L’Afghanistan oggi: tra crisi umanitaria e governo talebano


Intervista a S.E. Khaled Ahmad Zekriya, Ambasciatore dell’Afghanistan in Italia.


Traduzione a cura di Aurora Minieri

Dopo il ritiro delle truppe USA-NATO dall’Afghanistan e la presa del potere da parte dei talebani con la forza, la comunità internazionale si trova ancora una volta faccia a faccia con la crisi umanitaria e politica in Afghanistan. Nonostante l’imposizione di un emirato islamico e l’attuazione della sharīʿa islamica radicale all’interno dell’Afghanistan, diverse potenze regionali hanno riflettuto sull’idea di riconoscere ufficialmente l’amministrazione provvisoria dei talebani.

Vista l’attuale situazione in Afghanistan, abbiamo incontrato S.E. Khaled Ahmad Zekriya, Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Afghanistan (IRoA) in Italia, per discutere della situazione attuale in Afghanistan, della geopolitica afgana e dell’importanza delle dinamiche locali e regionali.

Com’è stato possibile che le forze militari afgane e il governo di Kabul si siano arresi rapidamente ai talebani? C’è stato qualcosa legato al “fallimento del nation-building”, o ci sono altre ragioni?

“Ci sono diversi fattori interni ed esterni, che hanno portato al raggruppamento e al riemergere dei talebani, al crollo delle forze di difesa e sicurezza nazionali dell’Afghanistan (ANDSF) e infine alla caduta del governo eletto dell’IRoA il 15 agosto 2021. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha chiesto ai talebani, che allora governavano di fatto l’Afghanistan, di estradare Osama bin Laden, la mente degli attacchi. Il rifiuto dei talebani di rispondere alla richiesta ha portato le forze guidate dagli Stati Uniti e l’Alleanza del Nord afghana a sconfiggere ed espellere i talebani e i loro alleati di al-Qaeda dai principali centri abitati e dall’Afghanistan.
Gli Stati Uniti ed una coalizione di oltre 40 paesi (inclusi tutti i membri della NATO) hanno programmato una missione di sicurezza approvata dalle Nazioni Unite chiamata International Security Assistance Force (ISAF) e hanno iniziato a consolidare un’amministrazione ad interim nel paese per impedire il ritorno dei talebani e di al Qaeda al potere. Alla conferenza di Bonn, le nuove autorità provvisorie afgane hanno eletto Hamid Karzai a capo dell’amministrazione provvisoria afghana.
I fattori esterni erano dovuti alla mancanza di continuità nella politica estera degli Stati Uniti e alla mancanza di comprensione dell’unicità storica e contestuale dell’Afghanistan, che ha anche influenzato la maggior parte dei nostri alleati nel seguire queste politiche.
Nel 2001, poiché la politica estera degli Stati Uniti in Afghanistan era basata sul “Nation Building”, fin dall’inizio abbiamo indicato alla parte statunitense che ciò di cui l’Afghanistan aveva bisogno era invece “State Building” perché, nonostante avessimo una nazione forte, non possedevamo valide istituzioni statali afghane. Allo stesso tempo, abbiamo messo in dubbio la posizione degli Stati Uniti secondo cui se il loro tentativo era quello di costruire la nazione afghana, allora perché i talebani non erano stati inclusi nel processo di Bonn, o almeno perché non avevano avuto l’opportunità di far parte dell’amministrazione provvisoria guidata da Karzai. Dopo un periodo di persuasione da parte delle autorità afgane ed una serie di tentativi ed errori da parte degli Stati Uniti, l’amministrazione Bush ha cambiato la sua politica dalla Nation Building allo State Building.
Nonostante questo cambiamento di politica verso lo State Building, c’erano due problematiche fondamentali ad esso associate: in primo luogo, la continua interferenza dell’ambasciatore statunitense Zalmai Khalilzad nel processo di scrittura costituzionale, che ha portato il ramo esecutivo a guadagnare un enorme potere rendendo il presidente non solo il capo del governo ma anche del capo dello Stato, questo ha distrutto il concetto di Montesquieu di “Separazione dei Poteri” e “Controlli e Contrappesi” nella costituzione afghana. In effetti, sia il presidente Karzai sia il presidente Ghani hanno usato questo potere costituzionale a loro vantaggio. In secondo luogo, la costruzione dello stato non si è concentrata sulla ricostruzione immediata della magistratura, della polizia, dell’aviazione afghana e sulla preparazione dei regolamenti richiesti per il sistema di mercato imposto. Nel 2003, approfittando della mancanza di giurisdizione del governo afghano nelle aree giudiziarie e di sicurezza, i talebani si sono raggruppati e sono riemersi in Afghanistan. Quando i talebani ottennero un certo sostegno popolare sostituendo l’autorità statale centrale nel garantire la sicurezza e nel giudicare questioni come le controversie familiari e terriere nella parte rurale meridionale dell’Afghanistan, iniziarono anche a condurre una guerra asimmetrica con incursioni di guerriglia e imboscate nelle campagne, attacchi suicidi contro obiettivi urbani, uccisioni voltagabbana contro le forze della coalizione e rappresaglie contro presunti collaboratori. La violenza alla fine è stata intensificata in gran parte dell’Afghanistan dai talebani entro il 2007.
