La marcia su Strasburgo: destra e centrodestra alla prova delle elezioni Europee


Nove mesi ci separano dalle prossime elezioni europee del 6 – 9 giugno 2024.  Si tratta di consultazioni fondamentali che andranno a plasmare il futuro stesso dell’Unione e il destino di tutti quei dossier, dal clima alle migrazioni, che sono ancora aperti. In Europa, Meloni sta lavorando per spezzare l’alleanza tra socialisti e popolari, mentre Forza Italia e Lega si muovono per riuscire a strappare il secondo posto. Si preannuncia una campagna elettorale interessante: riuscirà il governo a riassorbire le frizioni causate dal Proporzionale?


Nel sistema istituzionale europeo il Parlamento è l’unico ad essere direttamente votato dai cittadini. Il suo rinnovo, ogni cinque anni dovrebbe rappresentare il momento più importante di partecipazione per un’entità, l’Unione Europea che vive di un costante deficit democratico. Raramente, però, le campagne elettorali sono state incentrate sulle politiche europee e il futuro dell’Unione, al contrario, le elezioni sono state utilizzate come strumenti per valutare il consenso per i partiti di governo e quelle del 2024 non faranno eccezione.
In materia di alleanze e della futura commissione, è sufficiente leggere i trattati europei per rendersi conto che ipotizzare un qualunque accordo o sviluppo con così largo anticipo può rivelarsi un interessante esercizio mentale ma sicuramente dai risultati parziali. Oltre all’incertezza dovuta alla difficoltà di prevedere con assoluta sicurezza il responso delle urne, non va dimenticato che l’articolo 17 paragrafo 7 del Trattato sull’Unione Europea prevede che il presidente della Commissione sia eletto dal Parlamento europeo su proposta del Consiglio il quale deve tenere in considerazione i risultati delle elezioni. Possiamo quindi in questo momento individuare delle tendenze ma non chiari e certi sviluppi. La difficoltà deriva sia dal sistema che regola l’elezione degli eurodeputati, proporzionale, che implica che gli apparentamenti avverranno solo ad urne chiuse, sia dalla mancanza di un sistema effettivo di sondaggio paneuropeo, pur esistendo organizzazioni e testate giornalistiche (come Euroelects [1] e Politico [2]) che, cercando di ovviare alla mancanza, uniscono i diversi sondaggi nazionali e tentano di dare delle proiezioni.
Tutti gli osservatori sono concordi nel ritenere che il prossimo Parlamento Europeo vedrà nuovamente la maggioranza relativa dei seggi in mano al Partito Popolare Europeo (PPE), seguito dai Socialisti (PSE / Gruppo S&D) e, con sufficiente distacco, i liberali di Renew Europe (RE) tallonati dai Conservatori e Riformisti (CR dei quali la Premier è presidente) e dagli euroscettici di Identità e Democrazia (ID).

La Destra europea

Gli ultimi anni hanno visto una costante ascesa dei partiti considerati di estrema destra con tendenze spesso euroscettiche, populiste e propulsori di politiche xenofobe e razziste. Sospinti da diverse crisi sono riusciti a farsi spazio nelle crepe che si sono registrate all’interno dei sistemi politici continentali, dove i partiti tradizionali si sono rivelati inefficaci nell’arginare i problemi sociali ed economici che sono andati via via originandosi.
In Germania, ad esempio, dove il governo di coalizione (Socialdemocratici, verdi e liberali) risente delle tensioni tra gli alleati che rallentano la risposta al rallentamento economico in atto, il partito di estrema destra AfD (Alternative für Deutschland) risulta essere secondo, dietro la CDU e prima della SPD del Cancelliere Scholz.
In Francia, il partito del Presidente Macron, in forte difficoltà, risulterebbe essere la terza forza alle spalle di NUPES (Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale) che si è presentato alle legislative dello scorso anno e riunisce diversi partiti della sinistra e del Rassemblement National di Marine Le Pen. I Repubblicani che alle legislative del 2022 avevano visto una forte emorragia di voti fermandosi circa al 7% al secondo turno, vengono stimati al momento attorno al 10%.
In Austria il Freiheitliche Partei Österreichs, di tendenze conservatrici, populiste e nazionaliste, è primo nei sondaggi ben più avanti rispetto sia ai socialdemocratici che ai cristianodemocratici del Cancelliere Nehammer. La Finlandia, nonostante il buon risultato della sinistra di Sanna Marin, è adesso governata da una coalizione di partiti di destra che coinvolge anche i Veri Finlandesi conservatori ed euroscettici.
L’aumento un po’ ovunque delle destre ha costretto i partiti più tradizionalmente moderati e di centrodestra a modificare le loro politiche. Un esempio su tutti può essere quello della Spagna, dove prima delle elezioni generali del luglio scorso, il Partido Popular ha condotto una campagna elettorale ben con temi ben più conservatori rispetto a quanto visto negli ultimi anni. In Germania, dove storicamente l’elettorato è molto più sensibile che altrove ad alcuni sviluppi politici, la CDU uno dei soci di maggior peso all’interno del PPE, a luglio scorso aveva aperto alla possibilità che ci fosse una collaborazione con l’AfD a livello municipale, ipotesi poi bloccata dai bavaresi della CSU che hanno costretto la dirigenza cristianodemocratica a fare una brusca retromarcia e che si riverbera inevitabilmente anche sulle prospettive europee. 

