Fronte dell’est: passato e presente di un destino geografico.


Dialoghi con l’autore Salvatore Santangelo.


Giornalista professionista e docente universitario. Esperto di politica internazionale e di storia del Novecento, mi occupo delle nuove dimensioni dei conflitti e studio la sfera mitica dell’attualità occupandomi di “geosofia”: l’esplorazione “dei mondi che si trovano nella mente degli uomini” (John K. Wright – Berkeley 1947). Tra le pubblicazioni: Gerussia (2016), Babel (2018) e Geopandemia (2020), Il volo dell’Aquila (2021), tutti pubblicati con Castelvecchi.

“Dobbiamo prepararci a un confronto di lungo periodo; e quindi potremmo avviarci – dopo questa fase “calda” – verso una nuova guerra fredda, o quanto meno intermittente”.
Sin dalle prime battute di “Fronte dell’Est: passato e presente di un destino geografico” (Castelvecchi, 2022) (acquista qui) – l’ultimo lavoro editoriale di Salvatore Santangelo – il 24 febbraio si configura come uno spartiacque per l’Ordine liberale a guida americana e per il progressivo emergere di un mondo multipolare.
In prospettiva storica, il contesto geopandemico ha agito da amplificatore – e, al contempo, acceleratore – delle dinamiche in atto da circa un ventennio, che hanno prodotto processi di smaterializzazione, digitalizzazione, delocalizzazione e contemporanea integrazione delle catene logistiche del valore e dell’approvvigionamento, così come l’intensificarsi di conflitti di carattere globale-identitario. Quest’ultimo aspetto, in particolare, si è manifestato con vigorosa attualità in Europa orientale. Paradossalmente, nel quadro di una rinascita degli impulsi identitari, ci troviamo di fronte allo scontro tra un Impero in declino e una delle molteplici identità (dalla stabilità tremolante) emerse dall’implosione dell’Unione Sovietica; un conflitto che affonda le proprie radici nel contesto ideologico e politico del XX secolo. Volendo cercare un parallelismo con la Prima guerra mondiale, il confronto è tra un’eredità imperiale e l’aspirazione a una sovranità nazionale.
A circa 5 mesi dall’inizio dell’Operazione Speciale – cristallizzata nell’immagine dei mezzi corazzati russi segnati dalla Z bianca, che rimanda alla “Grande guerra patriottica” e alla “Lotta antifascista” (sulla scia di un potente slogan di epoca staliniana ) – attorno alle intenzioni finali del Presidente Putin aleggia ancora un velo di incertezza. Un regime change e l’imposizione di un governo fantoccio filorusso porterebbe infatti a una lunga occupazione e, potenzialmente, a una guerriglia che richiama il teatro afghano degli ultimi decenni; al contrario, una partizione dell’Ucraina lungo il fiume Dnepr eleverebbe quest’ultimo da frontiera geografico-culturale interna a confine politico.
In questo contesto, con una magistrale considerazione delle diverse variabili sul tavolo, Salvatore Santangelo in Fronte dell’est, propone una serie di scenari che ipotizzano – da un lato – il fallimento dei negoziati, uno stallo sul campo e il tracollo dell’economia russa, e – dall’altro – la tenuta del potere di Putin e del sistema economico di Mosca, con una possibile incorporazione dell’area orientale russofona nella sfera di influenza del Cremlino. Proprio questo scenario sembra plausibilmente manifestarsi nonostante gli sforzi occidentali di economic warfare e i pacchetti sanzionatori dell’Unione Europea contro i vertici del potere dell’invasore russo e i propri circuiti finanziari. Inoltre, l’inaspettata resistenza della macchina bellica ucraina potrebbe spingere il leader del Cremlino ad accontentarsi di una partizione etnico-culturale e geografica dell’Ucraina, che rispecchia per certi versi la soluzione prediletta dalle cancellerie occidentali per la stabilizzazione di Libia e Siria.
Nonostante ciò, il teatro Ucraino ha ospitato una nuova dinamica che vede la globalizzazione economica (sostenuta dall’avanzamento tecnologico) cambiare in maniera radicale la situazione in atto e, allo stesso tempo, aggiungere nuove dimensioni ai conflitti, che spesso si discostano dalla sfera della difesa per abbracciare una varietà di nuove dimensioni (già riscontrabili negli scritti di Guillaume Faye) che includono – tra gli altri – la finanza, l’informatica, l’ecologia e i media. Complice la spinta ideologica dell’Eurasismo, uno dei fenomeni politico-culturali emersi dalla crisi del sistema comunista, il tentativo di contrastare il predominio dell’Occidente su scala globale e il processo di occidentalizzazione della Russia (intentato per la prima volta da Pietro il Grande) hanno altresì trovato spazio nel panorama conflittuale degli ultimi mesi. Con il Regime putiniano saldo al potere – anche per merito della riforma costituzionale che, tra le altre cose, ha annullato il limite di due mandati consecutivi alla presidenza e approvato una proposta per garantire l’impunità a vita degli ex-presidenti – e il proseguirsi delle operazioni belliche sul campo, è certo che il 24 febbraio ha cambiato le sorti della mondializzazione per come si è configurata fino a oggi, aprendo a scenari futuri e nuovi equilibri di potere ancora in corso di definizione.
Di questi aspetti e delle conseguenze della “Guerra di Putin” sul sistema economico-finanziario internazionale abbiamo discusso insieme all’autore di Fronte dell’est Salvatore Santangelo.