Poiché gli Stati Uniti hanno orientato nuovamente la maggior parte dei loro sforzi sull’Iraq, ciò ha rallentato il processo di costruzione dello stato e il sostegno della forza aerea militare di ISAF all’ANDSF. A causa della mancanza di supporto aereo, la situazione militare sul campo di battaglia contro i talebani è peggiorata.
L’amministrazione Obama, sotto la nuova politica statunitense di SURGE, ha aumentato massicciamente le sue truppe per le operazioni di contro-insurrezione in Afghanistan. Lo scopo di SURGE era quello di “ripulire e bloccare” i villaggi, che ha raggiunto il suo apice nel 2011 quando circa 140.000 truppe straniere operavano sotto ISAF e il comando degli Stati Uniti in Afghanistan. Il grande difetto di SURGE era che non è stato integrato con un processo di pace praticabile a causa della mancanza di fiducia che esisteva tra Obama e Karzai. Con l’ingerenza degli Stati Uniti nelle questioni politiche interne dell’Afghanistan (la spinta a creare il posto di amministratore delegato per sfidare il potere di Karzai), interferendo col processo elettorale presidenziale del 2009 per promuovere il candidato di loro scelta e consentendo l’apertura dell’ufficio dei talebani a Doha , nonostante le rassicurazioni scritte di Obama (l’ufficio talebano è stato chiuso dopo un giorno, a seguito della protesta di Karzai), le relazioni bilaterali USA-Afghanistan hanno raggiunto il loro punto più basso, dato che Karzai ha rifiutato di firmare il partenariato strategico bilaterale USA-Afghanistan (BSA) nel 2014.
Dopo aver capito che questa guerra non poteva essere vinta senza un accordo di pace e dopo l’uccisione di Osama bin Laden nel 2011, gli Stati Uniti hanno avviato una strategia di uscita per ritirare le proprie forze insieme alle truppe della NATO dall’Afghanistan. Il 28 dicembre 2014, la NATO ha formalmente concluso le operazioni di combattimento ISAF in Afghanistan e, nell’ambito della Resolute Support Mission (RSM), ha ufficialmente trasferito tutte le responsabilità di sicurezza sotto l’egida della “Missione di addestramento, consulenza e assistenza” all’ANDSF e alle pertinenti istituzioni afgane. Durante questo periodo, gli Stati Uniti e la NATO hanno compiuto seri passi in avanti per riabilitare l’aviazione afgana e accelerare la riforma della polizia afgana iniziata nel 2009. Dal 2015 al 2021, il 98 per cento di tutte le operazioni militari è stato condotto con successo dall’ANDSF.
Sotto l’amministrazione Trump, c’è stato un periodo di speranza in cui un mix di soft power e hard power è stato utilizzato per esercitare pressioni sul Pakistan affinché smettesse di dare rifugio e sostenere i talebani e i loro affiliati. In effetti, molti analisti militari e politici credevano che la guerra fosse stata combattuta dalla parte sbagliata della linea Durand poiché la maggior parte dei gruppi terroristici, compresi i loro leader come il Mullah Omar e Bin Laden, erano di stanza e sostenuti dal Pakistan. Sfortunatamente, questa politica degli Stati Uniti è stata di breve durata a causa del robusto processo di lobby del Pakistan a Washington.
Trump, volendo soddisfare i suoi elettori per vincere le prossime elezioni presidenziali, ha nominato l’ambasciatore Khalilzad per mediare un accordo tra gli Stati Uniti e i talebani. Dopo un lungo periodo di negoziati con i talebani, nel febbraio 2020 è stato firmato l’accordo di Doha tra Stati Uniti e talebani. Questo accordo di pace condizionato che richiedeva il ritiro delle truppe statunitensi entro maggio del 2021 in cambio del fatto che i talebani non attaccassero le truppe statunitensi e della NATO in Afghanistan, ha incoraggiato i talebani e i loro sponsor statali e ha fornito ai talebani l’opportunità di intensificare e concentrare tutti i loro attacchi all’ANDSF e alla popolazione locale. Inoltre, questo accordo metteva in dubbio l’utilità e lo status giuridico vincolante del BSA. Poiché il governo eletto afghano non era parte dell’accordo di Doha, non solo ha messo in dubbio l’utilità del BSA, ma in un primo momento ha anche respinto uno dei termini dell’accordo di Doha relativo al rilascio dei prigionieri talebani. Dopo la firma dell’Accordo di Doha e il rilascio di 5.000 prigionieri, dove la maggior parte di questi prigionieri si è unita ad altri combattenti sul campo di battaglia, 1/6 dei distretti afgani (circa 70 distretti) è caduto nelle mani dei talebani in Afghanistan. Allo stesso tempo, i talebani hanno iniziato a guadagnare tempo non impegnandosi con il team di negoziazione dell’IRoA e aspettando di prendere il potere dopo la completa partenza delle truppe statunitensi e della NATO dall’Afghanistan.