In Italia

I partiti di maggioranza che sostengono Giorgia Meloni e il suo esecutivo si troveranno schierati in tre famiglie politiche europee differenti: Forza Italia nel PPE, il partito della Premier, Fratelli d’Italia, fa parte dei Conservatori e infine la Lega in Identità e Democrazia. Non solamente, quindi, tre visioni politiche ma anche alleati diversi. I partiti di centrodestra al momento sembrano tutti, per ragioni diverse, essere alla ricerca di una nuova identità e ragion d’essere.
Forza Italia che, assieme ai moderati di Lupi, fa parte del PPE si trova in una situazione di passaggio delicata dopo la scomparsa nel giugno scorso del padre nobile del Partito, Silvio Berlusconi. L’identificazione totale tra FI e il suo Presidente, nonché la reale mancanza di un chiaro piano per la successione ha lasciato il partito in una situazione di stallo.
Uno sviluppo autonomo come partito moderato, che però difficilmente può ambire a restaurare i vecchi fasti, sembra al momento essere la via che la dirigenza desidera percorrere. Le elezioni dell’anno prossimo saranno il momento della verità sia per il partito e sia per Tajani, segretario pro tempore. La sfida è quella di riuscire ad eleggere un buon numero di parlamentari, quindi evitare il definitivo tracollo (che ha la cifra del 4%), per continuare ad essere dirimenti in Europa.
Si tratta di qualcosa che sperano sia gli azzurri che i Popolari in Europa: Meloni vincente sì (sembra inevitabile) ma non troppo.  

Per quanto riguarda le alleanze, Tajani ha ribadito la sua indisponibilità a qualsiasi accordo con “AfD e il partito della signora Le Pen” entrambi alleati di Salvini.
La Lega, dal canto suo, deve affrontare non solo la forte riduzione di consenso degli ultimi anni, ma ha la necessità di non rimanere esclusa dai nuovi equilibri che sembrano essere in via di formazione. Salvini sta cercando di ritagliare uno spazio politico per sé e per Identità e Democrazia in Europa che si troverebbe ai margini nel caso in cui l’avvicinamento tra Popolari e Conservatori dovesse andare a buon fine. Il ministro dei trasporti ambisce a riproporre la formula italiana anche nelle istituzioni europee con un centrodestra unito che possa scardinare l’accordo tra popolari e socialisti (“l’inciucio” come lo definisce Salvini) che ha governato l’Europa negli ultimi anni. Sebbene l’obiettivo di fondo sia lo stesso anche per Meloni, è poco plausibile che la prossima Commissione possa essere sostenuta da una alleanza di centrodestra autosufficiente (PPE + CR + ID). Pare difficile che la Lega decida di sganciarsi dai due ingombranti alleati, anche perché viene da chiedersi quale potrebbe essere la nuova famiglia di riferimento: poco plausibile i Popolari, ancor meno i Conservatori dove Giorgia Meloni è una figura centrale.
La mancanza negli ultimi anni di un serio processo che facesse evolvere la Lega da forza populista, quasi antisistema, verso una forza conservatrice e popolare è sicuramente stata un’occasione mancata e non pare essere all’orizzonte un processo simile. Al contrario, la Lega sembra essere interessata a proseguire su un piano di competizione con FdI, attirando quella galassia che esiste a destra di questo, per il momento minoritaria, ma che difficilmente potrà garantire un robusto successo elettorale paragonabile a quello del 2019.  
La Premier e il suo Partito stanno lavorando per rendere centrali i conservatori nella prossima maggioranza. Non si tratta di un’ipotesi remota sia perché con tutta probabilità i Conservatori riusciranno ad ottenere un buon risultato alle elezioni, sia perché il lavoro svolto dalla Premier per rendersi interlocutrice affidabile sembra dare buoni frutti. Il reale problema quindi non è la centralità che i conservatori avranno nel prossimo Parlamento, ma se saranno in grado di proporre una maggioranza autonoma che escluda i socialisti. Questo passa inevitabilmente attraverso un allargamento verso il centro dell’ipotetica futura coalizione in direzione dei liberali di Renew Europe, i quali già dalla scorsa primavera non si sono dimostrati indisponibili, pur avendo registrato diversi mal di pancia interni (in particolare dai partiti che afferiscono ad ALDE).
Il vero rischio per la Premier al momento è il logoramento interno. L’autunno che è ormai alle porte comporterà per l’esecutivo la necessità di affrontare alcuni dossier importanti, tra cui la legge di bilancio, sulla quale già si registrano scosse e tensioni. Mantenere il timone del governo in una fase nella quale sarà necessario prendere delle decisioni anche impopolari, rischia di scoprire il fianco al vero competitor di Meloni, la Lega di Salvini, la quale sicuramente approfitterà nei prossimi mesi di ogni occasione di tensione per tentare di erodere parte del consenso di FdI. Altro tema è quello dell’ipotesi di un’evoluzione che renda il partito una forza conservatrice moderna, che possa essere libero di quei rigurgiti che spesso si registrano che fanno riferimento ad un passato apparentemente archiviato. La tentazione, però, sembra essere quella di mantenere Fratelli d’Italia in mezzo al guado in un equilibrismo politico che però difficilmente potrà durare ancora a lungo.
Infine, le performance elettorali che si registreranno a giugno 2024 avranno dei riflessi sui partiti di governo. Il posizionamento sul podio, la percentuale dei voti saranno tutti strumenti che con tutta probabilità i partiti che ora sono minoranza nella compagine governativa utilizzeranno per ridimensionare Meloni.
Abbiamo di fronte ancora nove mesi nei quali molto può cambiare, nel frattempo aspettiamo che venga dato fuoco alle polveri della prossima campagna elettorale, consapevoli però, che molto poco verrà detto sull’UE e sulle sue politiche.


Note

[1] EU Election Projection 2024 : https://europeelects.eu/ep2024/ 
[2] Poll of Polls. Polling from across Europe. Updated daily POLITICO Poll of Polls — European Parliament elections polls, trends and election news – POLITICO


Foto copertina: elezioni Europee