La fragile intesa: Berlino e le relazioni euro-atlantiche nei primi anni della Guerra fredda.


In considerazione del fattore umano quale componente dell’interpretazione della storia, con “La fragile intesa: Berlino e le relazioni euro-atlantiche nei primi anni della Guerra fredda, Lorenzo Trapassi traccia un’analisi dettagliata del rapporto tedesco con l’alleato americano a partire dagli anni Cinquanta, frutto tanto di necessità quanto di profonda frustrazione per la classe politica di Bonn. 


“Nel frustrare le aspettative riposte da Bonn nell’alleanza transatlantica, gli americani si dimostrarono alleati inaffidabili, quando invece è noto a chi conosca la cultura germanica che la Zuverlässigkeit costituisce una virtù essenziale nei rapporti coi tedeschi”. Emerge sin dalle prime battute l’intento dell’ultimo lavoro editoriale del diplomatico italiano Lorenzo Trapassi “La Fragile Intesa. Berlino e le relazioni euro-atlantiche nei primi anni della Guerra fredda” (Luiss University Press, 2022Acquista qui) – con prefazione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Vincenzo Amendola – , ossia riportare alla luce il fattore umano e le reazioni emotive di alcuni dei protagonisti della dirigenza tedesca durante uno dei periodi che, agli albori della competizione bipolare, hanno contribuito a plasmare il posizionamento internazionale della Germania contemporanea.

Oggetto degli studi approfonditi di Trapassi è la complessa relazione fra gli Stati Uniti e la Repubblica Federale Tedesca nella decade Cinquanta, ricostruita attraverso il recupero di un’ampia bibliografia in lingua originale che comprende le memorie del Cancelliere Konrad Adenauer, del sindaco socialdemocratico di Berlino Ovest Willy Brandt, e di numerosi protagonisti della vita della Germania del secondo Novecento, inclusi gli scritti autobiografici di Theodor Heuss, dell’ambasciatore americano a Bonn George McGhee ed Egon Bahr, tra i più stretti collaboratori di Brandt. Con l’analisi dell’intrecciarsi della storia e della dimensione psicologica della classe politica dell’epoca, ciò che emerge dell’alleanza apparentemente incrollabile fra le due potenze occidentali è in realtà un rapporto di attese frustrate, sospetti e tentativi di ristabilire la fiducia più volte compromessa – complice la divaricazione di interessi geopolitici fra Washington e Bonn, così come delle priorità esistenziali della Germania Ovest. Nonostante Bonn non abbia mai messo in dubbio la necessità di un’alleanza con gli Stati Uniti, tale rapporto è tuttavia stato percepito a più riprese come una forma di subordinazione ad un impero disinteressato alle reali aspirazioni dei propri alleati, di conseguenza insoddisfatti poiché non in grado di sostenere il conseguimento dei propri obiettivi di politica estera nell’immediato dopoguerra. Obiettivi incentrati per lo più sul rilancio della propria sovranità e sulla crescita economica a partire dal settore manifatturiero, che – in un’ottica di medio periodo – avrebbero portato alla riunificazione con i territori dell’Est, di una tale importanza per Bonn da conformare il rinato Stato tedesco al modello americano e rinunciare ad ogni ambizione aggressiva sul continente europeo, liberando pertanto la Germania dalla reputazione di Stato militarista e autoritario cucitogli addosso dal Secondo e Terzo Reich. Dall’analisi della componente emotiva delle parti all’Alleanza è emersa pertanto una radicata delusione della classe politica tedesca, figlia di una particolare scrupolosità di Washington nell’esigere la piena collaborazione di Bonn nel contrasto al comunismo e nella cooperazione economica, e della mancanza di un’altrettanta scrupolosità nel sostegno delle aspirazioni dell’Ovest.

Non è dunque casuale la scelta di Trapassi di dedicare un’attenzione peculiare alla figura di Konrad Adenauer, Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca ed esponente cristiano democratico: è infatti sotto il cancellierato Adenauer che la Germania è stata in grado di edificare le fondamenta della sua attuale configurazione di Stato riunificato, democratico e capace di equilibrare la logica capitalista e le tutele dell’economia sociale di mercato, elemento che ha reso il Paese un modello di successo in Europa. Ed è proprio dalle memorie di Adenauer (e, nondimeno, di Willi Brandy) che si evince la convinzione di poter contare sull’appoggio di Washington – benevolo per gli Stati europei in termini di sicurezza ed appartenenza ad un mercato liberale, ma insensibile alla questione della riunificazione tedesca. Sono inoltre gli stessi scritti a rimarcare l’irruzione degli USA sulla scena internazionale come superpotenza portatrice di una visione imperiale delle relazioni internazionali, in netto contrasto con la Repubblica Federale Tedesca concentrata invece sulla sicurezza propria ed europea, in virtù della presenza dell’Unione Sovietica “nel cortile di casa”. Un unilateralismo americano mascherato da una retorica multilaterale, che ha spesso permesso alla Casa Bianca di esimersi dal rispetto delle sue stesse regole del gioco, contribuendo alla sensazione di inaffidabilità fra la direzione politica tedesca.

Non meno importante l’accenno a De Gasperi e al suo rapporto con gli Stati Uniti, una relazione parallela a quella di Adenauer ma che portò entrambe le potenze sconfitte a conquistare il sostegno di Washington. Italia e Germania, con la loro qualità di Stati fondatori dell’Europa Unita, rivestono infatti una particolare responsabilità per la costruzione di una cultura europea condivisa, su cui ha inevitabilmente inciso il comune rapporto con gli Stati Uniti non solo a livello storico, bensì anche emotivo: l’elemento di innovazione del libro “La fragile intesa: Berlino e le relazioni euro-atlantiche nei primi anni della Guerra fredda” di Trapassi risiede infatti proprio nell’esplorazione degli elementi psicologici delle figure che contribuiscono a forgiare le relazioni internazionali e i rapporti fra potenze, che – come nel caso dei rapporti tra Germania e Stati Uniti – risulta spesso poco nota, studiata e dunque sottovalutata. Trapassi contribuisce pertanto a rendere una visione completa di un periodo chiave per la tenuta del mondo occidentale stesso, scosso dal ricordo del Secondo Conflitto Mondiale e traballante per le tensioni della prima fase della Guerra fredda. Un periodo che risulta più che mai vivo per le attuali relazioni tra Washington e Berlino, che vedono quest’ultima ricercare nuovamente nell’amministrazione Biden la conferma dell’affidabilità dell’alleato americano e della sua solidità nell’affrontare le sfide del mondo multipolare in materia di sicurezza, crisi pandemica e migratoria, cambiamento climatico e minaccia terroristica. Non è dunque irrealistico che, in continuità con il Secondo dopoguerra, possano verificarsi crisi di fiducia da parte tedesca. Tuttavia, in una fase acuta di crisi della globalizzazione e di perdita di centralità assoluta dell’Occidente, sarà l’Unione Europea a non potersi permettere di rimanere indifferente verso uno dei suoi centri politici e diplomatici più rilevanti.


Foto copertina: Copertina libro “La Fragile intesa”