La sfida francese

A cura di Andrea Montesperelli e Romano Carabotta

Analisi delle presidenziali in Francia, candidato per candidato.


Da lungo tempo che si guarda alle elezioni francesi con enorme interesse, forse per lo stesso sistema elettorale a trazione presidenzialista vicino, per certi aspetti, a quello statunitense, forse perché davvero soltanto “dalla Francia potrebbe nascere un paradigma politico ed economico alternativo, con caratteristiche europee (ovvero francesi) e non genericamente occidentali”[1], per limitare la subalternità dell’Europa agli Stati Uniti. Di seguito, allora, una breve analisi delle elezioni presidenziali recentemente celebrate in Francia.

Il Centro

Emmanuel Macron

La République En Marche! Un nome e, insieme, uno slogan che ha cambiato la realtà politica francese in pochi anni. Una larga vittoria alle prime elezioni del 2017, una solida conferma nelle ultime di aprile. La previsione di una seconda vittoria del giovane partito di Macron, era data quasi per certa dalla maggioranza degli istituti statistici francesi, che concordavano sulla rielezione del presidente uscente. Tuttavia non sempre i sondaggi si sono rivelati attendibili, basti ricordare le elezioni americane del 2016, dove la favorita Hilary Clinton vide sfumare la sua elezione a favore del meno quotato Donald Trump. Le ultime elezioni francesi hanno rappresentato anche un interessante sviluppo di nuovi partiti e una profonda crisi di quelli storici che hanno segnato nel tempo le diverse Repubbliche francesi Analizzando l’andamento dei vari partiti, la conferma di Macron, leader di En Marche, è passata nel ballottaggio da un largo 66,10% delle prime elezioni del 2017 al 58, 55% del 2022, circa otto punti percentuali in meno, più che sufficienti comunque per una sua riconferma. Come avvenuto cinque anni prima, Macron, al secondo turno, ha potuto beneficiare di un vasto consenso nelle grandi città, Parigi in primis dove l’85, 10% dei votanti ha scelto una sua riconferma, contro il 14,90% di Le Pen.[2] Simile risultato anche a Lione e Nantes dove En Marche ha toccato punte dell’80% dei consensi, meno decisivo invece a Marsiglia e Nizza. Guardando alle singole regioni, Macron ha potuto ancora fruire del consenso di alcune sue roccaforti che nel 2017 avevano espresso il loro voto a suo favore. Tuttavia va rilevato come le percentuali siano spesso scese a favore del Presidente, senza però mettere in discussione una sua riconferma. Se al primo turno numerose regioni si erano espresse maggiormente per un’elezione di Mélenchon e alcune di Le Pen, al ballottaggio, sostiene l’Istituto di ricerche IPSOS[3], la maggior parte dei voti di Mélenchon sono confluiti in En Marche, risultando decisivi per la riconferma del Presidente. Analizzando il voto per fasce d’età, sempre secondo l’istituto IPSOS, Macron ha riscosso maggior consenso negli elettori over 70, soprattutto di classe economica più abbiente.[4] Al centro del suo programma i temi dell’ecologia, con la lotta al cambiamento climatico, un incremento dell’energia atomica, l’aumento di stipendi e pensioni e regole più rigide per la gestione dell’immigrazione. La sua campagna elettorale, in quanto già premier uscente, non poteva che ricomprendere anche il conflitto in Ucraina, dove si è più volte espresso per una condanna dell’invasione russa, sostenendo apertamente le sanzioni imposte dall’Unione Europea.

La Sinistra

Jean-Luc Mélenchon

Uno degli aspetti più interessanti di queste elezioni, è stato sicuramente il largo consenso che ha riscontrato Jean-Luc Mélenchon, leader del partito di sinistra La France Insoumise (La Francia indomita). Già candidato alle elezioni presidenziali del 2017, ottenne cinque anni fa un buon consenso con il 19% dei voti che non furono tuttavia sufficienti per accedere al ballottaggio. Alle ultime presidenziali è arrivato terzo, con il 22% dei voti, sfiorando di pochi punti la candidata di destra Le Pen. Di ispirazione social democratica, Mélenchon al primo turno è il candidato che ha riscosso più successo nelle grandi città, basti pensare al 40% ottenuto a Lille, e ben sopra il 30% a Tolosa, Strasburgo e Nantes. Sempre secondo le stime dell’Istituto IPSOS, il leader di estrema sinistra è stato il candidato più votato dalle fasce giovanili, raccogliendo solo in questo ambito un voto su tre. Anche nei territori d’oltremare, come la Guadalupa, Guyana e Réunion, è stato il più votato.[5] A garantirgli un notevole successo è stato anche il suo programma votato molto ai temi sociali, come un aumento della tassazione sui redditi più alti o il ristabilire l’età pensionabile alla soglia dei 60 anni, rispetto ai 62 attuali. Non solo, alcuni temi del suo programma risultano assai radicali, come una possibile uscita dalla NATO della Francia o il passaggio ad una Sesta Repubblica. Anche Mélenchon, in merito al conflitto in Ucraina, si è espresso duramente, condannando l’invasione della Federazione Russa. Il dato che più viene alla luce è che circa il 57% di coloro che hanno votato al primo turno si è espresso verso un partito radicale, di sinistra o di destra, lanciando così una richiesta di rinnovamento del sistema politico francese. [6]