Sotto l’amministrazione Biden, invece di esaminare e modificare l’accordo di Doha e adottare un piano di ritiro realistico, graduale e responsabile basato sui dividendi di pace derivanti dai negoziati IRoA e dai talebani a Doha, il suo annuncio di ritiro unilaterale, non solo ha abbattuto il morale dell’ANDSF, ma con esso, il sostegno degli Stati Uniti e della NATO all’ANDSF è diminuito. Infatti, circa un mese e mezzo dopo l’annuncio del ritiro, 10.000 appaltatori stranieri che hanno assistito l’ANDSF nei settori dei trasporti, della logistica, della manutenzione e del supporto della forza aerea hanno lasciato l’Afghanistan. Di conseguenza, nel giugno 2021, circa 220 distretti o quasi la metà dei distretti dell’Afghanistan sono caduti nelle mani dei talebani.
In aggiunta, diversi elementi interni hanno contribuito al crollo dell’IRoA.
In primo luogo, nel 2001, quando gli Stati Uniti hanno conferito potere a figure corrotte portandole in prima linea nella politica afghana, questi stessi personaggi politici hanno impiegato nepotismo, corruzione, riciclaggio di denaro, traffico e commercio di stupefacenti, manipolazioni elettorali, rapimenti ed uso di politiche etnocentriche e gergocentriche.
In secondo luogo, è diventata prevalente, soprattutto durante l’amministrazione di Ghani, la sostituzione di individui esperti con giovani inesperti tramite nomine politiche in esercito, polizia, missioni estere, ministeri, governatorato, municipalità e altri posti di servizio civile. Ad esempio, nel 2017 quasi il 90% dei capi e dei vice capi delle missioni afgani erano tutti nominati politici senza carriera.
In terzo luogo, quando gli Stati Uniti hanno iniziato a interferire nel processo elettorale democratico afghano per promuovere politici corrotti che si erano schierati con gli Stati Uniti, anche gli operatori presidenziali afgani in carica e i loro compari hanno iniziato con le manipolazioni elettorali per distruggere i loro oppositori. Ciò alla fine ha portato a una mancanza di trasparenza, responsabilità e fiducia nel processo elettorale democratico. Durante le elezioni presidenziali afghane, su 18 milioni di aventi diritto al voto, l’affluenza alle urne è scesa drasticamente da 9 milioni nel 2009 a 7 milioni nel 2014 ea meno di 2 milioni nel 2019.
In quarto luogo, la riluttanza di Karzai a consentire agli Stati Uniti e al Qatar di far parte del negoziato del processo di pace con i talebani nel 2012, seguito dai tentativi malvagi di Ghani di screditare e talvolta ostacolare il negoziato del processo di pace a Doha, ha distrutto ogni speranza per una soluzione di pace praticabile in Afghanistan.
In quinto luogo, la “microgestione” utilizzata principalmente da Ghani, che voleva gestire e controllare l’intera amministrazione, ha portato ad antagonismo, disincanto, alienazione e duplicazione nei processi amministrativi in tutte le agenzie governative. L’efficacia amministrativa e la sicurezza del lavoro nel servizio civile sono diventate irreperibili, soprattutto in un momento in cui l’Afghanistan aveva bisogno di efficienza, competenza e professionalità.
Sesto, l’estrema centralizzazione del potere con la creazione di “Kitchen Cabinets” da parte dei presidenti afgani è ormai dilagante. Durante il secondo mandato di Ghani, un Kitchen Cabinet 1 Plus 2 ha preso in mano la maggior parte delle questioni. Ghani ha conferito un’enorme autorità al suo consigliere per la sicurezza nazionale e capo della direzione generale dell’ufficio amministrativo dell’ufficio del presidente. I capi di questi due uffici hanno supervisionato tutte le nomine militari, di polizia, municipali, governative, ambasciate e ministeriali. Infatti, quando l’ANDSF ha voluto combattere i talebani, oltre a non ottenere il trasporto tempestivo e il supporto logistico, gli è stato detto dall’ufficio del Consigliere per la Sicurezza Nazionale di deporre le armi e di non combattere i talebani. L’adozione di una posizione tattica di recupero militare per proteggere la vita dei civili afghani è diventata una scusa quotidiana per l’Ufficio di consulenza per la sicurezza nazionale. Anche ai governatori, ai sindaci e al capo della polizia distrettuale è stato detto di seguire questa direttiva e di consegnare le province.
La conclusione del sacrificio di 20 anni sia nel sangue sia nel denaro da parte dei nostri alleati e dei nostri stessi afgani è avvenuta il 15 agosto 2021, quando Ghani, il Kitchen Cabinet e 50 membri della sua squadra sono fuggiti dal paese, lasciando il popolo afghano bloccato nelle mani di un’organizzazione terroristica nota come talebani. Questa guerra ventennale ha provocato l’uccisione di 176.000 afgani, di cui 46.319 civili, 69.095 militari e operatori di polizia e 52.893 combattenti dell’opposizione. 75.000 civili afgani sono rimasti feriti e 2443 statunitensi, di cui 1144 erano truppe alleate, di cui 54 erano italiani che sono morti per lotta verso la libertà, la democrazia, la tutela dei diritti umani e la lotta al terrorismo. Permettetemi di cogliere questa occasione per esprimere il nostro apprezzamento a nome dell’IRoA e del nostro popolo per tutti i sacrifici che gli Stati Uniti, la NATO, gli Stati membri dell’UE, compresa l’Italia, e altri alleati internazionali hanno compiuto in Afghanistan. Questi sacrifici saranno contrassegnati come immortali nella storia contemporanea dell’Afghanistan.“

