Nel vuoto geografico della vastità marina si saggiano i confini della tattica militare cinese.
17 Giugno 2024, latitudine 9.748 – longitudine 115.862, lato orientale del Mar Cinese Meridionale. Consci dell’imminente horror vacui che colpirà le reti di informazioni di li a breve, nel vuoto geografico della vastità marina si saggiano i confini della tattica militare cinese.
Seppur il tema della linea a nove tratti[1] trae origine dagli arbori della Repubblica Popolare Cinese, generata da Mao Zedong e rivisitata da Deng Xiaoping, è solo con l’attuale Presidente Xi Jinping che essa assume un carattere sostanziale oltreché formale. La grande strategia cinese segue infatti rigidi schemi attuativi volti a prevedere, sfruttare sperimentare e correggere le proprie tattiche secondo i tempi correnti ed i risultati ottenuti. Prendendo come obbiettivo dichiarato quello di scalzare gli Stati Uniti dalla loro posizione di attore unipolare del mondo globalizzato, la Repubblica popolare ha sviluppato, negli ultimi dieci anni, diversi piani pratici per raggiungere tale scopo. Se in un primo momento la sfida si era presentata a livello tellurocratico – ovvero tramite la riscoperta delle teorie di Mackinder sulla centralità geopolitico-economica dell’Hearthland, comprendente il territorio compreso tra la catena dei Monti Celesti in Xinjiang e le pianure del Donetsk e Lugansk in Ucraina – mediante l’implementazione delle Belt and Road Initiative. I quadri di partito, tuttavia, hanno lentamente e ponderatamente creato le basi per un secondo terreno di scontro a livello marittimo, rifacendosi alla teoria geopolitica di Spykman – la quale vede la centralità geopolitica-economica in seno ai territori costieri compresi tra Europa e Asia, l’antitesi della precedente teoria. Se in un primo momento il terreno di scontro terrestre si presentava favorevole, l’assenza della Cina dai grandi accadimenti storici contemporanei nelle aree interessate ne avrebbe preservato l’aura di attore imparziale. Gli odierni risvolti militari, e le precedenti tensioni sociopolitiche, ne avrebbero ridimensionato la centralità e fattibilità nel breve periodo. Portando ad un incremento della presenza marittima ed alla saggiatura della risposta internazionale.
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Un indiscusso successo
Secondo metodi e tempistiche tipicamente cinesi, l’allagamento navale ha seguito due traiettorie di sviluppo. La prima, di carattere tecnico, ha visto una ristrutturazione dell’organismo operativo della marina cinese. Se, comunemente, gli stati si adottano di un corpo puramente militare ed uno dedito a compiti di polizia marittima, rispettivamente la Marina Militare e la Guardia Costiera. Il caso cinese è caratterizzato dalla presenza di un terzo organismo, non ufficiale, costituito dalla milizia marittima. Un vasto corpo di vascelli, ufficialmente dediti alla pesca d’altura, in realtà incaricati di sorvegliare, presidiare e difendere la linea dei nove tratti. Una moderna flotta di corsari. Le loro tattiche operative si sono distinte fin oggi per due caratteristiche: l’utilizzo di forza non cinetica nell’attacco alle imbarcazioni nemiche e l’impiego di unità operative che garantiscano una costante superiorità numerica in termini di naviglio. Il loro inquadramento ufficiale come vascelli civili e privati, nonché l’utilizzo di mezzi coercitivi non cinetici, come l’accerchiamento, lo speronamento o l’utilizzo di cannoni ad acqua, nonché la predilezione d’ingaggio verso altre unità civili o della Guardia Costiera, anziché della Marina Militare, hanno fin ora schermato tale corpo da scontri a fuoco diretti con le forze oppositrici.
La seconda traiettoria, di carattere fisico, ha visto il Genio e la Marina Militare rafforzare atolli o far emergere isole artificiali all’interno delle Zone Economiche Esclusive straniere per rafforzare la difesa della Linea dei nove tratti. Secondo questa direttrice gli obbiettivi cinesi si possono riassumere in due filoni: saggiare i confini del diritto internazionale e rafforzare unilateralmente e inequivocabilmente la presenza fisica nelle zone rivendicate. Quest’ultima azione ha avuto un indiscusso successo, portando in essere pratiche innovative nel concetto di grande strategia e di innovazioni ingegneristiche senza precedenti. Garantendo alla RPC sicure basi d’appoggio e rifornimento a più di 600 miglia nautiche dalla costa continentale. In termini di diritto internazionale i risultati sono stati differenti, la Corte Internazionale di Giustizia ha infatti riconosciuto nulle le pretese cinesi in una disputa con le Filippine. Tuttavia, quest’ultimo così come Brunei, Malesia e Vietnam si sono comunque trovati di fronte a fatti compiuti ed impossibilitati nel cambiare il corso degli accadimenti.
Impedire i contatti con l’avamposto
Nonostante il livello di scontro nell’area sia alto e costante ormai da anni, la data del 17 giugno 2024 ha rappresentato un avanzamento dei limiti nelle confrontazioni. In quell’occasione diversi vascelli cinesi, appartenenti alla Guardia Costiera e alla flotta corsara, hanno abbordato, saccheggiato e vandalizzato l’attrezzatura di bordo di imbarcazioni da rifornimento filippine dirette verso la Second Thomas Shoal[2].