Nathalie Arthaud

Tra i dodici candidati alle elezioni, quattro sono donne. Nathalie Arthaud, schierata con l’estrema sinistra, è la leader di Lutte ouvrière (letteralmente “Lotta operaia”), un partito di ispirazione trotskista. Fin da giovane ha militato nell’attuale partito, rivendicando, anche con toni spesso accesi, i diritti nel mondo del lavoro, una salvaguardia del potere d’acquisto dei lavoratori e una dura lotta al capitalismo. Candidata già nelle elezioni del 2012 e del 2017, si assesta intorno allo 0,50 dei consensi, ottenendo lo stesso risultato nelle ultime elezioni. In uno dei suoi recenti comizi ha affermato “Pourquoi voter pour moi? Parce qu’il faut affirmer la nécessité de se battre et de renverser le capitalisme”[7] (“Perché votare per me? Perché dobbiamo affermare la necessità di combattere e rovesciare il capitalismo”).

Anne Hidalgo

A rappresentare uno dei partiti di più lungo corso, quello socialista, è stata in queste elezioni Anne Hidalgo, sindaca di Parigi dal 2014. Il partito socialista, che ha avuto tra i suoi storici esponenti anche François Mitterrand, è stato negli anni partito di governo e di opposizione, subendo talvolta scissioni al suo interno, come quella dello stesso Macron, esponente del partito fino al 2009. Il programma elettorale si è focalizzato principalmente sui temi dell’ambiente, dell’economia e delle questioni sociali.[8] In primis la richiesta di un aumento del salario minimo, una maggior attenzione alla parità di genere, nonché come tema centrale l’ecologia e la transizione verso le energie rinnovabili.[9] Se dal 2017 il partito socialista ha registrato un netto declino dei propri consensi, anche in queste ultime elezioni il risultato è stato pesante per il partito di Anne Hidalgo. Nel 2012 il partito guidato da Francois Hollande aveva ottenuto al primo turno il 28% dei consensi, scesi poi al 6% nelle elezioni del 2017 e infine al 2% nelle ultime elezioni di aprile.

Yannick Jadot 

A rappresentare i Verdi in questa tornata elettorale è stato Yannick Jadot, con il partito Europe Ecologie – Les Verts (Europa Ecologia – I Verdi). Già attivista di Greenpeace e deputato al Palamento europeo, ha posto al centro della sua agenda il tema della giustizia sociale, del cambiamento climatico, della transizione energetica, nonché l’abbandono dell’energia nucleare, tema molto dibattuto nella politica francese. Jadot ha raccolto il suo consenso più nella fascia giovanile, attestandosi comunque al 4% dei voti.

Philippe Poutou

Tra i partiti più radicali che si sono presentati alle ultime elezioni, giova ricordare anche il Nuovo Partito Anticapitalista, presieduto da Philippe Poutou. Attivista politico fin da giovane, basa il suo programma su una rimodulazione delle ore lavorative settimanali, un incremento del welfare e condivide con Mélenchon l’età pensionabile ridotta a 60 anni. Alle presidenziali del 2017 ha ottenuto circa l’1% dei consensi, risultato simile anche alle ultime elezioni. 

Fabien Roussel

Fabien Roussel, classe 1969, è stato il candidato del Parti Communiste Français (Partito Comunista Francese), che guida dal 2018. Dichiaratamente contrario al Patto Atlantico, posizione che nella Francia dell’era del conflitto russo-ucraino non paga di certo, tra i pilastri del suo programma elettorale vi era l’aumento del salario minimo, la riduzione delle ore settimanali di lavoro, l’abbassamento dell’età pensionabile e la costituzione di un fondo per i giovani, portando avanti la sua campagna elettorale con lo slogan “La Francia dei giorni felici”. Colpito di recente da un “fake-job scandal”-secondo il sito d’inchiesta Mediapart, avrebbe ricevuto per cinque anni uno stipendio da assistente parlamentare di un deputato del Nord, senza aver mai svolto effettivamente tale incarico[10]. Roussel ha ottenuto il 2,3% delle preferenze, attestandosi undicesimo tra i dodici candidati.