 Qual è l’attuale situazione umanitaria in Afghanistan considerando il processo migratorio e la vita sotto il regime dei talebani?

“Lasciate che vi riporti alcuni fatti e cifre sulla gravità dell’attuale crisi umanitaria in Afghanistan, della migrazione e della vita sotto il regime dei talebani.
Circa la metà dei 40 milioni di afgani necessiti di assistenza umanitaria. Ben 8,7 milioni di persone avrebbero bisogno di un’assistenza consistente e a lungo termine. Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha dichiarato che 14 milioni di afghani sono sull’orlo della fame a causa della mancanza di cibo a sufficienza e della mancanza di accesso a denaro per pagarlo. 5,5 milioni sono dichiarati sfollati interni (IDP) in Afghanistan e aumenteranno nuove tendenze e modelli di sfollamento. Si prevede inoltre un aumento del 70% del tasso di povertà in Afghanistan nel prossimo anno.
La crisi umanitaria è peggiorata con povertà diffusa e a lungo termine, difficili situazioni di sicurezza, disastri naturali e aggravata dai cambiamenti climatici e dalla siccità in corso, dalla pandemia di COVID-19 e dall’imminente stagione fredda dell’inverno in Afghanistan, poiché i prezzi del petrolio e del gas liquido sono duplicati.
Sebbene il personale umanitario possa entrare nel paese attraverso l’UNHAS, cinque questioni critiche influiscono sull’accesso umanitario e l’assistenza alla popolazione afghana:

  1. Le questioni che interessano il personale femminile e le beneficiarie, nonché l’azione umanitaria indipendente per consentire l’uso e l’impiego di donne umanitarie, in particolare di nazionalità femminile, sono diventate problematiche;
  2. Il dispiegamento, l’accettazione e la sicurezza degli attori umanitari, compresi i cittadini, in tutto il paese e soprattutto nel sud;
  3. L’incertezza sull’entità degli impedimenti burocratici in cui alcuni ministeri come il Ministero degli affari femminili sono stati definitivamente chiusi e alcuni altri ministeri come il Ministero dell’agricoltura e il Ministero della riabilitazione rurale con cui FAO, WFP, IFAD e altre organizzazioni stavano lavorando a stretto contatto, non sono funzionali a causa di una significativa lacuna nel personale qualificato che è fuggito dal paese o non è disposto a lavorare con il regime talebano. Sebbene i talebani abbiano annunciato nuovi ministri ad interim e abbiano chiesto la ripresa delle attività amministrative e umanitarie e, secondo quanto riferito, prodotto un manuale sulle linee guida operative delle ONG, resta da vedere come queste linee guida e garanzie teoriche saranno attuate dalla loro amministrazione locale e decentralizzata come nonché sull’accettazione di alcune comunità afghane date alcune delle loro pratiche culturali;
  4. Difficoltà a coordinare, attuare e monitorare cibo, denaro e altre forniture nonostante la presenza di organizzazioni delle Nazioni Unite e ONG in Afghanistan;
  5. Anche le banche continuano a essere chiuse per servizi commerciali, comprese le ONG, che non possono accedere ai loro fondi sui conti bancari afghani. Anche se il sistema hawala (il sistema hawala è un metodo informale per trasferire denaro, anche transfrontaliero, attraverso una rete di intermediari di denaro denominati “hawaladars”), questa non sarà una soluzione a lungo termine a causa della l’entità dei trasferimenti di denaro richiesti e la difficoltà per il sistema di soddisfare i requisiti di responsabilità e trasparenza imposti da alcuni donatori internazionali.