In questo bassofondo marino si trova una nave tailandese risalente alla Seconda guerra mondiale, utilizzata dalla marina nazionale quale avamposto a difesa della ZEE. La confrontazione deve essere fatta risalire alla volontà cinese di impedire i contatti con l’avamposto, il quale si trova a sole 15 miglia nautiche dalla Mischief Reef, un atollo corallino che negli ultimi dieci anni ha subito ingenti trasformazioni ingegneristiche che l’hanno trasformato da lembo di terra inutilizzabile a base avanzata di rifornimento e controllo per le truppe cinesi, con un porto interno riparato dalle correnti marine ed una pista d’atteggio di oltre 2 km. L’atto è finora unico nel suo genere, ed ha portato al lieve ferimento di alcuni marinai tailandesi, caso che non è passato inosservato dai vertici di Manila ed ha portato a dei risvolti internazionali.
I risvolti
Il viceministro degli Esteri cinese Chen Xiaodong e il sottosegretario agli affari esteri delle Filippine Ma. Theresa Lazaro si sono incontrati a Manila agli inizi di luglio per calmare la situazione di tensione[3]. Tuttavia, questo non è il primo incontro del genere ed il dialogo tra i due rappresentati e si è concluso con un nulla di fatto. Entrambe le parti si sono accordate per diminuire il livello di scontro senza che nessuna delle due retrocedesse sulla propria posizione di dominio su quello spazio di territorio marittimo.
Al contempo l’azione cinese è stata più che utile per saggiare la posizione dell’elefante nella stanza, gli Stati Uniti. Questi ultimi infatti detengono un patto di mutua difesa con la Tailandia siglato nel 1951[4], oltreché evidenti interessi geoeconomici-politici. Tuttavia, gli USA si sono limitati nel rilasciare una dichiarazione da parte del Dipartimento di Stato[5] sull’accaduto. Evitando di collocare imbarcazioni nell’area a supporto dell’alleato, probabilmente a causa della pressione elettorale e delle tensioni presenti in Medio Oriente.
Conseguentemente alla generale ambiguità dell’atteggiamento americano, gli stati dell’area hanno dovuto trovare alternativi sistemi cooperazione marittima dedita al perseguimento della loro sicurezza. È così che a seguito dell’attacco del 17 giugno Manila ha avviato un’esercitazione congiunta con il vicino Vietnam. Questa ha portato un’imbarcazione della Guardia Costiera vietnamita a giungere a manila all’inizio di agosto al fine di perseguire pattugliamenti ed esercitazione congiunte[6].
Mostrando all’avversario cinese che l’assenza americana può generare un calo della potenza ma non un’assenza nella risposta, che viene quindi trovata altrove.
In conclusione, possiamo affermare che la situazione nel Mar Cinese Meridionale è più calda che mai. Ma che tuttavia i risvolti attuali non rappresentino una rivoluzione nello status attuale, il quale più facilmente potrà essere influenzato da altri risvolti internazionali correnti come i sistemi di alleanze internazionali e l’esito delle future elezioni americane.
Note
[1] Essa rappresenta una linea di demarcazione geografica creata dai vertici del Partito Comunista Cinese per avanzare rivendicazioni politiche su territori marittimi appartenenti, secondo l’attuale Diritto Internazionale, a stati affacciatisi sul Mar Cinese Meridionale. I reclami cinesi si basano su rivendicazioni storiche e spingono sulla presenza demografica di expat cinesi all’interno dei paesi limitrofi così come sulle concatenazioni e dipendenze economiche.
[2] Nectar Gan & Kathleen Magramo, ‘Only pirates do this’: Philippines accuses China of using bladed weapons in major South China Sea escalation, CNN, 20 Giugno 2024
https://edition.cnn.com/2024/06/20/asia/philippines-footage-south-china-sea-clash-china-intl-hnk/index.html
[3] Cliff Venzon & Andreo Calonzo, Chinese and Philippine Officials Seek to Deescalate South China Sea Tensions, Times, 3 Luglio 2024
https://time.com/6994748/philippines-south-china-sea-tensions-diplomacy/
[4] Dylan Butss, China is testing the limits of a critical U.S.-Philippines defense pact — will Washington respond?, CNBC, 27 Giugno 2024
https://www.cnbc.com/2024/06/28/china-is-testing-the-limits-of-us-philippines-defense-pact-.html
[5] Matthew Miller, U.S. Support for the Philippines in the South China Sea, U.S. Department of State, 17 Giugno 2024
https://www.state.gov/u-s-support-for-the-philippines-in-the-south-china-sea-10/
[6] Jim Gomez & Joeal Calupitan, Vietnam’s coast guard visits Philippines for joint drills as both face maritime tensions with China, Associated Press, 5 Agosto 2024
https://apnews.com/article/south-china-sea-philippines-vietnam-manila-hanoi-11f1e57dd0e077c079b83d10dc690788
Foto copertina: Navi da guerra cinesi