducendo al contempo la pressione sulle frontiere dell’UE. Tali posizioni hanno consentito al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di affermare che «Si cambia l’approccio. L’approccio del Consiglio europeo nelle sue Conclusioni è molto diverso da quello che noi abbiamo visto negli ultimi anni. L’approccio, che il Consiglio europeo mette “nero su bianco” nella giornata di ieri, parte da una frase che non si era mai riusciti a mettere su un documento di questo tipo: l’immigrazione è un problema europeo e ha bisogno di una risposta europea»[2]. A tal proposito verrà intensificata la cooperazione con i paesi di origine e di transito attraverso partenariati reciprocamente vantaggiosi. Dal punto di vista del Presidente Meloni, tali conclusioni, hanno rappresentato uno svolta con gli Stati membri concordi sulla necessità di introdurre misure per rafforzare i controlli dei confini esterni dell’Unione, tra cui quelli nel Mar Mediterraneo. Sotto questo aspetto, sarà opportuno verificare nei prossimi mesi se alle dichiarazioni seguiranno azioni concrete, visto che già in precedenti riunioni si era giunti a simili conclusioni. Per quanto riguarda invece i dossier economici, gli auspici del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti della revisione del Piano Nazionale di ripresa e Resilienza così come una riposta europea coordinata all’IRA (Inflaction Reduction Act) di Washington, non sono stati ripresi in maniera chiara dalle dichiarazioni finali, mostrando rispetto a questi temi ancora una certa prudenza. Lo stesso dicasi per la creazione di un Fondo sovrano europeo capace di intervenire non solo sulle questioni legate alla transizione energetica e digitale, ma anche su temi di cui si parla meno come difesa, aerospazio o materie prime critiche, che invece dovrebbero occupare i piani futuri data la loro importanza per difendersi, svilupparsi e creare un ordine. «Sarebbe l’evoluzione del concetto da cui è nato il Next Generation Eu, ma mi rendo conto che il tema non è politicamente maturo perché richiederebbe una capacità fiscale comune»[3] sono state le parole del ministro Giorgetti.
Cosa aspettarsi?
La riunione straordinaria del 9 e 10 febbraio scorsi, voluta per coalizzare una risposta dell’Unione alla sfida dei duemila miliardi di dollari in sussidi all’industria offerti dall’amministrazione americana, con i suoi piani sulle infrastrutture (Build Back Better), sui semiconduttori (Chips Act) e sulle tecnologie verdi (Inflation Reduction Act), ha fornito alcune indicazioni importanti: ogni Paese potrà riservarsi maggiore discrezionalità nel distribuire gli aiuti di Stato, con ciò favorendo chi ha una maggiore solidità, come Germania e Francia, destinatarie nel 2022 della quota più consistente Infatti dei 672 miliardi di euro che la Commissione ha approvato lo scorso anno, la Germania è destinataria del 53 per cento del totale (356 miliardi), seguita dalla Francia con il 24 per cento (161 miliardi) e, a grande distanza, dall’Italia, con il 7 per cento circa (51 miliardi). Come è stato rilevato, «È probabile che presto l’idea tedesca di fare da sé di fronte al colbertismo di Stati Uniti e Cina si riveli illusoria. Al cospetto dei due colossi globali delle tecnologie, nessun Paese europeo va oltre lo status di media potenza costantemente soggetta al rischio di vassallaggio. Per questo il confronto su un fondo strategico per progetti europei – con gestione europea – inevitabilmente tornerà. Tornerà anche l’idea di trattare gli investimenti con intelligenza nel calcolo del deficit. Per quel momento, l’Italia dovrà farsi trovare pronta. Perché le partite politiche in Europa non si vincono con i colpi di scena, né con quelli di collera. Servono un metodico, lento accumulo di credibilità, una paziente tessitura di alleanze e gli argomenti per dimostrare le proprie ragioni. Il resto è solo energia sprecata»[4]
Note
[1] «Zelensky al Parlamento europeo: l’Ucraina sarà un membro dell’Ue, un’Ucraina vittoriosa», Il Foglio (on-line), 09/02/2023, https://bit.ly/3Y2ZS3M
[2] «Conferenza stampa sul Consiglio europeo straordinario, l’intervento introduttivo del Presidente Meloni», 10/02/2023, https://bit.ly/3Y2dY5o
[3] G. TROVATI, «Ok a più aiuti di Stato in cambio di flessibilità sulle revisioni PNRR», Sole 24 Ore, 09/02/2023
[4] F. FUBINI, «Aiuti di stato, il match per i settori strategici: la vittoria è della Germania (che si illude di fare da sola)», Corriere.it, 11/02/2023, https://bit.ly/3YUd5NA
Foto copertina: EPA/UKRAINIAN PRESIDENTIAL PRESS SERVICE HANDOUT