Per quanto riguarda la migrazione, ci troviamo di fronte a due tipi di migrazione: in primo luogo, abbiamo la migrazione che avviene attraverso quella che viene chiamata “migrazione di evacuazione umanitaria”. La migrazione di evacuazione umanitaria è considerata una misura importante e salvavita per i cittadini afghani che sono sotto la minaccia immediata o imminente di danni da parte dei talebani. I recenti impegni della leadership talebana a non cercare “vendetta” su ex personale governativo e altri associati a governi stranieri non sono stati rispettati. La seconda forma di migrazione nota come “migrazione economica” si intensificherà nei prossimi mesi e anni poiché le persone verranno spostate con la forza dalle loro case e dai loro territori, come testimoniato nelle province di Daikondi e Kandahar.
Anche la vita sotto il regime dei talebani sta peggiorando a causa delle loro violazioni dei diritti umani in Afghanistan. Da quando hanno preso il potere, i talebani hanno commesso atrocità e gravi violazioni dei diritti umani contro civili afgani, tra cui donne e ragazze, bambini, minoranze, giornalisti, difensori dei diritti umani, membri del parlamento afghano e individui che hanno lavorato o sostenuto i diritti e i valori democratici in Afghanistan. L’imposizione di restrizioni alle donne negli spazi pubblici e di lavoro, nonché la messa in atto di ostacoli al loro diritto fondamentale di proseguire l’istruzione e l’istruzione superiore, sono allarmanti. La formazione di un’amministrazione tutta maschile e per lo più di un solo gruppo etnico, è ben lontana dalle garanzie di parità dei diritti dei talebani. Senza gli occhi del mondo sull’Afghanistan, la situazione dei diritti umani in Afghanistan rischia di peggiorare.
Poiché la maggior parte delle ambasciate e alcune organizzazioni hanno lasciato l’Afghanistan e non esistono meccanismi di coordinamento, attuazione e monitoraggio per supervisionare l’assistenza umanitaria, l’evacuazione umanitaria, la protezione dei diritti umani, la riabilitazione/adattamento socioeconomico e il governo legittimo. L’IRoA ha proposto l’istituzione di un’Unità di monitoraggio speciale per l’Afghanistan (SAMU) in Afghanistan. Sotto l’ONU, SAMU può diventare operativa con l’assistenza degli Stati Uniti, dell’UE, dei paesi regionali e di altre nazioni interessate. Sebbene sarebbe difficile per i talebani accettare l’istituzione della SAMU, dal momento che i talebani cercano riconoscimento, legittimità e sostegno economico, la comunità internazionale può utilizzare un mix di hard e soft power per esercitare pressioni sui talebani affinché accettino la SAMU come uno dei “termini e condizioni di impegno” della comunità internazionale.


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Perché diversi paesi stanno discutendo sulla possibilità di riconoscere il governo talebano invece di sostenere la resistenza nel Panjshir o nel precedente governo afghano?