 L’inclassable

Jean Lassalle

“L’inclassable” Jean Lassalle è deputato dell’Assemblea Nazionale dal 2002. Candidato per Resistons!, “un movimento politico che spinge i Francesi a riprendere la parola”[11], ha fondato il suo programma elettorale, e la sua strategia comunicativa, sull’urgenza e la necessità delle riforme istituzionali per un “renouveau du peuple souverain, la régénérescence de la démocratie et la consolidation de la République” (rinnovamento del popolo sovrano, rigenerazione della democrazia e consolidamento della Repubblica). Tra le proposte che vanno in questa direzione si trova quella di istituire il referendum di iniziativa popolare, di riformare la durata del mandato presidenziale e di riconoscere il voto in bianco, “totalmente diverso dall’astensione”[12]. Ha ottenuto la fiducia del 3,16% dei votanti. 

La destra

Nicolas Dupont-Aignan

Marito e padre di due figli, così si presenta nella propria biografia sul sito di Debout la France!, il movimento per il quale era candidato. Dupont ha ottenuto il 2,07% dei voti, ultimo di questa tornata; nel 2017 ne raccolse circa un milione e mezzo, il 4,7% del totale, spostandoli poi su Marine Le Pen al ballottaggio. Figlio di uno dei primi aviatori della Prima guerra mondiale, guida una formazione politica sovranista ed euroscettica. Tra i punti essenziali del suo programma elettorale l’incremento degli agenti di polizia e dei gendarmi, l’aumento dello stipendio degli insegnanti del 20%, la riduzione delle tasse sul carburante[13].

Valérie Pécresse

Il partito di destra Les Républicains (I Repubblicani) ha candidato una donna, la seconda a destra, insieme a Marine Le Pen: Valèrie Pècresse. Classe ’67, “tre quarti di Angela Merkel e un quarto di Margaret Thatcher”, come ama definirsi, dall’educazione “classica, borghese e cattolica”[14], condivide con Macron la formazione ricevuta all’École Nationale d’Administration, istituto elitario che forma le classi dirigenti del Paese. Politica preparata, seria, intelligente e tenace secondo l’Economist[15], molto conformista e poco carismatica secondo Le Monde[16]. Il suo comizio di debutto, tenuto allo Zenith di Parigi lo scorso 13 febbraio, è stato ritenuto dagli osservatori un vero e proprio disastro a causa della sua performance, “prigioniera di un testo che talvolta le è capitato di declamare, ma senza essere in grado di incarnarlo”[17]. Nonostante ciò ha conquistato il 4,79% dei voti, collocandosi al quinto posto tra i candidati. Sul sito di presentazione del movimento figura una sezione denominata “Le livre noir d’Emmanuel Macron”, il quale è stato oggetto di aspre critiche nel corso dell’intera campagna elettorale, fondata su punti programmatici quali lo stanziamento di 9 miliardi di euro per i tribunali, l’eliminazione di 150.000 posti di funzionari, l’autonomia delle università, norme stringenti in materia di immigrazione, la costruzione di 6 nuovi reattori nucleari europei ad acqua pressurizzata (EPR)[18].

Eric Zemmour

Quarto dei dodici candidati di questa tornata, il giornalista Eric Zemmour ha conquistato il 7,05%, deludendo, a dire il vero, le aspettative suscitate dai principali sondaggi che lo davano intorno al 9%. Alla guida del movimento di estrema destra Reconquête! (Riconquista), sono cinque le aree interessate dal suo programma elettorale: identità, istruzione, tasse, industria, indipendenza[19]. Zemmour è stato sostenuto, tra gli altri, da Marion Maréchal Le Pen, nipote di Marine candidata per Rassemblement National, ritrovandosi con la “sua linea conservatrice, identitaria, a difesa del nostro tessuto imprenditoriale e lavoratore e per una Ue profondamente da riformare senza però essere antieuropei” idee “che già difendevo quando facevo parte del Front National di Marine Le Pen ma che ai tempi mi costarono molti problemi interni, motivo per cui decisi di non aderire più a quel partito” affermando che “se non lo sostenessi per appoggiare mia zia tradirei le mie idee anteponendo le questioni di famiglia al destino della Francia”[20].

Marine Le Pen[21]