Quali sono gli obiettivi perseguiti da Putin con la brutale invasione dell’Ucraina e l’abbraccio di una visione etno-nazionalista? A suo parere, una vittoria sul campo è necessaria e politicamente spendibile per realizzare le ambizioni del Cremlino tanto a livello tattico quanto geopolitico?
“Putin sta perseguendo fondamentalmente due obiettivi (e si sta progressivamente avvicinando alla loro realizzazione): da un lato, la definizione di una sfera di influenza in Europa Orientale baricentrata (in base alla richiamata visione etnico-nazionalista) sulla lingua e la cultura russa (la Russia arriva fin dove si parla il russo); dall’altro lato viene frontalmente sfidata la “Globalizzazione gerarchizzata” a trazione statunitense emersa dopo i due eventi chiave della dissoluzione dell’URSS e dell’attacco alle Torri Gemelle.”.

Sul campo di battaglia, i russi hanno dato avvio all’invasione servendosi di truppe “di seconda scelta” per il Nord del Paese, riservando truppe migliori per la zona meridionale e il Donbass. Similmente, al fine di non compromettere l’operatività delle truppe di terra, il potere aereo russo è stato impiegato in maniera più sistematica solo dopo le prime settimane di guerra. L’entrata in campo dei reparti d’élite potrebbe cambiare le sorti del conflitto ed essere di particolare utilità in una successiva fase di pacificazione? La resistenza ucraina sarebbe in grado di reggere – anche grazie all’invio di armi da parte dell’Occidente – una progressione qualitativa dell’apparato militare di Mosca?
“Purtroppo per gli Ucraini (e questo nonostante il poderoso supporto degli Alleati) l’esito dello scontro è stato segnato dal momento stesso in cui Putin ha deciso di lanciare l’attacco. Proprio in questi giorni il prestigioso Foreign Affairs ha pubblicato un saggio dall’esplicito titolo: “L’illusione della Vittoria” (chiaramente di Kiev). Adesso il problema sarà come gestire questo brusco risveglio in cui scopriremo che i Russi hanno messo definitivamente le mani su un terzo del Paese (grande quasi come la Gran Bretagna). Si tratta tra l’altro della parte strategicamente ed economicamente più rilevante. E dubito, data la vicinanza culturale con la Russia che assisteremo a una qualche forma significativa di lotta partigiana. Coloro che la auspicano dimenticano tra l’altro l’importanza dell’elemento geografico: le montagne in Afghanistan e le giungle in Vietnam mentre l’Ucraina è un’immensa pianura. Paradossalmente, la consapevolezza di tutto questo – per gli Ucraini e per noi – segnerà il momento più difficile dell’intera campagna.”.

In prospettiva strategica, numerosi aspetti indicano che il conflitto regionale si stia caratterizzando sempre più rapidamente come globale. In questo senso, quale ruolo potrebbe avere la leadership cinese nella ri-definizione di un nuovo ordine all’interno del contesto di globalizzazione a guida Occidentale di cui abbiamo avuto esperienza fino al 24 febbraio?
“A differenza nostra, Putin lo ha tenuto sempre a mente e lo si vede da come gestisce la rete di alleanze e la leva strategica delle materie prime. Dopo questa guerra che – come giustamente fai notare – ha molto a che fare con quella che io chiamo dinamica geopandemica, la Globalizzazione come l’abbiamo conosciuta non esisterà più.”.

Nonostante la guerra ucraina sembri costituire una “cassa di risonanza” pronta ad esacerbare la continuità tra l’emergenza pandemica e la crisi politico-sociale tra globalisti ed anti-globalisti, essa appare anche come “il primo tassello di un conflitto multidimensionale più ampio, nel quadro della nuova economia della scarsità”. I riverberi del conflitto sul fronte dell’est potrebbero aprire nuovi fronti in altre parti del globo?
“Siamo nel pieno di quella che Papa Francesco ha chiamato “Terza guerra mondiale combattuta a pezzi”: il problema è la mancanza di consapevolezza dell’opinione pubblica occidentale e di gran parte della sua classe dirigente.”:

L’Operazione Speciale di Putin ha portato l’Occidente a rinforzare una guerra economica su vasta scala tangibilmente suscettibile di produrre conseguenze devastanti sul sistema economico globale. Se da un lato non si attenua la speranza che gli effetti delle sanzioni possano incidere sul campo di battaglia in tempi ragionevoli per preservare una (più o meno parziale) sovranità e integrità territoriale ucraina, non è tuttavia da escludere che il fallout rischi di investire anche i fautori dell’economic warfare. In questo contesto, quale valore assume il “fattore tempo”? Si può immaginare un ulteriore spostamento a est delle supply chains in seguito alla creazione di un’area finanziaria incentrata su Pechino – come circuito alternativo a Swift?
“Il fattore tempo è tutto dalla parte di Putin e le crisi a cui stiamo assistendo non sono che l’avvisaglia dell’impatto che le conseguenze economiche avranno sui cicli politico-elettorali dei nostri Paesi. Il resto sarà plasmato dai poderosi flussi già in azione.”

Sul fronte europeo, tra i Paesi che si sono lasciati trasportare dall’onda emotivo-mediatica del conflitto, la Germania sembra essersi caricata della maggior parte dei costi energetici e militari della pace – esplicitati, tra l’altro, nella momentanea sospensione del raddoppio Nordstream e negli investimenti per differenziare gli approvvigionamenti energetici. Il 24 febbraio ha segnato una cesura con “Gerussia”, la dinamica di integrazione energetica ed economica tra Berlino e Mosca che – seppur con una reciproca diffidenza di fondo – ha conosciuto un periodo di rinnovata collaborazione in seguito all’implosione dell’Unione Sovietica? A suo parere, che cosa resterà di Gerussia in un futuro contesto post-bellico?
“Nella tua domanda è già contenuta la risposta: diciamo che non vorrei proprio essere nei panni del Cancelliere tedesco che si trova al centro di una tempesta perfetta.”.


Foto copertina: copertina libro Fronte dell’est di Salvatore Santangelo