“In primo luogo, vorrei attirare l’attenzione del Comitato per le credenziali delle Nazioni Unite per salvaguardare la sede permanente dell’IRoA delle Nazioni Unite a New York e, in secondo luogo, incoraggio alcuni dei nostri vicini naturali e prossimi che stanno pensando di riconoscere il regime dei talebani sulla base dei seguenti affermazioni:
In primo luogo, l’art. 2, comma. 4 della Carta delle Nazioni Unite, vieta la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, o comunque in contrasto con le finalità dell’ONU il principio che il territorio non può essere validamente acquisito mediante l’uso illecito di forza è ben consolidato. La protezione accordata ad uno Stato dall’articolo 2, comma. 4, si estende anche allo status di governo di fronte all’invasione, all’occupazione belligerante e all’annessione. Va notato che è assodato che né l’occupazione belligerante né l’annessione illegale pregiudicano la continua esistenza giuridica di uno Stato. Anche la costituzione di uno «Stato fantoccio» nel territorio sotto occupazione belligerante non comporta l’estinzione di uno Stato preesistente. Poiché un occupante belligerante non acquisisce sovranità in virtù dell’occupazione, non può nemmeno trasferire la sovranità al nuovo Stato. In queste circostanze, un governo rappresentativo esistente che ha dovuto fuggire dal paese è protetto dal diritto internazionale contro l’invasione, l’intervento e/o la forza illegali. Quindi, esiste una forte presunzione che un governo costretto a lasciare il territorio del suo stato sia rappresentativo di quello Stato e del suo popolo. Questa presunzione di solito funzionerà fino al momento in cui le persone stesse potranno nuovamente decidere liberamente sul loro futuro governo. Pertanto, la comunità internazionale per questi motivi legali ha invece continuato a riconoscere l’ultimo governo in carica.
In secondo luogo, gli Stati hanno l’obbligo legale di astenersi dall’intervenire in questioni che sono essenzialmente di competenza nazionale di altri Stati. Il non intervento è il corollario dell’uguaglianza sovrana e dell’indipendenza degli Stati. Quindi, gli Stati che intervengono nelle questioni interne di un governo (invitati o meno), delegittimano non solo l’indipendenza di quello Stato, ma mettono anche in dubbio l’efficacia del loro nuovo governo sostenuto. Pertanto, un governo senza un accordo vincolante diventa dipendente in questioni finanziarie, logistiche, militari, di intelligence e politica da altri Stati non ha indipendenza giuridica. In altre parole, l’indipendenza giuridica può essere definita come la libertà dal controllo diretto e indiretto dello Stato patrocinato o di qualsiasi altro Stato.
In terzo luogo, un governo all’interno del territorio non può esistere senza l’esistenza giuridica di uno Stato, che il governo rappresenta. Gli Stati legittimi devono avere una costituzione ratificata, istituzioni funzionali all’interno del territorio e missioni diplomaticamente riconosciute all’estero per la fornitura di servizi e, soprattutto, devono possedere sovranità e indipendenza.
In quarto luogo, non si può instaurare un nuovo governo con la mera proclamazione di un governo all’interno del territorio che non eserciti un controllo effettivo e legale sulla popolazione e sul territorio dello Stato. Pertanto, un governo che non può vincolare il proprio Stato, disporre dei propri beni all’estero, fornire servizi di base praticabili, impegnarsi ad affrontare le principali sfide in settori quali l’assistenza umanitaria, l’evacuazione umanitaria, la protezione dei diritti umani, il risanamento economico/sociale, il legittimo governance (competenza di governo e responsabilità), proteggere i suoi cittadini, rappresentare lo Stato nei procedimenti giudiziari e nelle sedi internazionali, acconsentire all’intervento armato (pro-democrazia o umanitario) (cioè, l’uso della forza contro la popolazione in situ) e, soprattutto, rispettare il principio di autodeterminazione, è illegittimo.
In quinto luogo, un governo che è contrario alle tradizioni legali e ai valori della popolazione del paese e cerca di cancellare un sistema di giurisprudenza esistente e funzionale che ha governato e guidato gli affari pubblici e privati della sua popolazione basato sullo stato di diritto e giusto processo legale, è ritenuto illegittimo.
Sesto, un governo privo di carattere rappresentativo sostanziale, sia formale che di fatto, non può essere riconosciuto come governo di uno Stato. Il carattere rappresentativo del governo, quando è considerato rappresentativo della volontà nazionale – mostra una qualità sufficiente per cui sembra essere un’emanazione della popolazione – per cui intende agire, ed è importante come qualifica iniziale per lo status di governo, nonché un criterio per la sua continuazione. Quindi, c’è una forte presunzione che un governo non democratico sia anche non rappresentativo, specialmente quando uno Stato ha optato per la democrazia rappresentativa come sistema politico come previsto nella sua costituzione vivente ratificata.
Settimo, un governo che non rispetta i diritti umani, in particolare i diritti delle minoranze, nonché i diritti delle donne e delle ragazze, ed è colpevole di massicce violazioni dei diritti umani o addirittura di genocidio del proprio popolo, perde il suo diritto di rappresentare il popolo e come governo pur avendo il controllo del territorio.
Ottavo, un governo che non rispetta il principio dell’uguaglianza razziale e della non discriminazione e la cui composizione è basata sulla razza (o sull’etnia, sul credo o sul colore) in cui una minoranza domina una schiacciante maggioranza, sicuramente non è rappresentativo poiché viola i diritti di autodeterminazione.
Nono, un governo in cui la maggior parte delle sue figure di spicco sono conosciute ed elencate come terroristi e/o affiliate a organizzazioni terroristiche e ottiene il sostegno diretto o indiretto da stati sponsorizzati dal terrorismo, pone un’enorme sfida alla lotta antiterrorista e quindi ritenuto illegittimo dalla comunità internazionale.
Sulla base dei suddetti motivi, il riconoscimento del regime talebano diventa nullo, soprattutto quando esiste una pretesa di potere concorrente e costituzionalmente valida. Secondo l’articolo 67 della costituzione dell’IRoA, il primo vicepresidente ha rivendicato autorità e doveri del custode dell’IRoA. Di conseguenza, un nuovo regime guidato da un’organizzazione terroristica (i talebani) che è contaminata da illegalità internazionale come l’ascesa al potere con la forza e in violazione della legge nazionale del paese (costituzione dello stato ratificato e vivente), il precedente governo rappresentativo che possiede tutte le caratteristiche legali – un governo in esilio, una rappresentanza internazionale diplomaticamente riconosciuta (missioni all’estero) e una costituzione democratica vivente ratificata con il suo simbolo tricolore (bandiera), è ancora ritenuto legittimo e riconosciuto.
Per quanto riguarda il Fronte di resistenza nazionale, è un braccio legittimo dell’IRoA. Poiché ha un ampio sostegno in tutto l’Afghanistan, può anche aprire spazio al territorio per la sede dell’IRoA.”.

Qual è il ruolo degli attori internazionali e regionali nelle dinamiche afghane?