Per la seconda volta Marine Le Pen ha sfidato Macron nella corsa all’Eliseo, e per la seconda volta, almeno sulla carta, ne è uscita sconfitta. Tuttavia lei stessa parla di una vittoria eclatante[22] in riferimento al risultato ottenuto in questa tornata elettorale e, a guardare i dati, non è possibile darle torto, per almeno tre ragioni. Innanzitutto, il margine di differenza tra i voti ottenuti da Macron e quelli della sua avversaria è di gran lunga inferiore rispetto a quello registrato nel 2017, quando l’attuale inquilino dell’Eliseo ottenne il 66% delle preferenze a fronte del 34% conquistato dalla candidata dell’allora Front National: stavolta, invece, la Le Pen ha raggiunto il 41,5% delle preferenze, Macron il 58,5. Una forbice che si è evidentemente ridotta negli ultimi cinque anni. In secondo luogo, rispetto alla scorsa tornata, sono aumentati esponenzialmente i Comuni nei quali Marine Le Pen ha superato il 60% delle preferenze (conquistando, di fatto, i territori d’oltremare-soprattutto Guadalupa, Martinica, La Rèunion al ballottaggio), sfiorando tale percentuale in Corsica, dove si è affermata con il 57% (circa) dei voti espressi[23]. Infine, se è vero che l’affluenza è diminuita rispetto alle passate elezioni, non si può tuttavia parlare di un vero e proprio crollo: nel clima generale di sfiducia nelle istituzioni (politiche) che si avverte negli ultimi anni nell’Europa occidentale, l’affluenza registrata in Francia resta comunque alta, e probabilmente il merito è (anche) della Le Pen. Mentre Macron ha predominato nelle aree urbane, la candidata del Rassemblement National riesce, invece, ad intercettare le istanze delle fasce meno agiate della popolazione francese.
Le elezioni legislative del prossimo giugno potranno certamente fornire maggiori dati ed informazioni sul clima politico che, soprattutto in Francia, sta già mutando.


Note

[1] https://www.dissipatio.it/elezioni-francia-macron-rilocalizzazioni/
[2] Sorrentino, il Sole 24 ore, “Francia, Macron rieletto presidente con il 58,6%: «Risponderò alla rabbia del Paese»” 24 aprile 2022.
[3] Istituto di ricerca IPSOS.
[4] Repubblica, Elezioni Francia, la mappa dei risultati del primo turno: Paese spaccato a metà, 12 aprile 2022.
[5] Petrini, “Parigi sorride a Macron, ma nelle grandi città il trionfatore è Mélenchon”, AGI, 11 aprile 2022
[6] Sorrentino, “Francia, Macron rieletto presidente con il 58,6%: «Risponderò alla rabbia del Paese», Il Sole 24 ore,24 aprile 2022.
[7] Franceinfo, Election présidentielle 2022: Nathalie Arthaud obtient 0,56% des suffrages et arrive dernière au premier tour, selon les résultats définitifs, 11 aprile 2022.
[8] Il quotidiano nazionale, Elezioni Francia 2022: candidati, programmi e date della corsa all’Eliseo, 28 marzo 2022.
[9] Il quotidiano nazionale, Elezioni Francia 2022: candidati, programmi e date della corsa all’Eliseo, 28 marzo 2022.
[10] https://www.mediapart.fr/journal/france/200222/l-assemblee-un-assistant-parlementaire-fantome-nomme-fabien-roussel
[11] https://jl2022.fr/
[12] https://jl2022.fr/
[13] https://www.latribune.fr/economie/france/presidentielle-le-programme-de-nicolas-dupont-aignan-debout-la-france-en-3-minutes-chrono-912727.html
[14] https://www.ilpost.it/2022/02/20/la-candidata-dei-repubblicani-alle-presidenziali-francesi-e-sempre-piu-estrema/
[15] https://www.economist.com/europe/2022/02/19/meet-valerie-pecresse-the-french-centre-right-hopeful
[16] https://www.lemonde.fr/election-presidentielle-2022/article/2022/02/13/valerie-pecresse-a-mis-des-annees-a-se-construire-une-armure-elle-ne-va-pas-la-defaire-maintenant-la-candidate-lr-face-au-casse-tete-de-son-image-de-presidentiable_6113458_6059010.html
[17] https://www.lemonde.fr/election-presidentielle-2022/article/2022/02/14/valerie-pecresse-defend-sa-nouvelle-france_6113541_6059010.html
[18] https://www.latribune.fr/economie/france/presidentielle-2022/presidentielle-le-programme-de-valerie-pecresse-lr-en-3-minutes-chrono-912761.html
[19] https://www.ericzemmour.fr/
[20] https://www.agi.it/politica/news/2022-03-14/marion-marechal-eric-zemmour-marine-le-pen-presidenziali-francia-15988413/
[21] I dati citati sono ripresi da https://www.resultats-elections.interieur.gouv.fr/presidentielle-2022/
[22] https://video.repubblica.it/mondo/francia-le-pen-nessuna-sconfitta-il-mio-risultato-e-una-vittoria-eclatante/414053/414980
[23] Per approfondire: https://www.francetvinfo.fr/elections/presidentielle/carte-resultats-presidentielle-2022-decouvrez-les-scores-du-second-tour-de-l-election-dans-votre-commune_5099896.html


Foto copertina: Il 13 luglio 2020, Emmanuel Macron ha deciso di cambiare il blu della bandiera francese con una tonalità più scura. (Stephane Mahé/Piscina/AFP)