“Attualmente, la maggior parte dei membri della comunità internazionale e degli attori regionali sono concentrati sulla questione dell’assistenza umanitaria per prevenire una catastrofe umana in Afghanistan. In qualità di attuale Presidente del G20, l’appello dell’Italia per la convocazione del G20 speciale sull’Afghanistan il 12 ottobre 2021 e le sue discussioni proattive bilaterali e multilaterali a margine del G20 il 30 e 31 ottobre 2021 sono indicative di il fatto che fortunatamente l’Italia ha preso sul serio la titolarità del caso afghano.
L’impegno che l’Italia negli ultimi venti anni e la sua assistenza dal valore di 8,4 miliardi di euro in Afghanistan danno ad essa il prestigioso diritto e la posizione di svolgere un ruolo fondamentale nel futuro dell’Afghanistan. Apprezziamo anche la posizione concisa e chiara dell’Italia sulle precondizioni per il riconoscimento dei talebani. A parte il Canada, l’Italia è stato il primo Paese a fare un preciso appello ai talebani: “i diritti umani contano per noi”.
Per quanto riguarda alcuni dei nostri vicini naturali e prossimi, per ragioni giuste o sbagliate, percepiscono il mio paese in termini di sfruttamento delle sue risorse sotterranee, risorse idriche, creazione di connettività regionale e persino uso di ciò che viene chiamato “strategico debiti” (installare un regime fantoccio per contrastare la cosiddetta influenza dell’India in Afghanistan). Tuttavia, considerando che sotto i talebani e i loro sponsor statali, l’Afghanistan potrebbe diventare un “paradiso sicuro” per i terroristi internazionali e/o un campo di battaglia tra le organizzazioni terroristiche, le potenze regionali devono adottare un approccio più cauto, realista e pragmatico. Pertanto, quando si negoziano accordi con un’organizzazione terroristica, all’inizio potrebbe sembrare facile, ma a lungo termine, soprattutto in considerazione dei recenti attacchi terroristici e dei problemi di sicurezza, avrà conseguenze disastrose per loro. Non ci si può assolutamente fidare di un’organizzazione terroristica.
Per quanto riguarda le attuali dinamiche afgane, le ultime posizioni delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti, dell’UE, del Regno Unito, del Canada, dell’Australia, della Russia, dell’India, dell’Iran, dell’Arabia Saudita, della Turchia, del Tagikistan, del Commonwealth e di alcuni altri paesi europei e dell’Asia centrale riguardo alla Talebani e l’assistenza umanitaria immediata al popolo afghano, essi sono stati molto costruttivi. Incoraggiamo altri attori regionali, in particolare Pakistan e Cina, a rivisitare e rivedere attentamente le loro politiche passate, attuali e future in relazione all’Afghanistan e al regime talebano. Devono capire che un Afghanistan destabilizzato, gestito da un’organizzazione terroristica, avrà conseguenze disastrose per loro e per la regione. Inoltre, dal momento che il crollo dei talebani è diventato più plausibile, ciò non solo creerà un vuoto di potere e una guerra in Afghanistan, ma potrebbe cambiare la geopolitica e la sicurezza della regione. In altre parole, qualsiasi politica estera fondata sulla cattiva volontà, prima o poi, avrà serie implicazioni per quel particolare stato-nazione e per la regione nel suo insieme.“.

Guardando ai recenti attacchi terroristici, come è possibile che i talebani possano confrontarsi con le organizzazioni terroristiche considerando che avevano un legame con alcune di loro in passato, e come vede il futuro dei talebani?

“La maggior parte delle organizzazioni terroristiche attualmente presenti in Afghanistan hanno un rapporto fraterno con i talebani perché condividono relativamente la stessa ideologia (Islam politico radicale), la stessa strategia (appello religioso espansionista islamista globale sotto la bandiera dell’Emirato o del Califfato), la stessa tattiche terroristiche (guerra asimmetrica con incursioni di guerriglia, agguati e attacchi suicidi contro obiettivi, uccisioni e rapimenti di pentiti), e l’uso delle stesse risorse finanziarie (Narcotici, estrazione illegale di minerali, riciclaggio di denaro sporco, furto, contrabbando di bambini e manufatti).
Per quanto riguarda Al-Qaeda, con i talebani che hanno preso il potere con la forza a Kabul, subito dopo membri di al-Qaeda sono entrati in Afghanistan e si sono stabiliti a Jalalabad. La loro relazione si basa su legami storici e familiari.
Per quanto riguarda l’ISIS-K, non dimentichiamo che si tratta di una diramazione del gruppo Haqqani, creato nel 2014. Portando in scena l’ISIS-K, i talebani e i loro sponsor statali stanno cercando di dimostrare che i talebani sono i bravi ragazzi che stanno combattendo l’ISIS-K fornendo sicurezza al Paese e alla regione. Pertanto, vogliono convincere la comunità internazionale che i talebani dovrebbero essere sostenuti e legittimati per combattere con successo l’ISIS-K. Dal momento che i leader dell’ISIS-K hanno sempre affermato di essere contro gli sciiti in Afghanistan, perché quando i talebani hanno preso Kabul non c’è stato nemmeno un attacco contro gli sciiti durante i primi dieci giorni della cerimonia rituale del martirio dell’imam Hussain a Kabul? Nel momento in cui gli Stati Uniti hanno detto che avrebbero potuto prolungare il loro soggiorno a causa del processo di evacuazione, immediatamente c’è stato un attentato suicida contro i cancelli dell’aeroporto internazionale di Kabul. Quindi, sono gli stessi talebani a condurre la maggior parte di queste operazioni e poi ad attribuire la responsabilità all’ISIS-K. La popolazione locale in Afghanistan ha dichiarato di aver visto negli ultimi anni le stesse persone in qualche occasione alzare la bandiera dei talebani, in un’altra situazione, la bandiera dell’ISIS-K. Inoltre, i talebani sono noti per essere altrettanto cattivi o anche peggiori quando si tratta delle loro opinioni sui musulmani sciiti e sulle minoranze in Afghanistan, in particolare gli hazara afgani, dove negli ultimi giorni sono stati costretti a lasciare i loro territori.
Sulla base dei fatti storici passati e attuali, della ricerca accademica e dei rapporti di intelligence, siamo pienamente fiduciosi che i talebani non combatteranno contro organizzazioni terroristiche in Afghanistan come Al-Qaeda, Daesh (ISIS-K), Lashkar-e-Taiba, Lashkar-e-Jhangvi, Jaish-e-Mohammad, Lashkar-e-Jhangvi, Lashkar-e-Taiba, Partito islamico del Turkestan (TIP) precedentemente noto come Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM), Movimento islamico dell’Uzbekistan (IMU), Jaish-e-Mohammad, Mujahidin United Council (Shura-I-Etihad Mujahidin), Maulvi Nazir Group, Tahrik-e Taliban Pakistan (TTP), Amre Ba Maroof e Momin group. Combattendo questi gruppi terroristici, si alieneranno e si rivolteranno contro il regime dei talebani. Pertanto, questi gruppi continueranno le loro operazioni dall’Afghanistan e dal Pakistan e, se non distrutti, diventeranno molto più pericolosi per la regione e anche oltre.
Per quanto riguarda il futuro talebano, ci sono 4 scenari possibili:

SCENARIO UNO: Governance pragmatica. Considerando le attività diplomatiche dei talebani negli ultimi anni e rassicurando che non permetteranno che il suolo afghano venga utilizzato dai terroristi, i talebani sviluppano una governance pragmatica ibrida attenuata e lavorano su una costituzione praticabile (forse anche consentendo un sistema semi-rappresentativo ), dove i talebani sono una parte importante, non l’unica, del nuovo governo. Sono riconosciuti dalla maggior parte dei paesi e i livelli di conflitto rimangono bassi nonostante la presenza di altri gruppi terroristici. Il nuovo governo mostra maggiore clemenza, inclusività attraverso le linee di genere ed etniche e un genuino desiderio di rispettare i diritti delle donne e delle ragazze, nonché i diritti delle minoranze in Afghanistan.

SCENARIO DUE: Governance divisa. Considerando le passate differenze nell’interpretazione teologica dell’Islam e nella politica e nella pianificazione tra i gruppi talebani, le divisioni interne all’interno dei talebani portano a una governance divisa all’interno della leadership talebana, dei ranghi e dei file amministrativi, dei fanti e di altri gruppi armati non statali presenti in Afghanistan. Dopo un primo periodo di impegno della più ampia comunità internazionale, rimangono solo pochi paesi a sostenere e riconoscere i talebani come Pakistan, Cina, Uzbekistan e Turkmenistan. Le donne e i diritti delle minoranze sono interpretati all’interno del “quadro della sharia” e le notizie dei media sono limitate.

SCENARIO TRE: Rouge State Governance. Considerando gli incessanti attacchi dei talebani alle scuole femminili, gli omicidi mirati di funzionari governativi, la predilezione per la violenza e la loro sfumatura ideologica, i talebani mantengono un circolo chiuso di politica estera con Pakistan, Cina, Uzbekistan e Turkmenistan e assumono una posizione aggressiva nei confronti degli Stati Uniti e suoi alleati. Mentre le sanzioni rimangono, l’economia non crolla completamente a causa del sostegno finanziario limitato, degli affari illeciti, degli investimenti e dello sviluppo di alcuni settori minerari da parte della Cina.

SCENARIO QUATTRO: Crollo e guerra civile. Considerando la passata e presente mancanza di attenzione dei talebani alle richieste della comunità internazionale, accenni di rivolta nazionale nei galoppini urbani e resistenza interna nelle aree rurali, incluso il governo IRoA in esilio e il Fronte di resistenza nazionale, insieme ad altri gruppi terroristici iniziano a competere per il potere a Kabul e, di conseguenza, il regime talebano cade a pezzi e inizia una guerra civile. Mentre le potenze regionali si uniscono alla guerra per i propri interessi in competizione in Afghanistan, le forze armate degli Stati Uniti e della NATO si impegnano nuovamente in Afghanistan contro i talebani, iniziano i loro affiliati e sponsor statali. Vorrei dire ancora al nostro alleato degli Stati Uniti che la guerra più lunga d’America non è finita, perché la seconda e più complessa fase di questa guerra è appena iniziata. Gli Stati Uniti potrebbero aver abbandonato l’Afghanistan e la sua intera popolazione, ma sfortunatamente il terrorismo transnazionale non abbandonerà l’America ei suoi alleati. Pertanto, dobbiamo essere pienamente preparati e avere un piano di rimpegno praticabile per il verificarsi dello scenario più probabile: il collasso e la guerra civile in Afghanistan.”.


 Articolo pubblicato su SpecialEurasia “Afghanistan today: between humanitarian crisis and the Taliban rule. Interview with H.E. Khaled Ahmad Zekriya, Ambassador of Afghanistan in Italy”

Foto copertina: Il secondo giorno del governo talebano a Kabul, il fronte dell’aeroporto internazionale Hamid Karzai era gremito di persone che cercavano di viaggiare all’estero ma sono state fermate da militanti talebani (Crediti: VOA, dominio pubblico, tramite Wikimedia Commons)